“Fare il rider è normalmente un lavoro rischioso. In più noi lo facciamo da anni senza tutele, senza garanzie e senza un contratto vero”, introduce con queste parole Tommaso Falchi di Riders Union Bologna il documentario che racconta la nascita, lo sviluppo e il progetto di Consegne Etiche di Bologna: la prima piattaforma cooperativa per le consegne a domicilio che rispetta i diritti di fattorini e dei commercianti e l’ambiente.
Il progetto, nato all’interno dell’Osservatorio R-innovare la città a cura della Fondazione per l’Innovazione Urbana, ha attivato Dynamo e Idee in movimento, le due cooperative sociali che lo hanno realizzato con il supporto del Comune di Bologna e Almavicoo.
Il reportage video sarà disponibile sulla piattaforma OpenDDB – distribuzioni dal basso a partire da mercoledì 10 marzo per quindici giorni in visione totalmente gratuita e la messa in onda sarà preceduta da un evento di presentazione pubblica in diretta streaming sulla pagina Facebook di Fondazione per l’Innovazione Urbana sempre mercoledì alle 20.30.
La Procura di Milano ha già aperto da tempo un’inchiesta sulle condizioni contrattuali inesistenti concernenti diritti di lavoro e salute di piattaforme quali Deliveroo, Just Eat, Foodinho che controlla Glovo e Uber Eats, già al centro di un’indagine per caporalato. I riders necessitano e hanno diritto a un contratto legale di assunzione che li redima dalla mera condizione di collaboratori senza tutele alla quale sono da sempre relegati. Ma il documentario non si occupa soltanto di questo.
Il reportage stimola la riflessione verso tutti i protagonisti e i temi coinvolti nel servizio, dal rapporto tra commercianti e fattorini e dei primi con la città e i clienti, la visione estrattiva delle grandi piattaforme di food delivery, la tutela dell’ambiente, della salute e dei beni urbanistici. A partire da esigenze particolari e vissuti professionali, lo sguardo si allarga a un quadro più ampio, offrendo una visione che individua e traccia la possibilità di ideare, co-progettare e co-creare nuovi servizi, sulla spinta della pandemia, del lockdown e della crisi che stiamo vivendo, ponendosi l’obiettivo di andare oltre lo scenario del presente, provando a fornire un’alternativa ai modelli esistenti.
Sette i protagonisti del video che, a partire dai loro diversi vissuti, vanno a comporre un unico filo narrativo: Tommaso Falchi, di Riders Union Bologna, Roberto Cipriano del Mercato Albani, Michele Ammendola della pizzeria Porta Pazienza, Giorgio Pirazzoli del Mercato Ritrovato, Simona Larghetti di Dynamo-Velostazione, Alessandro Blasi di Idee in Movimento e Chiara Sponza per la Fondazione Innovazione Urbana.
Abbiamo incontrato Flavia Tommasini, che ha scritto la sceneggiatura e i testi, e Margherita Caprilli, che ha curato la regia, per farci raccontare questi 26 etici minuti.
Consegne Etiche nasce a settembre 2020 ed entra ufficialmente in azione a fine ottobre. Bologna è la prima città che si è presa a cuore la salute e i diritti dei riders la cui mobilitazione ha portato alla stesura e alla firma del Manifesto del lavoro digitale, il primo in Italia. Non rinuncia però ad un servizio di consegna soddisfacente ed efficiente che si presenta come etico non soltanto per chi lo attua e per chi ne usufruisce ma anche e soprattutto per l’ambiente grazie all’utilizzo di mezzi a pedali o elettrici per una minima emissione di Co2. Pensate che questo sia il vero punto di partenza per una sana e vera rivoluzione della categoria delle consegne a domicilio?
Flavia: “Consegne Etiche è una sperimentazione che parte molto prima di settembre, durante il lockdown. Nasce grazie a una forte volontà della Fondazione per l’Innovazione Urbana di riflettere sul tema delle consegne a domicilio, servizio essenziale durante la pandemia. In una prima fase è stata istituita un’assemblea pubblica di attori tra riders e commercianti, in veste di primo nucleo, accompagnati da varie realtà come commercianti di mercati rionali, librerie o ristoranti, decisi nel non voler utilizzare le piattaforme di consegna a domicilio, considerate non all’altezza dei propri prodotti.
