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“Ciò che resiste”. I partigiani dipinti da Antonella Cinelli

21-04-2018

Di Bruna Orlandi
Foto di Alessandro Ruggeri

Dodici ritratti, dodici incontri, dodici vite, dodici scelte, dodici nomi di battaglia.

Dodici partigiani, sei donne e sei uomini.

Sono loro i protagonisti della mostra “Ciò che resiste” che inaugura nella biblioteca Salaborsa in Piazza Nettuno il 24 aprile alle 15, in occasione del 70° anniversario della Costituzione Italiana.

Mano e mente del progetto è l’artista Antonella Cinelli, bolognese di adozione, il cui tratto, morbido e raffinato, attraversa la rappresentazione pittorica per rimandarci a una dimensione intima, quasi segreta.

La incontro nel suo studio e prima di parlarmi della sua nuova personale, adagia con garbo i dodici ritratti attorno a noi, come se fosse per lei inevitabile avere accanto i “suoi partigiani” per raccontarmi di loro e come se ritenesse che sia per me necessario guardarli negli occhi per capire il loro vissuto e il suo messaggio.

Ed è così.

Photo: Alessandro Ruggeri

Quei volti corrugati e gli sguardi intensi di chi ha visto tanto, custodiscono i ricordi, spesso amari, della giovinezza e fissano chi li guarda rammentando che non ci può essere un futuro senza un passato.

Photo: Alessandro Ruggeri

Perché hai deciso di ritrarre proprio i partigiani?

“Mi interessa tutto ciò che è legato alla Seconda Guerra Mondiale, alle guerre partigiane, alla Shoah. È qualcosa di cui si deve continuare a parlare e abbiamo l’ultima opportunità per farlo con i testimoni diretti. Mi sono chiesta cosa valesse la pena ritrarre in questo momento storico e ho sentito una forte esigenza personale di approcciarmi ai partigiani”.

 

Come è nata l’idea di questo progetto?

Ho preso contatti con l’A.N.P.I., e la Presidentessa Anna Cocchi ha accolto con grande entusiasmo questo mio interesse. Da lì il mio progetto ha preso forma plasmandosi sulle esigenze della committenza ed è nata l’idea di costruire qualcosa di più ampio: mi hanno chiesto di realizzare una mostra che commemorasse i 70 anni della Costituzione”.

 

L’artista restituisce consistenza concettuale alla richiesta dell’A.N.P.I., ribadendo l’intrinseco legame tra i partigiani e la Costituzione, anima della Resistenza, attraverso la realizzazione di un numero di ritratti pari ai primi dodici articoli della Costituzione siglati dal solenne titolo “Principi fondamentali”.

La sua esposizione, in cui tele e parole dialogano e si alternano, celebra la scelta individuale del partigiano che, sottolinea Cinelli “rispetto a un altro combattente, si differenzia per l’assunzione di una responsabilità a livello individuale. Diventare partigiano vuol dire iniziare una nuova vita, ricominciare daccapo e avere una nuova identità definita dal nome di battaglia. Il ritratto pittorico, prefiggendosi l’obiettivo di creare una mitografia che duri nel tempo, omaggia questa scelta”.

 

Antonella Cinelli è si è addentrata nelle vite dei partigiani, nei loro ricordi, quelli più brutti e quelli più belli, e li ha interpretati e narrati attraverso ritratti non di volti ma di anime. Ogni dipinto è il risultato di un incontro, di uno scambio, perché è proprio in questo contatto partecipe e intenso che dimorano il valore e l’essenza del suo lavoro, che porta in seno la brama e il bisogno di scoprire e svelare un mondo, di cui tanto si è scritto e parlato, ma che resta sconosciuto a chi non lo ha vissuto.

“La testimonianza di un anziano restituisce una prospettiva storica importante, non parziale, che noi non vedremo mai. Sono passati dalla radio all’i-phone, dagli anni in cui le donne non avevano diritto al voto alle unioni civili tra omosessuali”.

Photo: Alessandro Ruggeri

Come ti sei approcciata a loro?

“Sono entrata in punta di piedi e con atteggiamento affettuoso di ascolto. Iniziavo sempre con la domanda: “A che età hai cominciato?”. Da lì partiva il racconto della propria vita che precedeva i miei appunti fotografici. Il ritratto pittorico è frutto di un incontro tra due persone ed è stato funzionale a trasmettere ciò che io ho sentito. Sono stati incontri emozionanti: dovevano ricordare la loro giovinezza e avvenimenti molto dolorosi. Spesso mi sono commossa trattenendo le lacrime e reprimendo la mia commozione per non turbarli. Poi, ho pianto a casa. Alcuni raccontavano eventi terribili con una grande naturalezza”.

 

Hai riscontrato affinità nelle persone che hai ritratto?

“Senza dubbio, l’urgenza di far capire che la guerra è una roba brutta. Sono accomunati da un carattere forte e molti di loro continuano a occuparsi di politica e a testimoniare nelle scuole. Ho inoltre avvertito un legame profondo con la famiglia di origine in seno alla quale veniva presa la decisione di resistere. Sono idealisti: molti avvertono una profonda amarezza per quello che è accaduto dopo, l’amarezza di un sogno che è quasi svanito, la disillusione rispetto alle attese. Per loro, i primi dodici articoli della Costituzione ancora non vengono rispettati”.

 

Cosa ha questo tuo ultimo progetto artistico di nuovo o diverso rispetto ai precedenti?

“Mi sono messa a servizio di qualcosa o di qualcuno. È emerso l’istinto della cura della memoria, della persona. Mi sono fatta tramite”.

 

L’evento, voluto e curato dall’A.N.P.I. provinciale di Bologna, patrocinato dal Comune di Bologna e dall’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna vedrà l’intervento della storica dell’arte Paola Goretti.

Per vedere Flora, che è entrata nella Resistenza ad appena 14 anni, Giovanni che è stato un taxista nonché uno dei fondatori della Cotabo, Dino, docente della Facoltà di Ingegneria e tutti gli altri coraggiosi giovanotti c’è tempo sino al 5 maggio.

Esattamente dodici giorni.

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