Design & Moda

“Controcorrente anche a costo di sbagliare”. Intervista alla stilista Julieta Manassas

08-06-2022

Di Carla Sannino

Quando le ho chiesto di descriversi in tre parole, ha subito risposto usando queste: sognatrice, creativa e guerriera.

Da piccola, quando in Africa sognava di far vedere al mondo le sue creazioni, il padre le rispondeva che la moda non si inventa. Oggi Julieta Da Purificaçao Manassas è stilista, costumista, modellista e ha un atelier in via Saragozza dove crea i suoi capi lasciandosi ispirare dalla natura, dal cinema e da tutto ciò che la circonda.

Lei è nata nel 1973 a Luanda, capitale dell’Angola, ma diversi anni dopo è stato l’amore a portarla in Italia, a Bologna. Qui ha scoperto l’architettura, l’opera lirica, la fotografia, stimoli che si sono rivelati importanti per lei e un enorme paradiso per tutte quelle passioni che nutriva senza saperlo.

L’ultimo suo progetto è legato alla mostra fotografica NYMPHÈ delle fotografe Laura Bessega e Laura Frasca. Un progetto molto intimo, fatto di ritratti ambientati e interviste, in cui tutto ruota intorno alle donne e alla natura e in cui Julieta ha partecipato vestendo le modelle con i suoi abiti. La mostra rimarrà aperta fino all’11 giugno e sarà visitabile da Green Whale Space e Spazio B5. Per saperne di più, qui trovate il nostro approfondimento.

NYMPHÈ

Ma torniamo un attimo indietro, perchè ti definisci una guerriera?

«Perché ho incontrato tante difficoltà nella mia vita e ne incontro ancora oggi, ma ormai ho la certezza che alla fine la mia passione supera sempre tutto. Quando ho un’idea niente e nessuno mi può fermare, non so se è un bene essere sempre così ma seguo il mio istinto, vado controcorrente anche a costo di sbagliare, d’altronde il mio segno zodiacale è capricorno ascendente capricorno, non poteva andare diversamente».

Foto di Fernando Matoso

Quindi già da piccola avevi il pallino per la moda?

«Sì, da piccola ho sempre giocato con i vestiti, sono sempre stata attratta da questo mondo. Mio zio aveva una sartoria e io passavo i pomeriggi lì curiosando e raccogliendo pezzi di stoffe scartate da lui. Facevo spesso modifiche agli abiti delle mie amiche, trasformavo le loro gonne da lunghe a corte, ampliavo gli scolli delle loro camicette, ma soprattutto ricordo che ero innamorata dei vestiti anni ’60 che trovavo nel guardaroba di mia mamma, facevo tanti di quei danni…».

Julieta Manassas | Foto di Giovanni Gastel

E oggi? Cos’è rimasto di quella bambina birbante nelle tue creazioni? 

«Oggi il mio stile mi rispecchia molto, ha tante sfumature diverse, parla tante lingue. Dopo tutti questi anni lontana dalla mia Africa mi sono dovuta un po’ adattare. Mi lascio sempre ispirare dalle mie avventure, dai miei viaggi, però poi quando devo disegnare i modelli mi piace fermarmi e rilassarmi in mezzo al verde della mia campagna con una bella musica o una poesia in sottofondo».

 

Ti sei data molto da fare qui in Italia, tra avventure e viaggi hai anche un percorso lavorativo importante alle spalle.

«Sì, arrivata in Italia ho vinto una borsa di studio e ho lavorato al Gruppo La Perla per due anni, realizzando abiti da sera e costumi da bagno. Ho anche lavorato come freelance per fare un po’ di esperienza prima di iniziare il corso per professionisti all’istituto Carlo Secoli, oggi Next School Fashion. Così ho iniziato a lavorare sopratutto come modellista in aziende come Collection Privee, Hettabretz, ecc.

Mi sono confrontata anche con il mondo del cinema come sarta e costumista, ma il percorso che forse mi rispecchia di più, è quello fatto a teatro lavorando come sarta di scena. Realizzavo i costumi per l’opera lirica al Teatro Regio di Parma, un’esperienza unica in cui ho lavorato con tantissimi grandi personaggi come Dante Ferretti ad esempio, scenografo e costumista italiano che ha ricevuto l’Oscar come migliore scenografia».

Foto di Fernando Matoso

Ci sono dei progetti di cui vai più fiera?

«Senza dubbio l’apertura del mio Atelier nel 2009, dove realizzo abiti su misura e ho una piccola linea di capi sartoriali in stile europeo e non solo. Lavoro con le stoffe africane, ma anche con quelle vintage prese dagli archivi delle aziende italiane in cui ho lavorato. Mi dispiaceva ogni volta vedere tutte quelle stoffe destinate ad essere gettate via, così ho iniziato a riciclarle. Nel 2021 ho fatto una sfilata a Forlì per il Festival di Caterina Sforza di cui vado molto fiera. È stata una grande sfida con un buon riscontro da parte del pubblico e del team. Potrei nominarne tanti altri, come la sfilata al Grand Hotel di Cervia, ma anche il workshop dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna con i ragazzi della biennale, per l’edizione del Black History Month».

Foto di Fernando Matoso

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