Co-protagonista nel video, il diverso modo di concepire il tema della consegna e del servizio all’interno del tessuto cittadino, contestualizzato a livello locale, accompagnato da Dynamo e Idee in movimento, le due cooperative sociali a capo della sperimentazione. Punto chiave è stata anche la necessità di dover sensibilizzare le persone che ordinano da casa rispetto a questa tematica. Siamo partite dai diritti dei lavoratori, passando per la logistica e i trasporti nell’ottica di uno sviluppo sostenibile della città che non è solo inquinamento ma anche rispetto dei beni architettonici, della costruzione di una città vivibile a misura d’uomo e non a misura di capitale. Un gruppo di persone tra lavoratori e lavoratrici, imprenditori e imprenditrici che si sono riuniti per ragionare su un modello con l’aiuto delle istituzioni”.
Margherita: “Questi sono i tre punti salienti: la sensibilità verso i diritti dei riders, verso l’ambiente e verso i commercianti e la qualità del loro prodotto. Come afferma Michele Ammendola della pizzeria Porta Pazienza, una consegna a domicilio non implica la rinuncia a un prodotto buono perché se dietro vi è una filiera corretta e giusta anche il consumatore apprezza di più ciò che gli viene consegnato. Si ha una soddisfazione maggiore. Questi sono i tre punti da cui siamo partite per raccontare. Il processo partecipativo è molto in linea con la mission della Fondazione stessa che, essendo un ente che fa da filtro tra le associazioni e le necessità e i bisogni dei cittadini e delle cittadine, ha voluto creare qualcosa che fosse coerente nel dare voce a tutti e tutte”.
Qual è allora l’importanza del ruolo dei consumatori nelle proprie decisioni, che si assumono come coscienti, facente capo alla personale e singola sensibilità affinché venga compreso “che dietro al progetto ci sono delle persone e non solo dei numeri, che dentro alla scatola oltre i prodotti ci sono dei valori”? Secondo le parole di Simona Larghetti.
Flavia: “Una cosa che non siamo riuscite a raccontare ma che la gente deve sapere è il rapporto tra il lavoratore e la piattaforma, uno dei nodi principali per la riflessione sul tema dello sfruttamento. I riders ricevono una valutazione sulla base della propria prestazione con regole dettate dall’algoritmo. È abbastanza inquietante se si pensa che i riders devono andare a lavorare da ammalati, senza contratto, a dispetto delle condizioni atmosferiche, con la pandemia e, se ritardano la consegna di qualche minuto, scendono in classifica, col rischio di non lavorare per il resto della sera. Questo dovrebbe far riflettere sul momento in cui diamo le nostre valutazioni sul servizio che abbiamo richiesto, incidendo veramente sulla vita del lavoratore, senza alcun filtro.
Altro tema importante, il rapporto tra il prodotto, la cui ricerca si rivela essenziale nella proposta dello stesso, e la filiera. Sulle piattaforme è tutto standardizzato, con costi molto alti per un’attività, viste le percentuali richieste. Sull’onda lunga di questo, il prodotto che arriverà a casa del consumatore sarà di scarsa qualità a fronte di un costo per una qualità maggiore che non sarebbe sostenibile. Se si decidesse il giorno prima cosa acquistare, sarebbe possibile organizzare una consegna in modo differente affinché il rider non aspetti seduto sotto la pioggia a guardare il telefono in attesa di un ordine. Basterebbe davvero poco per determinare un cambiamento. La cosa bella di questo progetto e dell’averlo raccontato è l’aver dato prova di grande sforzo di inventare qualcosa che non esisteva ma di cui c’era necessità”.
