Fiera d’arte contemporanea rivolta alla scena internazionale emergente, nata nel 2013 e che si svolge a Bologna durante l’art week. Di SetUp Contemporary Art Fair (Palazzo Pallavicini, Bologna, 1-4 febbraio) poteva scrivere chiunque altro della nostra redazione. Invece, da avventore fedele, ho spinto temerariamente per raccontarvela io questa vigilia. Perchè da sei anni ne sono un ignorante, curioso, lussurioso, appagato visitatore. Un turista nella mia città.
Un uno qualunque.
Ha sopportato e supportato la mia intrusione la direttrice Simona Gavioli, che negli anni con il suo staff immagino abbia fatto l’abitudine al gusto di proporci il vivace vigore di questo appuntamento.. “La verità è che siamo pazze. Pazze, bulimiche, entusiaste del nostro lavoro, della nostra fatica, dell’arte che ci circonda. 6 mesi dai ritmi al limite. Però, che bello! “
SetUp 2018 cambia location. Dagli antri dell’autostazione, trasformati in un percorso di fantasia e mistero, al loro puntuale contrario…
“Sono mantovana, entrai a 5 anni per la prima volta a Palazzo Tè: la magnificenza assoluta. Metto piede a Palazzo Pallavicini ed ho la stessa emozione. Avevo visto solo le scale, e già avevo deciso: sì, spostiamolo qui SetUp!. Ci suonò Mozart, c’è una cassa armonica di 37 metri, una biblioteca con 18mila libri, un favoloso soffitto di Paolo Fabbri…”. Insomma, ci perderemo nel dialogo tra assoluto e contemporaneo.
C’è il rischio di confondersi nella bellezza. E lo correremo, tutti”.
Tutti, sostiene Simona. Anche di chi come il sottoscritto, pur munito di passione, non ha competenze specifiche di affreschi settecenteschi?
“C’è affetto per l’autostazione, ma era un rapporto che aveva fatto il suo tempo: purtroppo, anche per l’immagine che atavicamente si trascina con sé, non abbiamo mai raggiunto la suggestione preventiva di tanti. Magari quelli che invece, oggi, hanno già riempito le prenotazioni per le visite guidate a Palazzo Pallavicini. Giro il mondo, mi accorgo da che parte va: quella di aprire i palazzi privati, storici, belli, e renderli accessibili al pubblico.
E, lasciamelo dire: San Felice 24 è il più bello di Bologna”.
Al sesto anno SetUp si è guadagnata un’identità ben marcata: il legame con Artefiera procede saldo, indissoluto:
“Sì non potremmo vivere senza. Ogni nostro artista ambisce allo step successivo, Artefiera. Che ad un certo punto, tuttavia, ha smesso di fare ricerca, di trasmettere freschezza: il nuovo fa paura. Hanno tirato fuori tutti i pezzi dei grandi, e si è rientrati nella legge della staticità: è più comodo vendere un’opera di una firma ad un milione di euro, che quella di un giovane sconosciuto a mille.
Noi di SetUp, che ci dedichiamo agli under 35, contribuiamo anche alla salvaguardia di un futuro per l’arte contemporanea”.
Il weekend dell’evento incombe a passi inesorabili e cadenzati: si avvicina anche per lo staff il momento dell’estasi?
“in realtà abbiamo modo di goderci il lavoro nella settimana prima della chiusura delle applications: ti parlo di metà novembre. Quando le gallerie ti chiamano, ti chiedono consigli, presentano progetti: a quel punto vedi pianificato tutto ciò di cui hai parlato per mesi. Insomma, fai il curatore. Poi..”
Poi?
“Poi arriva gennaio. Con la sua follia. Tutto quello che hai su carta deve realizzarsi: il curatore, sarà per il periodo di carnevale, ma si maschera da problem solver, che dal progetto deve tirare su una casa. Anzi, 34. 34 appartamenti, monolocali, loft a seconda delle gallerie: il problem solver si sdoppia e diventa magicamente un ingegnere. Torni in te l’ora prima dell’inaugurazione. Sei sola con il tuo gruppo, in silenzio, a lucchetti serrati.
E quella specie di ora d’aria, te la respiri tutta”.
Verremo a farlo anche noi.
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