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Checkpoint Charly unisce arte e quartiere. In Bolognina un grande coworking per artisti, grafici, fumettisti

09-05-2018

Di Luca Vanelli

Checkpoint Charly è il paradiso terrestre di ogni artista. E l’eden si trova a qualche fermata di autobus dal centro di Bologna, nel quartiere Bolognina in Via del Rosaspina 3/a.

In concreto è una sorta di enorme coworking per artisti, con la particolarità che Checkpoint Charly fonde il luogo della produzione artistica al luogo dell’esposizione. Ma Charly non è soltanto un coworking, ma soprattutto un luogo di relazioni ed incontri.

Il Charly è un cuore pulsante che “tenta di creare un ponte tra l’arte e le persone che vivono il quartiere”, come mi dicono Mattia ed Elena, le guide che mi presentano questo microcosmo artistico in cui tante anime, ognuna con la sua specializzazione, convivono.

È un microcosmo particolare che si compone di due spazi fisici: il primo è un ex magazzino, da cui è nato tutto (in via del Rosaspina 7/a), dove si trova un laboratorio di scultura e ceramica, uno di falegnameria e altri atelier; il secondo è un open space con le scrivanie dove lavorano fumettisti, animatori, grafici e incisori.

Che sia un luogo vivo lo dimostra il fatto che in sei anni tante cose sono evolute, tante persone sono cambiate e proprio in estate i ragazzi cercheranno il salto di qualità con una rassegna di eventi estiva intitolata “Frivolezze”. Da metà maggio a metà luglio si spalancheranno le porte per dare vita a laboratori ed esposizioni, anche per mostrare all’esterno tutti gli artisti che animano Checkpoint Charly.

Photo: Luca Vanelli

Cosa bolle in pentola al Charly?

In realtà siamo un po’ agitati, perché per la prima volta stiamo strutturando una vera programmazione estiva, ricca e intensa. Questa rassegna è anche un test per noi, per capire quanto siamo capaci di organizzarci. Si chiama “Frivolezze” e comprenderà soprattutto laboratori, in entrambi gli spazi del Charly, che coprono tantissime forme d’arte: dal disegno, all’animazione fino ai lavori più artigianali . Con l’obiettivo di mostrare un po’ tutte le anime che vivono dentro al Charly. Durante l’estate collaboreremo anche con altre realtà. Infatti saremo coinvolti nella giornata di apertura del festival di “Baumhaus” a giugno con una performance collettiva nel modello di ChaosAbbiamo anche intenzione di ripresentare il progetto “Cartoline dalla Bolognina”. A breve presenteremo il progetto editoriale alla libreria Corraini del Mambo.

Photo: Luca Vanelli

Come funziona lo spazio? Cosa si può fare? Come si partecipa?

Essenzialmente ci sono due modi per partecipare. Il primo è quello di occupare una delle scrivanie o dei laboratori: gli spazi sono divisi in uffici personali e ognuno paga una quota. È una sorta di enorme co-working per artisti. Se si libera una scrivania di solito facciamo una open-call e cerchiamo qualcuno che vuole occuparla per portare avanti i suoi progetti e il suo lavoro. La capacità finanziaria non è la cosa importante, è molto più importante riuscire ad incastrarsi in questo grande puzzle del Charly, anche per convivere pacificamente con tutti.

Il secondo modo, più tranquillo, è la possibilità di diventare soci dell’associazione e partecipare alle attività che vengono portate avanti. Ci sono molte persone che gravitano attorno al Charly, che riescono a partecipare senza avere per forza uno studio personale e senza essere un “componente fisso”.

Adesso in totale siamo circa 26. C’è chi lavora quasi tutti i giorni, sia per il proprio lavoro che per il suo ruolo all’interno dell’associazione, e chi invece gravita all’interno del Charly per partecipare quando può e riesce.

Photo: Luca Vanelli

Da dove nasce l’idea?

Il primo nucleo del Charly risale ormai a 6 anni fa. Alcuni studenti dell’Accademia si sono trovati nella situazione di capire cosa poter fare dopo la formazione accademica e da qui nasce l’idea di rimettere in ordine un magazzino per farci degli atelier singoli.

