Dove prima c’era un ex deposito comunale di bare, oggi c’è un centro di ricerca e produzione artistica e culturale. Uno spazio multidisciplinare che incoraggia la ricerca attraverso residenze artistiche, ma anche l’interazione con il territorio attraverso rassegne e restituzioni pubbliche e l’avvicinamento di ragazzi e ragazze ai diversi linguaggi espressivi in uno spazio di informalità.
Oltre trecento metri quadrati dove performance, musica, video, arti visive, danza e poesia si incontrano, dove cultura e società si intrecciano.

Foto Carlo Sgarzi
Siamo in via del Porto 11/2, nel distretto della Manifattura delle Arti. Si chiama DAS, Dispositivo Arti Sperimentali ed è uno spazio polifunzionale concesso nel 2017 in gestione dal Comune di Bologna a 18 realtà culturali bolognesi e oggi gestito da un’unica associazione che riunisce operatorə culturali e professionistə di vari ambiti.
“Abbiamo poche cose: uno spazio molto bello, un bellissimo pubblico e un team che ci tiene moltissimo” spiega Eugenia di ZooPalco, un’associazione di poesia performativa e multimediale e che fa parte di DAS dall’inizio. “Cerchiamo di creare uno spazio di relazione che non sia competitivo, di incentivare lo scambio tra gli artisti, con il pubblico e tra di noi.”, aggiunge Elena, parte di Lele Marcojanni, collettivo che si occupa di ricerca e sperimentazione nel campo dell’audiovisivo, anche lei in DAS sin dal 2017.

Foto Carlo Sgarzi
Negli ultimi anni DAS si è occupato di indagare i desideri culturali dei giovani bolognesi tra i 14 e i 19 anni, attraverso una ricerca chiamata “Fammi Spazio”. Sulla base dei risultati emersi, hanno poi deciso di creare un laboratorio dedicato alla sperimentazione artistica, che si occupa di “Costruire Bellezza” tra e con gli/le adolescenti.
“Vogliamo che i ragazzi si approccino all’arte per come la vive chi se ne occupa. Non presentiamo queste esperienze culturali in vitro, cioè in maniera semplificata, ma così come sono. Cerchiamo di costruire uno spazio per loro, aperto alla sperimentazione”, mi spiega Eugenia.

Foto Carlo Sgarzi
Secondo Elena, il consumo culturale tra gli adolescenti ha perso la dimensione collettiva. “Anche se un desiderio c’è ed è soprattutto individuale e domestico. Come DAS vorremmo stimolare questa curiosità, perché l’esperienza artistica è anche culturale, sono due mondi che si compenetrano.” Le esperienze culturali, di qualsiasi tipo o genere, stimolano la curiosità dei ragazzi, aiutandoli a sviluppare un senso critico, ma soprattutto, arricchiscono la loro vita.

Foto Carlo Sgarzi
I ragazzi osservano anche le residenze artistiche e le restituzioni pubbliche di “Collagene”, la rassegna multidisciplinare di ricerca sui linguaggi del contemporaneo. Fanno domande agli artisti, osservano i progetti.
Collagene nasce da una open call che “non ha limiti d’età, tematici o obiettivi”. Eugenia e Elena mi spiegano che cercano di accogliere “chiunque voglia portare avanti una ricerca secondo i propri desideri e modalità, semplicemente adattandolo allo spazio di DAS. Mentre i bandi spesso premiano determinati tipi di esperienze o temi caldi, DAS cerca di accogliere la produzione artistica senza limitarla, creando delle intersezioni tra il pubblico e gli artisti”.

Foto Carlo Sgarzi
Elena sottolinea che più che una direzione artistica, il collettivo si occupa di una curatela condivisa: “Nel tempo siamo riusciti a creare un sistema per mettere insieme le nostre inclinazioni e professionalità, ma anche per intercettare le novità che emergono dal panorama artistico.” L’attenzione con cui DAS seleziona i progetti e se ne prende cura durante il periodo di residenza apre così delle finestre su vari temi, attraverso diverse tipologie di espressione artistica. Il programma di Collagene nasce quasi a posteriori, svelando solo alla fine qual è il filo conduttore tra le diverse esperienze.

Foto Carlo Sgarzi
Le performance, installazioni, mostre e laboratori organizzati da DAS si compenetrano tra loro, offrendo al pubblico delle esperienze creative sperimentali che accolgono e restituiscono le suggestioni del presente. Alla difficile domanda su cosa significhi arte contemporanea, DAS risponde proprio con la mancanza di perimetro, dove per “contemporaneo” si intende “l’abbattimento delle barriere formali e di genere nell’arte”.

Foto Carlo Sgarzi
Lo scorso appuntamento della rassegna prevedeva tre ricerche completamente diverse tra loro. L’artista Gabriele Stera ha costruito un gruppo di lavoro con altri artisti per improvvisare su input testuali e visivi dati da lui. Giulia Colonnato ha invece creato una cena per 8 commensali, in una performance in cui ogni stoviglia è sonorizzata, invitando a giocare con il cibo e con il tavolo stesso, e che poi è diventata installazione. Infine, Gaia Pellegrini ha voluto dissacrare l’immaginario anni ‘90 legato alla televisione di Berlusconi in ottica femminista, con una performance “per una sola velina”. Così, Collagene propone delle ricerche artistiche costruite dal basso e che puntano all’interazione con il pubblico.

Foto Carlo Sgarzi
Molti vengono a vedere Collagene anche senza avere ben chiaro quello che succederà, sapendo solo che verranno stupiti, invitati a prendere parte a ciò che succede, accolti in uno spazio. “Trovare una dimensione di scambio e di stimolo alla curiosità” è proprio quello che si augurano Eugenia ed Elena per il futuro. “Vorremmo si mettessero in condivisione pratiche e strumenti, spazi in cui poter stare e condividere fuori dall’ottica del consumo – spiega Eugenia-. Nell’impossibilità di augurarsi più fondi per la cultura, che si immaginino allora delle forme di sostenibilità altre”. E se “fare qualcosa insieme è faticoso, come tutte le cose collettive, il sostegno reciproco è fondamentale -conclude Elena-. Mi auguro che si vada più in questa direzione”.

Foto Carlo Sgarzi
Condividi questo articolo