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“The masterpiece and I”: la partita a specchio riflesso tra le opere d’arte e Federico Manfredi

13-04-2021

Di Marisol Finelli

Siamo abituati a considerare l’arte “istituzionalizzata” intoccabile: la mettiamo su un piedistallo, fingiamo di comprenderla e di apprezzarla, convinti che sia questo il fine ultimo; camminiamo in punta di piedi sull’orlo dell’abisso che ci separa dai grandi protagonisti della storia dell’arte, timorosi di farci prendere e toccare da questi “mostri sacri”.

Eppure molte campane dicono che l’arte è espressione e in quanto tale deve emozionare, quale che sia il risultato finale. Un quadro è soltanto un mezzo, un canale che trasmette una vibrazione e l’interpretazione fa il resto.

Federico Manfredi è un attore e come tale conosce bene il procedimento attraverso cui arrivare alle persone: «Una volta un insegnante dell’accademia mi disse: “Gli attori sono vettori di cultura” – racconta – non è questione di tirarsela, è quello il nostro lavoro. Prendere qualcosa che è cultura e portarla a modo nostro, filtrata».

Il suo progetto The masterpiece and I altro non è che una partita a specchio riflesso tra le opere d’arte e lui stesso, che di volta in volta mette la sua faccia e il suo corpo in gioco per ricrearle: è il nocciolo del lavoro dell’attore, condensato nell’attimo di una foto. La sua esperienza è fondamentale almeno quanto la voglia di rendere umano qualcosa di sacro e intoccabile, portandolo dove tutti siamo in grado di vederlo.

VAN GOGH AND I

Ma come inizia questa avventura?

«Ero a Basilea in Svizzera, al Kunstmuseum e ho visto un quadro che mi ha fatto molto ridere, era una “musta” assurda, per l’esattezza The smoker di Craesbeeck (esponente della Golden Age olandese) parte di un filone di opere chiamate Tronie (che in lingua significa, appunto, faccia). Mi hanno colpito moltissimo, ma lì per lì ho solo collezionato quelle immagini, senza sapere bene cosa farne.

Tutto è nato tempo dopo da una mia foto un po’ strana, che ricordava molto vagamente una di quelle smorfie: le ho messe vicine su Instagram e ho ricevuto più like del solito. È stato totalmente casuale. Era il 2017, in estate. Mi sono detto: “ma vuoi vedere che ne faccio ancora?”».

PAUL KLEE AND I

Così è stato. Il fumatore dal viso distorto e la lunga pipa di oppio è l’apripista del progetto e viene ripreso da Federico anche durante il lockdown della primavera 2020, ma nel mezzo ci sono state tantissime altre interpretazioni; inizialmente le opere scelte come riferimento sono soprattutto volti particolari, difficili da emulare, perfetti per cimentarsi in un bell’esercizio di stile, proprio come quei pittori olandesi.

Poi arrivano le prime richieste da parte dei followers e il gioco si complica, spesso i volti da imitare non sono più così strani e la sfida inizia a comprendere anche le ambientazioni e i costumi, anche se il protagonista rimane fedele alle ‘muste’: «La cosa che mi è sempre interessata di più è cogliere un “mood”, uno sguardo, la parte ironica. I quadri che scelgo devono farmi almeno un po’ ridere, perchè vorrei che le persone a loro volta ridessero guardandoli, per me è quello l’importante, non tanto riuscire a ricreare qualcosa di perfettamente identico».

CHARLES V AND I

Ed è stato proprio mentre eravamo costretti tra le mura domestiche, improvvisamente bisognosi di occupare tutto quel tempo, che l’hashtag #gettymuseumchallenge, lanciato dall’omonimo colosso museale di L.A., ha iniziato a spopolare sulle piattaforme social: la challenge proposta ricalcava esattamente il lavoro di Fede, che subito ha pensato «Hanno copiato ME!» (e si fa una sonora risata). In quell’occasione ha avuto modo di scoprire altre realtà che stavano lavorando nella sua stessa direzione: «#tobeamuse, ad esempio, è una fotografa che si concentra soprattutto nel ricalcare fedelmente i costumi e – come dice Federico – ricrea delle scene veramente realistiche, il suo obiettivo è essere impeccabile».

SCHIELE AND I

Ogni progetto quindi coltiva i propri punti di forza, che nel caso di #themasterpieceandi sono indubbiamente il genio e l’ironia del suo creatore nell’utilizzare oggetti di uso quotidiano che assumono connotati completamente nuovi nelle ambientazioni dei grandi classici. «Come faccio a ricreare un Caravaggio se in casa ho un pupazzo e una forchetta?» è la domanda retorica che Federico Manfredi si pone, e al contempo la sua personale sfida che procede di quadro in quadro, di situazione in situazione. «Spesso sono alla ricerca di nuove opere e altrettanto frequentemente capita che siano loro a trovare me, attraverso un oggetto ad esempio, e allora non importa dove mi trovo e con chi, bisogna fare una foto subito!».

MARINA,ULAY AND US |

Questione di saper cogliere l’attimo insomma, come accade con la foto di Marina e Ulay Relazione nel tempo, in cui i due si trovano seduti schiena contro schiena legati tra loro per i capelli. «É semplicemente SUCCESSA! – Mi dice con l’espressione ancora incredula – era il mio compleanno, è scoppiato un palloncino enorme… Costanza, mia sorella, ne ha raccolto un pezzo e se l’ è messo in testa, io ho fatto lo stesso e qualcuno da dietro ci ha legati insieme. “Questa è la foto di Marina!” Ha urlato lei. A volte nascono così…».

Poi aggiunge con un po’ di malinconia: «i quadri che vengono meglio sono quelli più partecipati, in cui si crea un bel “team di lavoro” improvvisato. Altri li faccio anche come selfie ma si vede la differenza, perchè tante persone insieme fanno cose più belle».

Sono proprio le opere condivise con altri quelle a cui è più affezionato, insieme a un’altra performance della Abramovich: la cipolla cruda mangiata a morsi però, attira anche qualche parere negativo.

Mi spiega meglio: «Cè chi l’ha trovato irrispettoso. Tutte le opere che scelgo sono capolavori, il mio intento è quello di celebrarli e, semmai, prendere in giro me stesso. Non a caso il progetto si chiama The Masterpiece and I. Nutro un profondo rispetto della sua performance, dimostrato dal fatto che lei ha mangiato un’intera cipolla mentre io non sono riuscito ad andare oltre il primo morso».

THE STUPIDITY STONE AND US

Inevitabilmente le visualizzazioni crescenti e le pubblicazioni sui magazine portano alcuni hater a chiedersi se questa sia arte.

«Non so cosa sia arte, ma credo che la comicità, che è quella che cerco di portare nel mio progetto, sia una forma di spettacolo. Quindi sì, io rispondo Sì». Dice con sicurezza Federico e aggiunge: «Basta con questa paura di dire la parola arte o artista perché sembrano parole grandi come amore o anima. Io sono un attore. Gli attori e le attrici sono artisti, come i ballerini i pittori, i musicisti. Ma non solo, ci sono dei comici meravigliosi nella storia dell’umanità che considero artisti. Nulla a che vedere con quello a cui ci ha abituati la televisione, insomma… mi fanno ancora ridere le scoregge per l’amor di dio, però non mi bastano! Voglio ridere anche di qualcosa di più complesso».

Ed è esattamente questo che facciamo con The Masterpiece and I, guardiamo ai pilastri dell’arte con ammirazione mentre Federico ci strappa un sorriso.

LE DÉSESPÉRÉ AND I

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