Col tempo è nata la voglia di creare una galleria interna, anche per dare vita ad eventi e mostre. Tentare piccole aperture verso l’esterno per creare una proposta alternativa al circuito ufficiale delle gallerie artistiche bolognesi.

Per circa 5 anni ci si è mantenuti su questa linea, poi c’è stato un primo ricambio di persone. Si sono aggiunte persone, che si dedicano ad altri studi, con la possibilità di lanciare nuovi laboratori, come quello di stampa e di fumetto.

Il gruppo è diventato più strutturato e da circa 2 anni è venuto abbastanza naturale iniziare a gestire nuovi eventi e mettere le basi per far nascere una associazione di promozione sociale. Questa struttura più concreta a livello burocratico ci permette di aprirci verso l’esterno in maniera più sistematica non solo con esposizioni, ma anche con laboratori e workshop.

Il Charly si è trasformato da rifugio urbano per artisti, un po’ chiuso in sé stesso, a ponte tra chi fa arte e il quartiere. L’idea è diventata quella di aprirlo sempre di più per far partecipare e mettersi in contatto le persone, trasformarndo il posto in un punto di riferimento della città.

Da un anno è nata la associazione e da luglio 2017 abbiamo aperto il nuovo spazio molto vicino al magazzino, in modo che tutto si trovi in Via del Rosaspina.

Photo: Luca Vanelli

Qual è l’obiettivo di Checkpoint Charly?

Nella logica di tutte le nostre l’obiettivo è quello di mostrare cosa ci sta dietro ad un progetto. Fuori dall’idea che l’artista sia colui che crea in maniera totalmente ispirata dagli dei. Fare arte è un lavoro che comporta studio, sperimentazione sui materiali e sul linguaggio, e applicazione costante. Quindi ci piace mostrare tutto quello che c’è dietro il quadro che ti attacchi nel salotto.

Noi vogliamo abbattere quel muro che fa dell’arte una cosa velleitaria, basata solo sul talento e l’ispirazione. È una concezione che allontana chi non pensa di avere questo “dono” ricevuto dagli dei. Invece non è per nulla così: fare arte, oltre ad essere un lavoro vero e proprio, è anche un’idea di processo e visione del mondo.

L’unicità del Charly sta nel riuscire a far coesistere lo spazio espositivo, come una galleria dove si mostra il risultato finito, al laboratorio, il luogo dove quell’opera è stata creata. Quindi si unisce il mondo che noi siamo abituati a vedere nei musei delle “opere finite” al mondo in cui queste opere prendono vita, insieme alla fatica, ai bozzetti, alle prove e ai tentativi falliti.

Photo: Luca Vanelli

Il nome a cosa si ispira? Perché Checkpoint Charly?

Quando i fondatori sono arrivati nel magazzino per la prima volta hanno trovato due enormi insegne luminose con scritto “Charly”. Indagando abbiamo scoperto che questo era il magazzino di una boutique per signore che si trovava in via Indipendenza. Loro ci hanno aggiunto la parola “Checkpoint” per richiamare l’idea del “Checkpoint Charlie” di Berlino. L’intento era quello di richiamare l’idea di “cerniera” tra due luoghi, però in senso contrario rispetto al Checkpoint di Berlino: quello era un luogo di divisione, da cui non potevi passare; questo invece è un posto che ha la funzione di unire la Bolognina al resto della città.

Photo: Luca Vanelli

Come vedete Charly tra cinque anni?

Intanto ci stiamo impegnando per far funzionare al massimo delle potenzialità quello che abbiamo. Mettere insieme tante persone non è facile, darsi una linea unitaria non è facile e gestire gli spazi non è semplice. Per noi è qualcosa di nuovo gestire così tante cose insieme, quindi vogliamo prima focalizzarci per portare al massimo quello che c’è, sia a livello di spazio espositivo sia a livello laboratoriale. Sarebbe poi fondamentale riuscire a trasformare il Charly in qualcosa di totalmente auto-sostenibile. Un luogo che si autoalimenti da sé. Un laboratorio che sta in piedi grazie a quello che fa.
La sfida è quella di riuscire ad avere un posto in cui credi e sia coerente con quello che fai: un luogo in cui riesci a riconoscerti, a farti conoscere e a relazionarti con il pubblico.

Photo: Luca Vanelli

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