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“Immagini che producono azioni”. Parola di Nicola Gobbi, illustratore delle 6000 sardine

17-01-2020

Di Salvo Bruno

Uno pensa al fumetto e ha subito in mente roba per nerd occhialuti, cresciuti a pane e vignette. Storie da vignetta e nient’altro che quello, tutto sommato.

Nulla vieta di pensarla così, sia chiaro, ma quello che dà un po’ una scossa all’immaginario comune è il fatto che negli ultimi anni il fumetto stia vivendo la sua epoca d’oro e si stia prendendo i suoi spazi, sia in Italia che all’estero.

Un’arte vera e propria che riempie pagine, che mette in connessione persone e accompagna eventi e manifestazioni e che, da passione prima a lavoro poi, in pochi tratti di inchiostro crea per molti autori storie inaspettate e incredibili quasi al pari di quelle nelle vignette.

Non è un caso che Nicola Gobbi, fumettista marchigiano che vive tra Ancona e Parigi, ex studente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna nonché creatore del logo delle 6000 sardine, non si aspettasse un simile tan-tan del suo logo.

“Sinceramente mai avrei pensato in quella giornata che il movimento sarebbe esploso con una tale deflagrazione e che il mio disegno avrebbe cominciato questo lungo viaggio”, mi racconta.

Lo abbiamo raggiunto e ci siamo fatti dire qualcosa di più su come è nato il tutto.

 

Creando il logo delle sardine sei in qualche modo tornato in città. Cosa ha significato per te essere il creatore del logo di un movimento nato proprio a Bologna?

“Bologna è, e sempre sarà, per me una città molto importante. Sono oramai quasi sette anni che non vivo più sotto i suoi portici ma resto comunque molto legato al capoluogo emiliano. A Bologna ho tanti carissimi amici e amiche e torno spesso in città.

Mi ricordo che quando frequentavo le superiori ad Ancona, scalpitavo all’idea di trasferirmi a Bologna. Bologna era un archetipo, fatto di lotte e creatività, costruitosi durante la magica stagione degli anni ‘70, sogno e miraggio per un giovane adolescente di sinistra e un po’ punk”.

Mi racconta che Bologna è per lui la “Città del fumetto” per antonomasia in Italia. Città di Magnus, Pazienza e molti altri. Ma Bologna è anche dove Nicola ha vissuto per quasi sei anni, ha mosso i suoi primi passi nel mondo del fumetto, ha conosciuto l’hip-hop, stretto legami e vissuto esperienze per lui fondamentali.

“Uno dei miei primi ricordi legati alla città è proprio la grande mostra di Magnus ad una delle primissime edizioni del Bilbolbul, ricordo bene che rimasi estasiato e decisi che avrei dovuto vivere a Bologna. È una parte di me e nonostante la distanza fisica rimarrà sempre una delle mie città. Per questo cerco di mettere a disposizione le mie capacità e partecipare, se pur da lontano, alle battaglie cittadine, cercando di dare il mio modesto contributo a chi s’impegna e lotta per arginare il nulla che avanza”.

Raccontami com’è nata l’idea del logo e la collaborazione con i ragazzi che hanno dato vita al movimento.

“Come spesso accade per queste cose la nostra collaborazione nasce un po’ per caso. Anni fa, durante il mio periodo universitario, conobbi Mattia Santori. Era il mio ultimo anno di Accademia e stavo realizzando il mio primo libro a fumetti. Uno dei miei coinquilini, Tullio, nella nostra splendida casa in Bolognina è un caro amico di Mattia e così ci siamo conosciuti”.

Continua dicendo anche che, quando Mattia e gli altri organizzarono il primo flash mob in Piazza Maggiore, si ritrovarono a pochi giorni dall’evento senza un logo per promuovere la loro pagina Facebook.

“Così pensarono a me, che faccio fumetti da diversi anni. Io mi trovavo ad Ancona quando mi scrisse Tullio girandomi la proposta di Mattia. Da bravo anconetano ho iniziato a borbottare e lamentarmi per la mancanza di tempo, gli serviva un disegno per la mattina stessa, ma poi ho parlato con Mattia che mi ha spiegato un po’ l’iniziativa e l’idea per il disegno. Mi sembrava divertente ed efficace, così ho buttato giù un paio di disegni ed è nato il logo.

