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“Il contrario della paura non è il coraggio, è l’amore”. La filosofia di “Don Matteo” Zuppi nel docufilm di Marrese

18-12-2019

Di Edoardo Novello

“Fin da subito mi colpì il suo modo di fare quotidiano e socievole. Possiede una personalità completamente diversa da quella dei giudizievoli alti prelati che siamo abituati a conoscere. È un uomo per il popolo. Un uomo che merita rispetto”.

Sincero e diretto, il regista e giornalista Emilio Marrese apre la serata dedicata al cardinale Matteo Maria Zuppi esprimendo quella stessa stima e ammirazione che lo spinsero fin da principio a voler dirigere un film su di lui. “Mi è sembrato doveroso dargli una mano, aiutarlo a diffondere il suo concetto universale di misericordia”.

È con Il vangelo secondo Matteo Z. che Marrese ha documentato la figura del Cardinale Zuppi o, come preferisce farsi chiamare, Don Matteo. Tra i più amati su suolo nazionale, è uno dei prelati elettori, gli unici ad avere la facoltà di votare il nuovo pontefice.

Prodotto da Si Produzioni di Luigi Tortato con il contributo, fra gli altri, di Film Commission Emilia-Romagna e del Comune di Bologna, questo docufilm ci mostra le mille sfaccettature di Zuppi, costruendone un ritratto polivalente grazie ad interviste e materiali d’archivio.

A stimolare la conversazione, l’attore Alessandro Bergonzoni che incontra il vescovo in un faccia a faccia intimo, dalla sua giornata tipo ai suoi principi: “il contrario della paura non è il coraggio, è l’amore”. L’intervista integrale di Bergonzoni è un contenuto extra del dvd, in uscita il 17 dicembre nelle edicole, librerie Coop e le librerie Paoline di Bologna.

È un prete fuori dal comune, cita il settimo sigillo di Bergman, è stato compagno di classe di De Gregori e in Sudafrica ha conosciuto Nelson Mandela. Dal discorso sul palco del primo maggio, alle visite ai centri sociali e le periferie, crede nell’accoglienza e nell’inclusione “che abbatte i muri e costruisce portici”. Per Bologna è sempre andato in giro in bicicletta, da un capo all’altro della città, anche se ora con l’eta l’autonomia, dice, è un po’ limitata.

Marrese è un giornalista di Repubblica e regista affermatosi nel 2010 con il documentario Via Volontè N.9, prodotto da Fandango, e Matteo Zuppi unico cardinale italiano, nominato da Papa Francesco nell’ottobre 2019, è un uomo capace di conquistarsi in pochi anni grande popolarità grazie alle sue prediche e azioni pacifiste.

Dall’incontro fra i due nasce questo docufilm, il candido ritratto di un uomo di fede.

Il occasione della proiezione in anteprima a Bologna il 5 dicembre, sono riuscito a raggiungere il regista per discutere con lui la lavorazione del film e il rapporto instauratosi con il suo singolare protagonista.

È stato difficile filmare un uomo che riveste una carica così impegnativa?

“Innanzitutto devo dire che fare un film sul Cardinale Zuppi è stato molto facile, perché è un uomo che si racconta da solo. Da quando abbiamo iniziato il progetto a febbraio, fino alla sua conclusione in aprile, sono riuscito a registrare all’incirca 30/40 ore di materiale.

Lo abbiamo seguito praticamente ovunque, a partire dai suoi appartamenti nella Casa del Clero di Via Barberia (ndr. da un secolo a questa parte, Zuppi è stato il primo a scegliere di non pernottare negli appartamenti bolognesi della Curia) fino alle cerimonie pubbliche cui prendeva più volte parte durante la giornata. Inizialmente ci si era accordati per una manciata di giorni, ma poi, grazie anche alla sua disponibilità, siamo riusciti a rimanere più a lungo”.

Hai ribadito più volte come tu provenga sì da una famiglia religiosa (ndr. il padre è diacono), ma ti professi ateo e lontano dal mondo ecclesiastico. Com’è stato rapporto con Zuppi alla luce di questo divario?

“Seguire Zuppi aveva come obiettivo diffondere i suoi concetti, per questo ero più interessato alla parte politica della sua opera. Sì, sono ateo e anticlericale, ma a differenza della maggior parte dei prelati lui non fa sentire il non credente come qualcuno da conquistare o condannare o guardare dall’alto. Non ti fa sentire inferiore, insomma.

Non deve ‘vendere il prodotto’, cerca di ascoltare gli altri senza alcun tipo di proselitismo. Mi piaceva dare risalto a questo suo aspetto e far conoscere al tempo stesso il suo messaggio di pace e fratellanza. Siamo in un momento storico e sociale in cui ascoltare cose di buon senso fa bene. È importante avere meno pregiudizi, odio e divisioni e vivere la quotidianità con più sentimento e umanità”.

 

Il tuo documentario tratta direttamente, infatti, temi quotidiani dai caratteri importanti come l’immigrazione o la povertà. Come ti sembra che reagisca Bologna? Quali pensi siano i risvolti sociali?

“Qui storicamente c’è una capacità di accoglienza e collettivizzazione più densa che altrove, tuttavia ho visto come ci sia ancora molto razzismo. Dopotutto non siamo su Marte, e ogni città affronta questi temi in modo non molto dissimile l’una dall’altra. Zuppi ci prova a migliorare la situazione, ma ovviamente è ancora poco. Dà un contributo importante, ma sta anche a noi fare la nostra parte”.

Dopo aver passato due mesi a stretto contatto con Zuppi e aver constatato di persona i suoi modi e le sue idee, pensi di aver imparato qualcosa da lui?

“Credo la capacità di entrate in sintonia con tutti. È un uomo che, come il Papa, ha deciso di tirarsi su le maniche e accettare stoicamente il compito religioso che gli è stato assegnato. Nel farlo riesce ad entrare in contatto con chiunque incontri. Ho conosciuto molti e diversi lati del suo carattere: la sua costanza, la sua incredibile conoscenza delle lingue, ma anche una grande timidezza durante gli eventi mondani e la totale disponibilità verso il prossimo.

Non è come tutti si aspetterebbero pensando al ruolo che ricopre, va oltre i pregiudizi. È un cardinale simpatico”.

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