Musica & Libri

Giorgio Poi presenta Smog: “Adesso che sono tornato, voglio stare qua”

14-03-2019

Di Silvia Santachiara
Foto di Giulia Fini

Giorgio Poi è uno che fa da sé.

L’8 marzo è uscito Smog (Bomba Dischi), il suo secondo disco, anticipato dai singoli Vinavil, Stella e La Musica Italiana scritto e cantato con Calcutta. Un “disco fatto in casa”, come ha scritto in un comunicato stampa non proprio tradizionale. “Un disco è una delle poche cose fatte in casa a cui non si può aggiungere di seguito ‘come una volta’, perché una volta i dischi si facevano in studio. Quindi di questo disco si potrà dire quel che si vuole, ma non che non sia un disco moderno”.

Domenica l’ha presentato da Semm Music Store moderato dal giornalista Francesco Locane, in attesa del concerto dell’11 aprile al Locomotiv. Camicia gialla, cappellino, camminata svelta e lo sguardo timido, di chi è qui e forse in molti altri posti, anche se non ama viaggiare. O almeno non con mezzi di trasporto tradizionali.

L’ha definito il suo “primo secondo” disco. Di dischi d’esordio se ne possono fare anche tre o quattro, con nomi sempre diversi. – continua il comunicato, che Locane legge a voce alta – Invece i secondi dischi sono più rari, perché per fare un secondo disco non basta fare un disco, ma bisogna farne due, e mano mano che si va avanti la situazione si complica. Credo che siano pochissimi i casi di secondi terzi dischi, improbabili i secondi quarti e impensabili i secondi quinti”.

“Sembra uno scioglilingua ma è così. – dice Giorgio – è la prima volta che ho un secondo disco, la prima in cui ad un concerto farò le canzoni di due dischi”.

Che sia un secondo o un “primo secondo” disco, quello che segue al primo rimane comunque il disco della conferma. Ma Giorgio non ci ha pensato più di tanto. “Già è abbastanza difficile fare un disco di cui sei contento, che se poi ci devi aggiungere anche altre preoccupazioni, non ne esci vivo (sorride)”.

Dal 2017, anno in cui è uscito il suo primo progetto solista Fa niente, di cose il cantautore di Novara, che oggi vive a Bologna, ne ha fatte parecchie. Locane ricapitola il suo 2018: ha fatto il chitarrista in studio e dal vivo per Calcutta, prodotto l’esordio di Francesco De Leo, lavorato con Frah Quintale, Carl Brave, Luca Carboni, fatto 14 date con i Phoenix e suonato in qualche brano di Stanza singola di Franco126. Ma il tempo per lavorare a Smog l’ha trovato lo stesso. “Abbiamo fatto tante prove a Roma, io vivo a Bologna e per quasi due mesi non ho lavorato quest’estate, le altre cose erano a giornate, poi Francesco e Franco sono anche venuti a casa mia, quindi si, sono riuscito a ritagliarmi momenti per fare tutto”.

Nove tracce in bilico tra quello che sembra e quello che è, tra la volontà di sognare e un certo cinismo, tra la voglia di partire e la nostalgia per quello che rimane, facendosi largo tra incertezza e disillusione. Racconta di una generazione che non dorme bene, non si sa spiegare, non impara mai, che guarda un vuoto e che non si può fidare nemmeno del cielo. Che in fondo è contenta, ma non lo dice.

Dal precedente rimane una certa malinconia, con alcune novità. “Avevo detto che sarebbe stato un disco solo di ritornelli perché nel primo non ci sono (ride). E non me ne ero accorto. La novità era mettere un nuovo elemento, quindi me lo sono giocato, ce l’ho messo”. E poi non ha il “paletto” pratico del primo disco, che si poteva suonare solo in una formazione da trio. “Siamo in quattro e questo ha avuto un effetto importante sulla musica perché apriva tante possibilità in più”.

Locane prende poi i brani e ci va dentro. Alcuni temi sono ricorrenti. In La musica italiana, scritto e cantato con Calcutta, si ritorna al Giorgio Poi che stava a Londra, a quello del primo disco che ripensava alle canzoni in italiano e a farle proprie. “Quella canzone parla di un sentimento forte, anche se mi è successo dieci anni fa, ma gli strascichi me li porto appresso ogni giorno, è ancora un tema caldissimo”.

Ed è proprio il viaggio ad aprire il disco, con Non mi piace viaggiare. Giorgio passa in rassegna i disagi di ogni mezzo di trasporto. E sembra quasi un anti inno al viaggio. Pigrizia di opposizione verso la moda del muoversi o sintomo di una nuova vita più stanziale? Gli chiede Locane. “Se ho giorni liberi non penso a farmi un viaggio perché di solito sono su un treno, furgone o auto e quindi lo stacco per me non è il viaggio, ma lo stare a casa. – spiega Giorgio – Forse il fatto di essere stato tanto in giro sentendomi sempre provvisorio, adesso che sono tornato ho intenzione di restarci. C’è il desiderio di stare qua”.

In copertina ci sono personaggi piccoli e grandi che fumano. L’ha disegnata lui, così come le immagini del booklet e le scritte. Tutta opera di Giorgio. “La copertina è importantissima, è parte del disco, è l’immagine che per sempre chi ascolterà il disco assocerà a quelle canzoni. Quindi delegare la scelta mi sembrava troppo. Non sono tecnicamente un disegnatore. Questo è il massimo che posso fare (ride)“.

Giorgio ci svela che Smog era il nome che aveva dato a quel disegno. E solo dopo è diventato il titolo dell’album, e poi anche dell’unica traccia strumentale.“È una parola che mi piace, per quanto porti con sè un’accezione negativa. Però è una parola con cui la nostra generazione è cresciuta, quasi una parola retrò. Dà un’immagine un po’ fumosa, indefinita”. Mentre per i videoclip invece si fida e affida: “Non li seguo, il regista mi racconta cosa vuole fare, ad alcune cose dico si, ad altre no. Nel momento in cui un regista ha un’idea in testa, magari non riesca a spiegarla, ma è un’idea che parte da lui quindi vuol dire che ha avuto un’intuizione. Se io avessi raccontato questo disco a qualcun altro sperando che lo realizzasse lui, non sarebbe mai venuto così. È un atto di fiducia, ovviamente”.

Per capire invece come compone i testi, bisognerebbe prendere il suo cellulare; troveremmo una lunga nota dove si susseguono frasi appuntate. “Parto da un pensiero che mi sono segnato. E poi c’è la speranza di scriverla nel minor tempo possibile anche per non perdere quel sentimento. Perché come diceva Vasco, le canzoni le devi scrivere in fretta altrimenti evaporano”.

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