Sinceramente mai avrei pensato in quella giornata che il movimento sarebbe esploso con una tale deflagrazione e che il mio disegno avrebbe cominciato questo lungo viaggio”. 

A Bologna sei legato, è il caso di dirlo, anche grazie al centro sociale XM24, dove hai tenuto le tue prime mostre ed esposto i primi progetti di autoproduzione.

 “Sì, XM24 è uno di primi posti che ha conosciuto a Bologna, anche se non ho mai veramente militato al suo interno. Credo fortemente nell’autogestione, nel ridare vita con impegno e creatività a luoghi marginali e abbandonati all’interno delle nostre città, riaprendoli alla cittadinanza e costruendo degli spazi di lavoro e confronto per chi non si sente rappresentato dalla società che lo circonda e si batte per costruire e proporre un’alternativa”.

Mi racconta che a Bologna ha frequentato diversi spazi autogestiti ed è al loro interno che ha avuto le sue prime esperienze con la carta stampata.

“Durante i primi anni di Accademia ho collaborato con una rivisita autoprodotta che si chiamava Burp! – deliri grafico-intestinali, nata fra Accademia e Tpo,  ed è stata un’esperienza molto importante e stimolante per me. Non solo mi ha dato la possibilità di sperimentarmi con delle prime storie e di vedere il mio lavoro stampato su carta, ma anche di conoscere e scoprire molte delle realtà underground bolognesi”.

Da tempo giri l’Italia tenendo laboratori di fumetto e al contempo disegni storie di stampo sociale. L’arte del fumetto può in qualche modo essere input di cambiamento per la società?

“Anni fa con il collettivo di Burp! partecipammo a un libro collettivo a fumetti realizzato da Sherwoodcomix, il titolo era Global warming – Immagini che producono azioni. Ecco direi che il mio modo di interpretare il fumetto può essere riassunto in questo sottotitolo ‘immagini che producono azioni‘”.

Nicola si spiega nel dettaglio dicendomi che con il tempo ha compreso poi che queste azioni non devono per forza essere degli eclatanti atti rivoluzionari, che i fumetti, come l’arte più in generale, difficilmente cambieranno il mondo.

“Anche la semplice azione di prendersi un momento per sé e leggere, ascoltare, guardare una bella storia è già, a mio avviso un atto oggi fondamentale. Il fumetto ci mette poi di fronte alla doppia sfida di leggere sia testo che immagini, compito arduo e non banale che può aiutare a stimolare la nostra creatività ed emotività educando il nostro occhio e il nostro cervello a trovare differenti chiavi di lettura, esercizio fondamentale per cercare di interpretare la nostra complessa realtà quotidiana. Più rivoluzionario di così!”.

Come ogni creativo, immagino che anche tu abbia i tuoi nomi preferiti nel mondo delle vignette.

“Senza dubbio ci sono tanti autori e autrici che mi stimolano e mi emozionano, alcuni per il disegno altri per le storie.

Io sono un amante delle grandi saghe popolari, credo che una buona storia di supereroi, penso a Frank Miller o Alan Moore, o di Tex Willer, sotto la maschera di strumento ricreativo e di evasione, possa avere un impatto importante su di un grande pubblico.

Il fumetto che più rappresenta questo mio pensiero è l’Eternauta di Héctor Oesterheld e Solano Lòpez, ma anche Alak Sinner di Carlos Sampayo e José Muñoz.  Poi ci sono degli autori francesi che amo molto e che vorrei citare, nella speranza che qualcuno li vada a scoprire: Ciryl Pedrosa, David Prudhomme, Micol Hugues, Nicolas de Crécy”.

