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50 etichette indipendenti da tutta Italia arrivano in Montagnola. Intervista a Jonathan Clancy

10-12-2021

Di Beatrice Belletti
Foto di Beatrice Belletti

Questo weekend il parco della Montagnola diventa un market di due giorni per music lover, con SMANIA – ben 50 etichette indipendenti e piccole produzioni da tutto il suolo italico si raduneranno alla chiamata di Jonathan Clancy, fondatore della label Maple Death Records, in collaborazione con Arci Bologna e Montagnola Bologna.

Appuntamento dalle ore 11 alle 22 (sabato 11)  e dalle 11 alle 20 (domenica 12). Qui il programma completo.

«Maple Death Records è un’etichetta indipendente fuggita dal suolo canadese e ora basata tra Londra e Bologna, che vive il lato inesplorato e più rumoroso delle cose». Abbiamo raggiunto Jonathan per fare due chiacchiere sul suo business discografico, e sì, se il cognome vi suona familiare è perchè stiamo parlando del fratello della vicesindaca e assessora Emily Clancy.

Quando entro nell’alcova di Maple Death Records, con vista sul foliage del parco della Montagnola, Jonathan è impegnato tra call di lavoro e l’arrivo dei nuovi vinili di Theoreme, uno dei progetti musicali seguiti dalla sua etichetta. Clancy è canadese di origine, adottato in giovane età da Bologna, esportato in UK e recentemente rimpatriato in una città che a suo dire «ha una qualità della vita nettamente migliore». Ecco, su questo punto io e Jonathan abbiamo visioni distanti, tutto ciò che di entusiasmante relativo all’industria musicale e discografica che ho amato dell’Inghilterra, lui l’ha trovato, o portato, in Italia.

Mostrandomi la collezione di magazine nostrani dedicati che ancora stanno sul pezzo, e i vinili di band emergenti post-punk del suo roster mi dice: «ci sono molti artisti, nel mio mondo, capaci di fare musica fuori dagli schemi di quello che è trend e senza la necessità di emulare nomi che fanno la moda del momento».

Ciao Jonathan, ci racconti nasce MapleDeath Records?

«Nasce nel 2015 ma l’idea era nell’aria da almeno una decina di anni, sono sempre stato ossessionato dai meccanismi dietro alle mie etichette preferite, sin da ragazzino, e quindi è stato un approdo naturale spinto soprattutto dall’insoddisfazione per le label con cui avevo interagito e che avevano pubblicato musica in cui ero coinvolto. Poi come tutti nel nostro ambiente, volevo far sentire cose che facevano fatica a essere pubblicate. Mi piaceva molto la sfida di far girare fuori dischi dell’underground italiano e/o canadese, i due paesi a cui sono più legato».

Mi ha dato da pensare, ma facciamo un passo indietro:

Cosa ti ha spinto ad aprire una record label a Bologna?

«Semplicemente da qua passa tutto bene o male quello che mi interessa, pur nelle sue difficoltà è una città che mi ha sempre permesso di vedere e realizzare tante cose».

Recentemente Forbes ha pubblicato un articolo sull’espansione di Spotify con le statistiche di revenue digitali degli ultimi 20 anni. Le vendite di album fisici hanno ceduto terreno, nonostante sia riapparso un trend nostalgico di amore per l’analogico, quanto meno da collezione, quanto si parla di vinili. Che ne pensi?

«Non lo so, perché penso siano dinamiche che sfuggono abbastanza al mio mondo che è rimasto uguale a prima, parliamo di un nucleo di appassionat* e l’ultima cosa che interessa è la commercializzazione della musica, la facciamo per stare bene, per viaggiare, per scambiare idee, per vedersi in giro. Se c’è una maggiore attenzione al vinile sono ovviamente contento ma negli ultimi due anni ha portato etichette come la mia a una marea di difficoltà, fabbriche che ritardano dischi per stampare tonnellate di roba inutile major. Non guardo nemmeno i dati del digitale praticamente, anche perché ancora sono sbilanciati 80% fisico e 20% digitale».

L’artista o progetto artistico che hai scoperto nel 2021 di cui non riesci più a fare a meno?

«Ti parlo di una uscita Maple Death perché è stata una impresa. Si tratta dell’artista francese Theoreme. Maissa (suo vero nome) mi aveva folgorato con un disco 5/6 anni fa e da allora abbiamo iniziato a scriverci e ci siamo accordati sul fare un album, ma poi lei mandava circa 2-3 canzoni ogni anno, è stata un’attesa bella e snervante al tempo stesso. A marzo 2021 mi ha mandato tutto e in questi giorni esce finalmente Les Artisans il suo secondo album, un viaggio stranissimo che mischia dub, no-wave, post-punk, industrial cantato in francese. Vederlo stampato dopo 5 anni di rincorsa dà un senso a tutto quello che fai in qualche modo».

UK vs Italy, chi sta vincendo? E cosa dovremmo importare (Brexit permettendo) dall’Inghilterra per migliorare l’industria musicale nostrana?

«Veramente difficile paragonarli, per quanto mi riguarda e parlo delle cose che interessano a me, spesso esce musica più interessante qua, meno convenzionale e meno spinta e influenzata da dinamiche extra musicali che invece subentrano in un mondo come quello UK dove come dicevi c’è realmente un’industria musicale che permea l’underground fino al mainstream. Poi certo ci mancano le strutture e tutto ci mette il triplo del tempo a diventare realtà. Sarò sincero mentre anni fa la vedevo come una barriera essere qui, ora per niente».

Ascolta la playlist di MAPLE DEATH RECORDS

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