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C’è un momento in cui è facile perdersi. “In Bocca”, il romanzo pop della Bologna noir

18-02-2020

Di Elena Ghini

Un giovane disteso su un fianco con una sigaretta in mano. Il fumo avvolge il cielo nero, sotto, una volante della polizia sfreccia lungo la strada buia. Si presenta così la copertina del libro In bocca (Bertoni Editore, 2019) del giovane esordiente Emanuele Volpe.

È un thriller dai contorni noir, un romanzo corale che racconta le vicende di un gruppo di ragazzi alle prese con le sfide della vita. Icaro e il suo amico Fred cercano di sfuggire alla morsa di una banda criminale scappando a Parigi. Sedotti dalla promessa dei soldi facili fatti illegalmente, decidono di organizzare un ultimo colpo, che non finirà come previsto, riportando i due ragazzi a Bologna.

Con il libro in mano, di fronte a un caffè, Emanuele rompe il ghiaccio rivelandomi che ci ha riservato l’esclusiva della sua prima intervista. 

 

Chi è stata la prima persona a leggere il tuo manoscritto?

Franco Berardi, professore universitario e scrittore, conosciuto a Bologna come Bifo, è stata la prima persona in assoluto a leggere il manoscritto. E me l’ha corretto tutto. Era troppo lungo, mi ha rivisitato il testo da capo a piedi, lo devo ringraziare. Il libro era stato concepito da me come thriller per richiamare i grandi romanzi come Fight Club. Poi abbiamo deciso di abbassare i toni, rendendolo più attuale, avvicinandolo alle persone.

Chi legge il libro non si immedesimerà mai in un detective ma in un ragazzo qualunque. I protagonisti sono ragazzi comuni che in preda agli eventi cercano di tirarsi fuori da brutte situazioni”.

Emanuele Volpe

Il tuo non è solo un romanzo…

“Esatto. In associazione al libro sono nati alcuni progetti paralleli. L’illustratrice Alice Petaccia ha creato dei poster per ogni personaggio del libro.

Poi ci sono Martina Cavallai e Luca Montaletti che hanno realizzato scatti di scene particolari tratte dal libro ambientate a Bologna. E infine abbiamo creato una playlist su Spotify come colonna sonora del libro”.

 

I nomi dei personaggi e titoli dei capitoli sono singolari

“Il protagonista si chiama Icaro, ovviamente richiama il mito greco e simboleggia la caduta. 

Ogni capitolo ha una voce diversa, cambia in base al personaggio. Ad esempio, quelli dedicati a Luce sono intitolati come le diverse fasi del giorno, in modo che il lettore capisca chi sta parlando.  

Altri richiamano film cult, come ‘Trainspotting’. Nel mio libro il protagonista si schiarisce i capelli di biondo come nel film. Oppure La via di Maurito è un omaggio al film ‘La via di Carlito’. Nel mio libro ho voluto fare molti riferimenti a libri, film, musica che mi hanno influenzato o che mi piacciono. Questo perché volevo fosse un romanzo pop. Sono gli anni delle grandi citazioni, dei riferimenti nascosti ma sempre messi con una logica”. 

Foto di Martina Cavallai ispirate ad alcune scene del libro

Quali autori preferisci nel panorama letterario?

“Amo il genere thriller, gli autori stranieri americani e inglesi come Palaniuk, Carver, Welsh. Ma anche italiani come Ammaniti, De Cataldo, Brizzi. Autori contemporanei che danno voce a uno spaccato che spesso non si racconta.

Per me è interessante parlare di situazioni che vanno male e a cui si cerca rimedio. Dalla sofferenza delle persone è più facile tirare fuori qualcosa che non dalla routine. Per questo ho cercato di ribaltare il concetto di routine quotidiana, declinandola su un ragazzo che è appena entrato in un ambiente criminale. Ho immaginato come potesse essere la sua quotidianità condizionata dalla sua doppia vita”.

 

Chi è l’autore della copertina?

“La copertina è opera dell’illustratore Dario Tallarico, lavora per Bugs Comics. Volevo un’immagine non standard. Lui ha letto le prime dieci pagine del libro e ne ha colto l’essenza. La prima scena si apre così: il protagonista sdraiato per terra dopo un inseguimento”. 

A Bologna esiste una consistente produzione del genere noir, come mai secondo te?

“Bologna ha un clima particolare, si respira mistero se non misticismo. Ad esempio io abito in un quartiere normale in Mazzini, ma appena cammino dieci minuti mi ritrovo davanti palazzi enormi, spazi simili ai ghetti americani o alla periferia francese. Ecco credo che questa doppia anima di Bologna si presti a racconti underground. Non avrei potuto ambientare il mio romanzo a Firenze o a Milano, sono città con stimoli diversi”.

 

Hai mai seguito corsi di scrittura?

“Sì, ho frequentato un laboratorio di scrittura creativa tenuto da Andrea Giovannucci. Durante il corso ho scritto vari racconti, alcune idee le ho inserite nel romanzo. Il titolo ‘In bocca’ per esempio è un progetto nato al corso: un racconto breve in cui narro metaforicamente la dipendenza da una donna come dipendenza da un farmaco”.

Icaro. Artwork di Alice Petecchia

Cosa hai voluto esprimere al di là della storia?

“Creare qualcosa che facesse vedere uno spaccato di una realtà sociale che è davanti a noi tutti i giorni ma che spesso vogliamo ignorare. Sia la micro delinquenza che l’abuso da parte dei giovanissimi di sostanze. La vita cambia drasticamente nel passaggio dalla scuola dell’obbligo all’università. Si passa da un mondo regolato e protetto alla realtà, in cui ci si deve autogestire. É un periodo delicato in cui è facile perdersi”. 

Fred. Artwork di Alice Petecchia

Come hai gestito la descrizione di un mondo così lontano dalla tua realtà?

“I miei studi giuridici hanno aiutato ad esempio conosco le dinamiche di come avviene un arresto preventivo. La cronaca racconta spesso di baby gang fuori controllo. Poi ho visto centinaia di video interviste, processi e documentari che mostrano come a partire dall’adolescenza un ragazzo può cadere nella dipendenza con una facilità incredibile e può sviluppare una mente criminale. Le cause sono spesso insoddisfazione, problemi in famiglia e traumi. Inoltre è un disagio trasversale e ho voluto evidenziare questo aspetto nel romanzo. Ragazzi dell’alta borghesia comprano la droga dai ragazzi dei quartieri poveri. Questi due mondi si incontrano in una sorta di alleanza”.

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