Toglimi una curiosità: esiste un fumetto che ti piacerebbe aver scritto o un fumettista con cui vorresti tanto collaborare

“Di fumetti che mi piacerebbe aver scritto ce ne sono parecchi, di fumetti che mi piacerebbe disegnare ancora di più. Parlando per assurdo, mi sarebbe piaciuto disegnare la saga di Daredevil – Rinascita scritta da Frank Miller, ma per fortuna l’ha realizzata Mazzuchelli. Uno dei miei sogni fin dall’infanzia è poi quello di disegnare qualche cosa delle Tartarughe ninja.

Per quel che riguarda le collaborazioni, anche qua c’è l’imbarazzo della scelta. Mi ha sempre stimolato l’idea di collaborare con altri disegnatori/disegnatrici per realizzare anche pagine a quattro mani. In Italia abbiamo un sacco di autrici e autori molto bravi ed in gamba e mi rimane difficile ridurre la mia scelta a qualche nome.

Un autore con il quale avrei voluto collaborare, anche se però ormai non è più con noi da diversi anni, è Sergio Toppi. Ricordo di aver passato un pomeriggio a guardarlo disegnare in Salaborsa a Bologna una volta, è stata un’esperienza unica”. 

Parlando di esperienze, il fenomeno delle sardine poco tempo fa ti ha anche fatto approdare come ospite a Propaganda Live su La7, dove hai disegnato una sardina in diretta e ricevuto i complimenti anche dal fumettista Makkox. Mica roba che capita tutti i giorni, insomma.

“L’esperienza a Propaganda è stata molto divertente ed emozionante. Sono un fan del programma sin dai tempi di Gazebo ed è dunque è stata una grande sorpresa ed emozione poter fare una comparsata. I complimenti di Makkox sono poi stati veramente eccezionali per me.

È stata un’esperienza abbastanza surreale e spassosa, devo dire che sono stati tutti estremante affabili ed accoglienti.

Quella sensazione di genuinità e convivialità che si coglie guardando la trasmissione posso confermare che si respira anche in studio, e penso sia questo che ha fatto la fortuna del programma”.

Dopo le sardine, quali altri progetti ti aspettano?

“In primavera uscirà l’edizione italiana di Rouge passé, il libro che ho realizzato l’anno scorso in Francia con Steinkis Editions. Al momento sto lavorando al mio nuovo libro a fumetti, sempre per la francese Steinkis, Tropiques toxiques un reportage sull’inquinamento dovuto ai pesticidi che sta martoriando la Guadalupe e la Martinique”.

 

Dicevamo che Nicola non si aspettava che il suo disegno avrebbe cominciato questo lungo viaggio.

E infatti anche Viola Dressino, originaria di Savona e coordinatrice delle sardine olandesi, di stanza ad Amsterdam da ormai due anni, mi racconta un altro tassello della storia del viaggio.

“Ad Amsterdam, il 30 novembre, siamo scesi per la prima volta in piazza in qualità di sardine olandesi, eravamo una delle prime città fuori dall’Italia. Da lì è nata la mia idea di disegnare le sardine di Amsterdam, che rappresentassero la mia città, infatti al suo interno vi è un tulipano e le classiche casette olandesi”.

Sin dall’inizio la comunicazione tra i diversi gruppi di sardine nati in Europa è stata forte e fondamentale, a tal punto da far ricevere a Viola richieste da più parti dell’Europa e del mondo.

“Così che dopo poco mi è stato chiesto di disegnare le sardine del Belgio, Londra, Savona e Torino. Dopo queste prime, le richieste di sardine personalizzate sono aumentate insieme ai gruppi di sardine in tutte le capitali europee” mi racconta entusiasta Viola.

Ad oggi, Viola ha disegnato a mano una trentina di sardine: da quella di Amsterdam, Barcellona, Belgio, Berlino, Biella, Bologna, Bordeaux, Cosenza, Dresda, Dublino, Lisbona, Londra, Madrid fino a quelle Manchester, Monaco, New York, Parigi, Roma, Savona, Stoccolma, Svizzera, Torino, Varsavia, Vienna, più la sardina di Natale, del nuovo anno ed Europea. In fase di ultimi ritocchi sono quelle di Helsinki, Francoforte ed Edimburgo.

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