Chi non sa di che materiale sono fatti non indovinerebbe mai di cosa si tratta.
Orecchini, pendenti, anelli, spille e collane con inserti traforati e incastonati. I gioielli dell’ultima collezione di Lefil, Riciclo Glamour, sono in ottone e… in cd!
Cristina Benedetti, anima di Lefil, è di una bellezza dal sapore esotico di mondi lontani; spontanea e appassionata come quando si hanno 22 anni. Mente sempre attiva e voglia di fare, “corro come una matta”, mi dice sorridendo: fa il pane, fa lo yogurt, costruisce gli arredi del suo laboratorio e realizza gioielli, anzi “gioie”, come le chiama lei. “Il termine me l’ha passato la mia insegnante, orafa di Roma che mi ha ospitato per un mese a bottega e che considera gioielli solo quelli in oro. Per me invece il gioiello è qualsiasi ornamento per il corpo, indipendentemente dal materiale. E poi per me i gioielli sono una gioia, nel vero senso del termine!”.
Crea gioielli da quando era bambina, sperimentando varie tecniche e affinando il gusto con il passare degli anni. Finito il liceo ha deciso di farne una professione.
“Ho il pallino dell’ecologia e del riciclo, lo applicavo già da tempo ai packaging, ma non mi sembrava sufficiente. Così è nata l’idea di riutilizzare i cd-rom. Lavorarli è uno sbattimento: il lato inciso è ricoperto da una pellicina finissima che non bisogna rompere al momento del traforo, ma il riflesso che hanno è meraviglioso”.
Quando la contatto per l’intervista mi invita a casa sua, dove vive e lavora. Il laboratorio è al piano di sopra, due finestre aperte lasciano entrare la luce calda del tardo pomeriggio.
Le chiedo di aiutarmi a immaginarla al lavoro.
Si siede alla postazione e accompagnando le parole coi gesti mi spiega: “Per partire occorrono un po’ di pinze, lima, seghetto, calibro, martello e lo stocco essenziale” (È il cuneo in legno, fissato al tavolo, su cui lavorare.) “Poi quando si comincia a lavorare a caldo occorrono altre cose: saldatrice, piano per saldare, altre pinze… Mi piace costruirmi tutto, anche gli strumenti di lavoro, mi faccio anche le punte per il trapano, se riesco; da una vecchia spazzola ho ricavato un carteggiatore. Riciclo e sono soddisfazioni”.
Odori?
“Più che altro puzze!”.
Musica?
“Tutto il giorno! Soprattutto strumentale e soprattutto jazz, è caloroso, introspettivo, improvvisato. In realtà mi piace tutta la musica, tranne la trap, quella è davvero difficile”.
Le chiedo di raccontarmi Lefil.
“Nasce circa due anni fa, ho pensato tanto al nome da scegliere, la linea è per me un elemento fondamentale perché minimale ed essenziale. È quella che traccio con la matita mentre disegno, ma anche il filo di ottone che lavoro. Da lì Lefil, in francese perché è più carino”.
Come descriveresti i gioielli che crei?
“Eleganti ma allo stesso tempo divertenti, grazie ai colori delle pietre dure che utilizzo. Semplici, con linee pulite, ma particolari e riconoscibili. La sfida è quella di distinguersi: sono sempre alla ricerca di qualcosa di diverso, che sia anche accessibile e portabile da tutti e che allo stesso tempo mi rispecchi”.
Gli elementi ricorrenti?
“Forellini, onde e tagli allargati. Poi i materiali: l’ottone, materiale povero ma con un’ottima resa e accessibile a tutti; argento e pietre dure. Nel momento in cui ho scelto di rendere il progetto più professionale ho scremato i materiali utilizzati per rendere la produzione più omogenea. Era il dubbio di Riciclo Glamour, avevo paura che si differenziasse troppo dal resto”.
Personalmente penso non sia affatto così. E che sia l’aspetto più riuscito della collezione.
Raccontaci delle tue collezioni.
“Comincio a disegnare finché non viene fuori qualcosa e inizio a produrre per verificare se funziona. Una delle serie a cui tengo di più sono gli orecchini ‘Con o senza’: si compongono di una parte fissa e di elementi pendenti; si trasformano, si possono comporre oppure utilizzare anche singolarmente. Passo periodi in cui produco cose semplicissime, ad altri in cui mi complico la vita: mi piace mettermi alla prova”.
Mi mostra il ciondolo-spilla-scatolina ispirata a due dipinti di Alexander Calder, Balloons, 1973 e Red and Blue sphere, 1966. La scatolina può essere lasciata chiusa o aperta, e può essere indossata come spilla o come ciondolo. I “balloons” qui sono pietre dure.
“Questo è stato un pezzettone! Quando il periodo è più tranquillo riesco a farmi ispirare e vengono fuori progetti più complicati, anche da vendere. È difficile trasmettere alle persone il lavoro e la ricerca che c’è dietro, soprattutto ora che sono più abituate a trovare in giro oggetti che costano pochissimo. Ma ho notato che la mentalità sta un po’ cambiando”.
Progetti nel cassetto?
“Approfondire le scatoline, continuare a imparare e far crescere Lefil, renderlo un progetto con una sua ossatura bella forte. Aprire un negozio? Non so, mi piace l’idea di girare per i mercatini, conoscere gente. Il mio sogno però è quello di collaborare con qualcuno nell’ambito della moda.
Cerco sempre di fare cose nuove, non so cosa diventerà Lefil, seguo la sua evoluzione, a partire dagli incontri che nascono, come il nostro di oggi. Mi lascio trasportare, ma senza perdere di vista il lavoro. È quello che ti dà credibilità. Sono un po’ stacanovista e mi piace meritarmi quello che faccio. Se ci si dà da fare si verrà sempre ripagati”.
Oltre che della produzione Cristina di occupa anche del packaging (ideazione e realizzazione), delle fotografie (come fotografa e come modella, “per comodità”), dei social network e della parte commerciale.
Le creazioni di Lefil si possono trovare su Etsy, Facebook e Instagram; oppure nei mercatini di design autoprodotto a Bologna e in Italia.
I prossimi sono:
4-5 maggio Wunder Mrkt a Milano,
25-26 maggio We Art Market a Bologna
1-2 / 29-30 giugno
7-8 settembre Capsula a Bologna
Condividi questo articolo