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Di cosa parliamo quando non parliamo d’amore? Ce lo spiega Massimo Vitali. A San Valentino.

09-02-2018

Di Bruna Orlandi

L’ho chiamato e mi ha detto che per l’intervista avrebbe avuto a disposizione cinque o al massimo dieci minuti da dedicarmi. Poi, logorroica io, logorroico lui, siamo rimasti al telefono per una quarantina e avremmo continuato se lui non fosse entrato in un ascensore che ha interrotto bruscamente la nostra conversazione.

Arrivato al piano, mi ha richiamata per salutarmi come si deve.

Massimo Vitali è autore di “L’amore non si dice” e “Se son rose”, insegna scrittura Creativa nella Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia e a Bologna nella sede di Radio Fujiko, dove conduce anche il programma “Ufficio Reclami”, fa l’istruttore di nuoto nella piscina Cavina in Borgo Panigale dove racconta e inventa storie per e con i suoi giovanissimi allievi, conduce laboratori didattici nelle scuole e negli ultimi sei anni ha promosso e condotto più di 400 presentazioni, reading, contest.

E non si prende per nulla sul serio.

Mercoledì 14 febbraio, all’ex forno Mambo in via Don Giovanni Minzoni 14, propone un reading dal titolo “Di cosa parliamo quando non parliamo d’amore”.

Comincia alle 21:30per dare il tempo alle coppie di andare a mangiare fuori. Poi le “coppissime” vengono a sentire il reading e a ballare un po’; alle altre, invece, consiglio di cenare col partner e poi venire al Mambo con amici o amiche così si divertono di più”.

Leggerà brani, poesie e testi teatrali di gente che l’amore l’ha saputo raccontare: Bergonzoni, Woody Allen, Gaber, qualcosa di Frida Kahlo, Raffaello Baldini, “roba breve che non annoia e poi spudoratamente ci sono anche io”, ma non sarà un monologo perché lo scrittore coinvolgerà ironicamente il pubblico che “viene sul palco con me a prendersi gioco dell’amore”.

La serata proseguirà con un dj set di “canzoni d’amore che non parlano d’amore e vedrà alla consolle dj Skaning e lo stesso Massimo, che proporrà il buon vecchio liscio.

Locandina realizzata da Massimo Vitali

Gli faccio la più ovvia delle domande.

Di cosa parliamo quando non parliamo d’amore?

“Vieni al reading e lo capisci. No, scherzo! Però sino a un certo punto, perché non posso fare anticipazioni altrimenti uno poi non viene. Un pochino si parlerà d’amore ma non nel modo classico. Quello ognuno se lo va a cercare nel proprio compagno o nella propria compagna oppure dentro di sé”.

Perché c’è bisogno di non parlare d’amore?

Perché se ne parla troppo. Il mio primo libro “L’amore non si dice” racconta la storia drammatica di un uomo che ama, non ricambiato, una donna. Lui le scrive tantissime lettere d’amore con raccomandata e lei all’ennesima lettera gli chiede di non parlarle più d’amore perché non ce la fa più e gli chiede, se proprio deve, di parlarle d’altro. E lui, che è innamorato cotto, fa quello che dice lei. Le parla di tutto, di tramonti sulle tangenziali, dei suoi guanti di pelle, del sudore di Elvis, fuorché d’amore ma in realtà parlandole solo d’amore”.

Dimentico di chiedergli se alla fine la tipa si innamora di lui ma, ad occhio e croce, mi avrebbe risposto “leggi il libro e lo capisci”. Gli dico che non ho letto nessuno dei suoi libri e mi risponde “hai fatto bene. Continua così”, poi abbiamo parlato del titolo del suo evento che omaggia Carver e dell’editore di Carver che gli tagliava tutto, e di me che quando leggo Carver mi si abbassa l’autostima. Poi gli ho detto che mia figlia ha tre anni e anche se ascolta Gaber da quando è nata non è il caso che la porti al Mambo e che, se i nonni la tengono, io andrò al suo reading, però in coppia, anzi in “coppissima”. Gli ho rivelato che sto scrivendo un libro su una malattia e lui mi ha risposto che le malattie vanno di brutto. Infine, gli ho detto che secondo me si scrive soprattutto per se stessi e lui ha ribattuto che no: si scrive per gli altri.

Su una cosa concordiamo: chi scrive è egocentrico.

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