Margherita: “Esemplare infatti in Consegne Etiche è il rapporto e la cura tra il fattorino e il consumatore che riceve, che qui assume un ruolo centrale. La parola giusta è cooperazione. C’è stata una forte volontà di cooperare insieme in un momento così critico e drammatico. Abbiamo voluto tirare fuori una voce comune. Alessandro Blasi di Idee in movimento afferma che di fronte a tutto questo ci siamo messi a studiare e abbiamo capito di volerlo fare per comprendere in che modo cooperare. Il documentario vuole essere rappresentativo e un buon prodotto culturale che rappresenti una modalità che ha deciso di fare un passo. Uno strumento che sensibilizzi, che parli non solo a Bologna ma all’Italia intera“.
Flavia: “È stata un’esperienza di resilienza e resistenza e non soltanto un’operazione di impresa cooperante che si mette sul mercato per proporre un nuovo servizio ma un concetto di più ampio respiro comunitario. Ognuno ha messo a disposizione la sua competenza per produrre un determinato risultato. Tommaso Falchi di Riders Union Bologna afferma che questo servizio mostra per la prima volta un’alternativa a un sistema che ci viene dato per assodato“.
Com’è nata quindi l’idea di trasportare l’immagine e la realtà di questo servizio sullo schermo? In quanto tempo è stato girato e come avete deciso di farlo?
Flavia: “Ci siamo rese conto che per raccontarlo non bastavano dei post su Facebook, era troppo complesso. Quando ci siamo messe a far parlare chi se ne stava occupando, lì è nato da solo. Man mano che raccoglievamo le interviste, ci accorgevamo della complessità del tema e dell’impossibilità di editarlo. Tanta ricchezza. È stato bello raccontarlo dal di dentro e mi sento di dire che è quello che abbiamo fatto”.
Margherita: “Non bastavano i social e non bastava un video breve. Qualcosa difficile da raccogliere. Abbiamo incominciato a ragionare su un format che prendesse il contenuto e lo facesse esplodere. Da lì abbiamo cercato di dare forma a una sceneggiatura. Abbiamo messo insieme tutte le interviste e ci siamo rese conto che fosse un documentario. Abbiamo avuto la possibilità di approcciarci alle attività tramite l’osservazione partecipante, entrando molto in contatto con queste sette realtà, toccando con mano i produttori. Abbiamo parlato e passato tanto tempo con ognuno di loro, capendo quali fossero le loro lotte, le dinamiche più pratiche, i punti di ritrovo”.
A proposito di blocchi tematici e di rapporti, quali sono i momenti e i luoghi degli attori che avete voluto immortalare maggiormente?
Margherita: “E’ stato molto particolare il momento in cui siamo andate da Michele Ammendola della pizzeria Porta Pazienza perché abbiamo trascorso molto tempo insieme ed è stato emozionante vedere un luogo dove solitamente le persone vanno per mangiare la pizza in tutt’altra forma. Un momento che ci ha colpito molto visivamente. I luoghi dei riders sicuramente sono stati emblematici insieme alla Piazzetta Pasolini del Mercato Ritrovato“.
Flavia: “Molto spesso vediamo i riders in movimento mentre a noi serviva immortalarli nell’atto di guardare il telefono”.
Margherita: “Nessuno di loro ci hai mai detto di no, soprattutto quando spiegavamo di volerli raccontare si mostravano entusiasti e disponibili. Piazza Nettuno è dove tutto è partito, luogo simbolo, da dove la lotta è iniziata. Ecco perché nel documentario partiamo da lì”.
Il ruolo della consegna a domicilio quest’anno è stato fondamentale: Consegne Etiche, che tra novembre e dicembre 202 ha registrato ben 2000 consegne tra servizi bibliotecari e alimentari, ha fatto la differenza a Bologna?
Flavia: “È una sperimentazione. In questo momento, per quanto riguarda il servizio, c’è ancora molto studio che implica ampissimi margini di miglioramento da vari punti di vista”.
Margherita: “Non sappiamo dirvi se abbia fatto la differenza oppure no ma soltanto che sia stato un grande sforzo e questo si è rivelato essenziale”.
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