Tutto iniziò con il cartoncino semi rigido che la nonna scartava dalla confezione dei collant, poi la carta paglia, quella del salumiere, gialla e porosa. Siamo sedute in un bar bio fuori porta, davanti ad una grande vetrata e mentre Jessica Cantoni, grafica e paper designer, mi racconta della sua passione per la carta, in tutte le sue forme, solleva delicatamente il coperchio di una grande scatola di latta. Poi sfiora la collana che indossa: tanti piccoli cilindri, cuciti insieme, realizzati con le pagine ristampate del libro Alice nel Paese delle Meraviglie.
“Mi piace l’effetto materico, la sua opacità- mi spiega-. Per questo i miei gioielli non li tratto con fissativi. La carta piegata e annodata è molto resistente, bisogna solo stare attenti all’acqua” (sorride). Poi estrae dalla scatola la sua prima linea (che continua a produrre anche oggi). L’ha realizzata con quattro strisce di carta piegate e intrecciate insieme, come si fa con i cesti. Una sorta di scoobidoo, ma di carta. E con questi ne ha fatto orecchini, collane, bracciali. Le grafiche arrivano da campionari di carta dismessi, da vecchi cataloghi di carte da parati trovati da un tappezziere ma anche da idee sue realizzate su carta riciclata, da imballaggio o da scrapbooking.
Un feeling, quello con la carta, che l’accompagna da sempre. Ha iniziato a lavorare come grafica per il settore dell’editoria in un periodo in cui il digitale non era così utilizzato e tutte le presentazioni dei lavori si montavano e rilegavano a mano. Da lì a quadretti e collage il passo è stato breve. “Partecipavo a mercatini con questi oggetti che realizzavo nel tempo libero e dividevo il banchetto con un’amica che realizzava invece bigiotteria classica- racconta-. Le sue creazioni piacevano molto e un giorno mi sono detta: “Perché non unire le due cose?”. Così, dal nulla, ho iniziato a sperimentare e a fare gioielli. Riscuotevano curiosità, anche se rimane sempre una certa diffidenza nei confronti della carta, per via della sua delicatezza”.
Ne è nato un brand, che Jessica ha chiamato Bangotingo: in nepalese significa zigzagare, procedere con continui mutamenti di direzione, in una sorta di slalom creativo. Una sperimentazione continua che l’ha portata a creare linee ogni volta differenti: in filigrana di carta oppure geometriche e giocate sui pieni e sui vuoti. L’ultima collezione si chiama Stilo ed è realizzata con la tecnica del Quilling: cilindri di carta cuciti insieme ad un filo (sempre di carta). Le grafiche, questa volta, sono invece pagine di libri ristampate: storie e racconti per l’infanzia.
Ma da indossare.
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