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Maison Ventidue: l’appartamento che ospita designer e artisti, tra performance, installazioni e interior design

20-03-2018

Di Irene Cocchi

“Se le canzoni si indossano e
gli abiti si interpretano

la nostra casa si attraversa”.

Ci eravamo date appuntamento per conoscerci in via dell’Indipendenza 22, dove cinque grandi installazioni progettate dall’artista ecuadoriano Marcello Martinez Vega caratterizzavano lo spazio espositivo di Maison Ventidue, l’associazione culturale specializzata in residenze artistiche site-specific e special and corporate events che Mariarosa Lamanna ha fondato insieme a Marco Mastroianni.

Il lunedì successivo, con molta naturalezza e davanti ad un’abbondante fetta di torta di carote, iniziamo a raccontarci. Per almeno tre quarti d’ora chiacchieriamo a ruota libera, sul nostro lavoro, le nostre passioni e i sogni che abbiamo nel cassetto.

“Scusami, sembra che sia io ad intervistarti!”, mi dice Mariarosa.

A quel punto estraggo il telefono per registrare l’intervista. Con l’entusiasmo di chi realmente ama il proprio lavoro ed i propri progetti, Mariarosa mi porta con sé in un viaggio, che parte dal progetto espositivo dell’artista Marcello Vega Homme/Food Homeless, passando per il progetto HomeMade Design.

Mariarosa, come è nata l’idea di far nascere la residenza per artisti a Bologna?

“Credo sia nata da un mio bisogno completamente personale: quello di rimanere ed essere in dialogo con il linguaggio artistico, quindi poter parlare qualcosa che non è il mio mestiere, dato che non sono un’artista. O forse lo sono, ma non ci ho mai creduto abbastanza. Volevo riuscire a sublimare questa mia mancanza in qualche modo, attraverso il lavoro di persone più coraggiose”

Come avviene solitamente la scelta dell’artista che vivrà in Maison? Sei tu che individui e contatti determinati artisti, oppure sei chiamata a compiere una scelta, e quindi selezionarne uno tra più candidati?

“Gli artisti non arrivano in Maison attraverso una call for artist, o meglio, non ancora. Mi piacerebbe però che fosse il prossimo step, quindi che fosse il più possibile aperto e condiviso, nazionale e internazionale. Quello che è avvenuto dalla genesi del progetto fino ad oggi è stata una relazione, quindi una scelta basata sul conoscere il progetto Maison Ventidue e l’artista. Di fatto, gli artisti con cui abbiamo lavorato sono entrati in contatto personalmente con me o con i miei collaboratori: la persona, quindi, è alla base di una relazione che diventa molto intima, proprio perché questi artisti vivranno in Maison Ventidue e in stretto contatto con me. Maison non è uno spazio asettico, neutro: la relazione con il curatore è veramente umana e molto prossemica. La residenza viene concepita come un focus, un limite spaziale e relazionale, quindi gli artisti che vengono a contatto con Maison Ventidue mi danno un’idea di concept legata a allo spazio, poi ovviamente la sviluppiamo assieme”.

photo: Marco Mastroianni

Si è concluso da poco il soggiorno di Marcello Martinez Vega. Quali sono state le tematiche che ha toccato, attraverso le sue realizzazioni?

“Marcello non ha progettato Homme/Food Homeless durante la sua residenza in Maison. Homme/Food Homeless è una mostra che ha una genesi anteriore al 2018: è già stata presentata in Biennale 2017 dentro AAG Foundation. Il motivo per cui ho fortemente voluto questa mostra a Bologna era una sorta di celebrazione dei miei 10 anni in questa città. Homme/Food Homeless parla di due bisogni fondamentali dell’uomo, che sono poi radici culturali molto identitarie della città di Bologna, dal mio punto di vista ma credo, per come è andata la mostra, molto condivisibili. Le due tematiche, quindi, sono il bisogno di nutrimento e il diritto ad un habitat, quindi uno spazio in cui sentirsi al sicuro. E secondo me Bologna città del food, forse ostentata e mercificata da un lato, aveva necessità di fare una riflessione e di mostrare qualcosa che fosse un po’ più critica nei confronti del nutrimento, quindi da un punto di vista etico, economico e sociale. Per quanto riguarda l’habitat, Bologna è una città che ha fatto e continua a praticare delle buone risposte alle emergenze abitative. Non è perfetta, come è giusto che sia in un certo senso, ma è una città dove si può dialogare di tutto ciò, e per me era naturale dare a Homme/Food Homeless un tetto nella città che si fa tetto di questi valori e di questi principi”.

Parliamo di HomeMade design. Ci racconti qualcosa riguardo questo modello di integrazione arte/azienda?

“HomeMade design è un modello di integrazione tra arte e azienda, all’interno di uno spazio particolare che è appunto la casa. L’idea è quella di progettare oggetti di interior design dentro uno spazio site-specific – perché Maison Ventidue è un appartamento – ma che poi saranno destinati a tutte le case.

Abbiamo vinto la quinta edizione di IncrediBOl, bando che premia l’innovazione creativa, e ne siamo ovviamente fieri perché il modello di HomeMade design vuole mettere insieme le buone pratiche e le maestranze legate all’artigianato della regione, attraverso la formazione di un designer che lavora il progetto site-specific volto però alla produzione seriale quindi di tipo industriale, nel settore della manifattura.

HomeMade design vuol essere un collante tra queste due forme produttive. Prendere il meglio dell’artigianato e del saper fare con le mani, interiorizzarlo attraverso la pratica in residenza, e poi renderlo sostenibile economicamente, quindi mettendolo nella produzione di flusso di un’azienda”.

Progetti futuri?

“Prossimamente saremo in Triennale dentro una mostra curata da Stefano Mirti, che si chiama 999 domande sull’abitare contemporaneo, insieme al collettivo Marsala, composto da giovani video artiste. Sarà molto divertente perché racconteremo Maison Ventidue in una 24 ore di diretta streaming, proprio mostrando il lavoro tra curatore e artista in residenza. Quindi, finalmente, forse tutti capiranno cosa succede all’interno di Maison e credo/spero che sarà molto divertente!

Nel frattempo, stiamo lavorando a un nuovo spazio che nascerà presto: sarà un concept store e si chiamerà Mala store, composto da una seconda parte chiamata Mala stories. Vorremo appunto raccontare un concept store che ospita le eccellenze del design della regione, come se fosse una nuova esperienza: tu entri in una galleria che non è una galleria e al tempo stesso fai un’esperienza di shopping. Abbiamo avuto da poco questa notizia, per cui siamo molto felici di poter condividere quest’anteprima”.

Dopo aver chiacchierato per quasi due ore, raccolgo le mie cose e ringrazio Mariarosa, che rimane nel locale ancora un po’. Ci siamo salutate, con la promessa di non perderci di vista.

Mariarosa Lamanna

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