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“Tutti abbiamo una storia interessante da raccontare”. Torna Don’t Tell My Mom – Story Show da Gallery16

20-01-2023

Di Laura Pagnini

Infermieri, camerieri, tassisti, personaggi televisivi, giornalisti, registi, scrittori, studenti… Non fa differenza: è capitato a tutti di fare una brutta figura durante un’occasione importante o di essere protagonisti di un evento particolarmente toccante, quell’avvenimento particolare che nostra zia ci esorta a raccontare ogni anno a Natale davanti a tutti i parenti. Che non lo si voglia raccontare alla mamma è assolutamente legittimo e comprensibile, ma decidere di condividerlo potrebbe riservare delle piacevoli sorprese.

Giovedì 26 gennaio, al Gallery16 di via Nazario Sauro, a partire dalle 20.30 torna Don’t tell my mom – Story Show, una serata che porta sul palco persone comuni: hanno 10 minuti per raccontare una storia che non direbbero mai, nemmeno alla propria madre.

Il format nasce a Milano da Matteo Caccia, voce e autore radiofonico di Radio24, che nei suoi programmi raccoglie, scrive e racconta storie comuni. Un giorno Emanuele Vicentini, colpito dal suo modo di fare radio, decide di inviargli una sua esperienza personale. Ma capita qualcosa che sicuramente non aveva previsto: Matteo crede che la sua storia non debba essere raccontata in radio, ma sul palco di Don’t tell my mom da Emanuele in prima persona. Da qui, il desiderio e la decisione di portare lo show a Bologna. Era il 2016. Dopo l’incontro con Silvia Santachiara, giornalista e nostra direttrice editoriale, con la quale Emanuele ha iniziato ad organizzare le serate, il format si è protratto fino al 2019, con una cadenza quasi mensile, fino a che il lockdown ne ha obbligato la realizzazione solo ed esclusivamente sulla pagina Facebook. Ora, però, è arrivato il momento (e, soprattutto, il grandissimo desiderio), di tornare dal vivo, con un’edizione che, da quest’anno, è in collaborazione con About.

«Noi crediamo di essere del tutto incapaci. Magari a volte lo siamo, però tutti, in qualche modo, abbiamo una storia interessante da raccontare, il nostro cavallo di battaglia», mi racconta Emanuele. E non ci sono neanche limiti di etichetta: si va dalle esperienze più ridicole a quelle più toccanti, da quelle più imbarazzanti a quelle commoventi. Le regole sono soltanto due: la storia va raccontata, non letta e non deve durare più di 10 minuti .

Chi sale sul palco ha la certezza di trovarsi di fronte un pubblico senza nessuna pretesa, se non quella di ascoltare qualcosa di nuovo e di vero. «Se tu hai voglia di raccontare una storia triste, formativa, dell’infanzia, qualcosa di profondo… quello è il palco giusto, perché non devi far ridere nessuno, devi raccontare la tua storia, che è una cosa diversa», garantisce Emanuele. E ovviamente non servono diplomi o certificazioni che garantiscano il fatto di essere oratori provetti. «Noi siamo sempre alla ricerca dell’uomo comune, dell’uomo della strada», continua Emanuele, mettendo in luce quella che è probabilmente non solo una delle caratteristiche principali del format, ma anche uno dei suoi maggiori punti di forza.

Anche dal punto di vista anagrafico, non c’è alcuna restrizione: si va dai ricordi di gioventù, costellati da fughe adolescenziali ed episodi ai limiti dell’assurdo, agli innamoramenti finiti male degli universitari.

Decidere di raccontare la propria esperienza potrebbe poi rivelarsi sorprendente: è un modo non solo per superare le proprie insicurezze e mettere da parte la timidezza, ma anche per andare oltre quel blocco che l’episodio ci ha causato, per lasciarcelo alle spalle e, perché no, per darci l’opportunità di trovare qualcuno con cui condividerne il peso. «Venire a raccontare una storia, tante volte, poi, vuol dire anche entrare in contatto con altra gente simile a te, o che comunque ti può piacere. E poi con noi ritrovarsi anche in altre occasioni slegate dal contesto». Con “noi” Emanuele intende il collettivo Quante Storie, che, oltre lui, vede coinvolti Silvia Santachiara, Silvio Perfetti e Stefania Adani, che ha l’obiettivo di promuovere varie forme di spettacolo legate allo storytelling.

Infine, Don’t tell my mom si rivela un’esperienza divertente e fuori dal comune anche per chi ascolta. «Le storie le decide chi le racconta e chi le riceve può passare dall’ilarità massima, ad un momento commovente e poi tornare nuovamente a sorridere» conferma Emanuele.

Per salire sul palco basta inviare la candidatura scrivendo a nonditeamiamammaBO@gmail.com oppure su alla pagina Facebook.

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