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Il coraggio del docu-musical. In Cineteca la prima nazionale di The harvest, il film sul nuovo caporalato agricolo in Italia

18-01-2018

Di Raffaele Becchi

Andrea Paco Mariani, classe 1983, da molti anni vive da protagonista la scena Indie bolognese. È tra i fondatori della SMK Videofactory, collettivo di artisti e videomaker nato con lo scopo di aiutare i giovani talenti nel campo del cinema documentario e non solo, ma soprattutto regista di The Harvest: un docu-musical sul caporalato agricolo in Italia, già applaudito dalla critica dello Humandoc festival di Varsavia e del Delhi International Film, che venerdì 19 gennaio approda per la prima volta alla Cineteca di Bologna (via Azzo Gardino 65/b) ed è già sold out (ma è possibile acquistare quelli della replica direttamente presso il botteghino del cinema teatro Galliera. Oppure aspettare il 23 gennaio, alle 19.00, in replica alle 21.30, al cinema teatro Galliera).

Un film che, per la prima volta, unisce il linguaggio del documentario alle coreografie delle danze punjabi, raccontando attraverso due storie che si intrecciano l’umiliazione dei lavoratori sfruttati dai datori di lavoro e dai caporali. Due storie che raccontano la storia di un intero esercito silenzioso di uomini piegati nei campi a lavorare, senza pause: raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole; chiamano padrone il datore di lavoro, subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo. Quattro euro l’ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, e a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati, “allontanamenti” facili per chi tenta di reagire e la crescita esponenziale dell’uso di sostanze dopanti come metanfetamine, oppiacei e antispastici, per sostenere i faticosi ritmi del lavoro nei campi. Andrea paco Mariani racconta tutto questo: la vita delle comunità Sikh stanziate stabilmente nella zona dell’Agro Pontino e il loro rapporto con il mondo del lavoro.

Lo abbiamo bloccato al telefono per quasi mezz’ora. Lui risponde: preciso, puntuale, disponibilissimo.

Come nasce il film e come sei giunto ad interessarti al tema ?

“Come Smk Videofactory arriviamo già da un filone di cinema di tipo documentario. Ci eravamo avvicinati ai temi del lavoro già nel 2014, quando abbiamo diretto e prodotto “Vite al centro”: la storia di due ragazze, due amiche che lavorano nello stesso centro commerciale nel periodo più duro della liberalizzazione degli orari di lavoro, tra turni massacranti, sogni e speranze…anche se con The Harvest la cosa è diversa: i temi qui sono tanti e tutti complessi… le questioni legate all’immigrazione, al caporalato sino a quelli più strettamente politici. La scelta narrativa cambia radicalmente“

Photo: Michele Lapini

Un film che coniuga la denuncia e l’arte: quale viene prima e come si sposano?

“La nostra scelta stilistica è stata quella, assieme al corpo di ballo Banghaliver, che si è occupato delle coreografie, di trovare un modello di regia che equilibrasse i due linguaggi espressivi tentando di alternare momenti di ‘strappo’ ad altri più ‘documentaristici’, per esempio questo si vede molto bene nelle scene che descrivono la fatica del lavoro nei campi attraverso le danze tradizionali della compagnia. Devo dire che questa è stata la cosa più bella di questo progetto: un lavoro a più mani, coordinato da tutto il cast artistico”

Photo: Michele Lapini

La scelta stilistica coniuga le caratteristiche del cinema documentario al musical, un omaggio a Bollywood? oltre a ci , quali altre, eventualmente, sono state le tue fonti di ispirazioni ?

“Certamente abbiamo voluto omaggiare Bollywood, ma bisogna anche dire che il lavoro dei Banghaliver contiene migliaia di sfumature e, per molti versi, è molto distante dai film Bollywoodiani. Le mie influenze artistiche, devi tenere conto che il background del team è fondamentalmente europeo, sono molte. Tra i tanti, Von Trier in particolare“

Photo: Michele Lapini

Vi aspettavate questo successo ?

“Sinceramente no…però ti devo dire che la cosa più importante non è il successo in sè, per quanto possa far piacere; La sfida si apre dal giorno dopo, la sfida è portare questi temi al pubblico. La retorica di quei partiti che sostengono che gli immigrati ci rubano il lavoro è facilmente smontabile: nessun lavoratore italiano accetta una mansione sottopagata: 12- 14 ore al giorno per 4 euro, unica alternativa all’espulsione. Questo significa che sei ricattabile“

Il regista Andrea Paco Mariani (Photo: Michele Lapini)

 

 

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