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Dyslexia. Da Ateliersi la DSA negli scatti e nelle scenografie di Alice Vacondio

28-02-2018

Di Raffaele Becchi

Vi avranno detto che i giovani di oggi non hanno nulla da raccontare; che tutta la musica che doveva essere scritta è stata scritta; che tutta l’arte che doveva essere prodotta è stata prodotta; e che i giovani, quando non sono nullafacenti, sono solo dei remaker, che non hanno nulla di nuovo da dire. Ebbene, vi hanno mentito.

Se volete avere una prova di questa mia affermazione a Bologna tra il 14 e il 21 aprile si terrà la terza edizione di “Poverarte- festival di tutte le arti”, evento bolognese a scadenza annuale, organizzato da un gruppo di collettivi under 30 che si pone come obiettivo “la valorizzazione di tutti i movimenti artistici indipendenti che convivono in una delle città più attive a livello artistico in Italia e in Europa: Bologna”.

Ma “Poverarte” non si accontenta di questo: c’è il rifiuto dei grandi circuiti “ufficiali”, c’è la sperimentazione artistica, c’è la multimedialità, la capacità di unire linguaggi espressivi diversi calando lo spettatore in un esperienza artistica totale, che lo coinvolge a 360° e c’è la voglia di dare una voce agli artisti emergenti o appena emersi.

Funziona così: a ridosso di ogni manifestazione vengono emessi una serie di bandi; il bando per il cortometraggio, quello per la produzione teatrale, quello per la poesia e così via… chiunque può accedere, la libertà di espressione è totale perchè l’artista non viene valutato per il suo curriculum ma per la qualità intrinseca del suo lavoro.

Un festival pensato dagli artisti per gli artisti; tra questi Alice Vacondio con il progetto fotografico che racconta la dislessia: Dyslexia. Originaria di Reggio Emilia si iscrive all’accademia di belle arti, qui a Bologna, dove ha modo di integrare la passione per la fotografia trasmessale da sua madre, con quella per la scenografia, come ci racconta lei stessa.

Quale è stato il tuo percorso artistico e come sei arrivata a Bologna ?

“Ho iniziato a scattare nel 2010, spinta da mia madre. Da li non ho più smesso, seppure con un approccio da autodidatta. Anche mentre frequentavo il liceo artistico la fotografia è sempre stata la mia compagna. Eppure quando ho scelto l’accademia di belle arti ho preferito scenografia teatrale, altra mia grande passione, che ha cambiato il mio modo di vedere la fotografia, spinta dal desiderio di trovare una forma per unire queste due espressioni artistiche.

Quando ho cominciato a lavorare nel team artistico di ‘Poverarte’ sono entrata nell’organizzazione facendo dei reportage fotografici dell’evento. Da li hanno cominciato ad interessarsi ai miei lavori e mi hanno chiesto di partecipare anche come espositrice.

L’ idea per Dyslexia (un connubio tra fotografia e scenografia, in esposizione nella prima sala di Poverarte n.d.r.) è nata l’anno scorso, durante la mia partecipazione al “festival della Fotografia Europea”, a Reggio Emilia, dove ho affrontato per la prima volta un tema molto personale, che prima di allora non avrei mai pensato di mettere in mostra:

Da dislessica, lavorando come tutor per ragazzi dislessici o autistici mi sono resa conto che c’era bisogno di spiegare cosa fosse veramente la DSA(disturbi specifici di apprendimento), che tutti vedono come un handicap, quando in realtà è un contenitore molto vasto di esperienze e profili molto diversi tra loro”.

Qual è il valore aggiunto di questa edizione di ‘Poverarte’ ?

“Il collettivo di Poverarte mette a disposizione degli spazi agli artisti; rispetto alle scorse edizioni l’artista è molto più stimolato dal confronto e dall’incontro con altri artisti e altre forme espressive.

La mia mostra sarà iniziale, nella sala successiva ci saranno altre performance; in questo modo lo spettatore sarà coinvolto in un’esperienza molto interessante, che abbraccia molti stimoli e molti linguaggi”.

Cosa rappresentano i tuoi lavori ?

“I tre scatti della mostra rappresentano tre fasi:

La prima fase, quando ho scoperto di essere dislessica è stato come se mi crollasse il mondo addosso.

La seconda, quando mi sono resa conto di non essere sola, che c’erano altre persone come me e che c’era qualcosa che ci legava, come dei fili invisibili”.

Fino alla fase attuale, in cui Alice si racconta, ha piena consapevolezza di questi fili e arriva al punto di giocare con la sua condizione, così la DSA non è più un limite ma diventa uno dei suoi punti di forza.

“Ho avuto modo di mettere in mostra ‘Dyslexia’ tre o quattro volte e ho sempre chiesto che le foto fossero accompagnate dalla scenografia da me ideata; i fili che vedi rappresentano il mio sistema nervoso, ma anche il legame che mi unisce agli altri come me. Chi si inoltra nella mostra è come se fosse costretto ad entrare dentro la mia mente, a mettersi nei miei panni”.

Progetti per il futuro?

“Prima di tutto finire la mia tesi di laurea, poi continuare a scattare fotografie sia come fotoreporter che come espositrice. Mi piacerebbe anche creare un magazine o un collettivo che possa raccontare la scena artistica e culturale giovanile indipendente della mia città natale, che finora è rimasta sotto traccia, dove nel frattempo sono tornata, portando con me tutto quello che ho imparato qui a Bologna”.

Giovedì, 1 marzo si potrà partecipare alla performance fotografico-scenografica di Alice Vacondio, ultimo appuntamento di “Eruzioni”, la rassegna che anticipa il festival “Poverarte” e ad esso collegata, dalle 20 allo spazio Ateliersi, in via San Vitale.

Oltre ad Alice Vacondio, la Budeo Film proietterà il cortometraggio inedito “Calandrino” diretto da Lorenzo Pullega, la presenza della band “mangiacassette” per una esibizione live, Oltre il giardino, Effe Effe, la poesia performativa di Luca Rizzatello e il Dj Killian al remix.