Design & Moda

L’arte dei momenti. Retrobottega, il laboratorio orafo popolare della Bolognina

24-03-2025

Di Michele Zacchini
Foto di Marco Cipressi

Giorni fa ho scambiato alcune parole con Federico Stefani, bolognese classe ’96 che da poco più di un anno cura il progetto di Retrobottega insieme agli altri soci e collaboratori. Il laboratorio orafo popolare nato meno di due anni fa è ora aperto dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 19. Affitta banchetti per progetti personali, offre spazi per le esposizioni e cura una vasta gamma di workshop per principianti e curiosi. Ho avuto la fortuna, anche grazie al passaparola di un paio di amici, di trovare questo piccolo angolo artigianale nascosto tra i palazzoni del quartiere Bolognina e ho voluto subito saperne di più, diffonderne la voce e farlo conoscere a più persone possibile. Perché Retrobottega, da quello che intuisco mentre parlo con Federico, va ben oltre le quattro mura di quel laboratorio in via Mascherino dove tutto è cominciato: è una guida, una scoperta e una speranza per un mondo tanto difficile da esplorare quanto affascinante da conoscere.

Federico Stefani e il socio Federico Casini, foto di Marco Cipressi

Partiamo proprio dal nome che avete scelto, perché qui il posto è molto particolare, avete quasi ricreato una bottega da lavoro in uno spazio più accogliente ed estetico: come nasce e come funziona il vostro “laboratorio popolare”?

Retrobottega nasce nel dicembre 2023 come associazione culturale no-profit, aperta all’affitto di banchetti, workshop ed esposizioni. Io ho iniziato dapprima avvicinandomi alla musica, poi nel 2021 ho deciso di buttarmi un po’ alla cieca nel mondo dell’oreficeria e mi sono trasferito a Roma, dove ho studiato all’Accademia delle Arti Orafe. Proprio tastando con mano le difficoltà con cui solitamente ci si approccia a questa disciplina artistica, mi sono reso conto che nella mia città mancasse lo stimolo, che Bologna avesse bisogno di una qualche istituzione che spingesse a conoscere l’oreficeria. Tornato a casa ho trovato, tra amici e conoscenze, altre cinque persone che la pensavano come me e con cui ho dato il via al progetto. Inizialmente avevamo solo qualche banchetto da offrire in affitto, ma ora ci siamo allargati anche a livello di servizi e risorse: qui a Retrobottega chiunque può venire a praticare e imparare l’arte orafa nei nostri workshop, o anche solo impegnare un pomeriggio con un’attività diversa e originale, o ancora venire a vedere le mostre che regolarmente esponiamo in lab. L’obiettivo è offrire quella mano che anni fa avrei tanto sperato offrissero a me, per rendere partecipi più persone possibili e mostrare loro che la strada dell’oreficeria ha un punto di partenza, e che quel punto siamo noi.

Intanto ci ha raggiunti un altro socio bolognese, Federico Casini, anche lui attualmente impegnato a Roma. I due orefici mi propongono un piccolo workshop improvvisato e io ovviamente accetto di buon grado. Fondiamo quindi un lingotto di argento 925, precedentemente calcolato per contenere le corrette parti di metallo, dopodiché me lo fanno martellare per rimuovere le tracce di sale borace utilizzato come antiossidante nel processo di fusione. Nel frattempo, continuo a parlare.

La ricottura, foto di Marco Cipressi

Federico, cosa significa per te fare oreficeria, quali sono i valori che ti affascinano e che cerchi di comunicare a chi viene in laboratorio?

Come ti ho detto, arrivando dalla musica, sicuramente ho un’innata propensione verso l’espressione creativa e in generale mi piace tenere le mani occupate, apprezzo la dimensione del lavoro manuale in ogni sua sfaccettatura. Scoprendo col tempo le potenzialità e i segreti dell’oreficeria, ho capito che la forza di quest’arte risiede nella cura di cui ha bisogno ogni singola fase del processo: è necessario impegnarsi e apprezzare ogni momento, ponderare ciascuna azione con la massima attenzione e dedicarvici le migliori intenzioni e una dedizione resiliente, approcciando ciascun passaggio come se fosse l’obiettivo ultimo, con la convinzione che sia il più importante nel processo creativo e realizzativo. È un mantra applicabile anche al nostro quotidiano, un mind-set di vita da seguire. Prendo sempre come esempio la ricottura, una fase del processo orafo apparentemente secondaria, talvolta lenta e pesante, ma che, se realizzata con la medesima cura degli altri istanti, contribuisce non poco alla realizzazione di un ottimo gioiello. Penso che il bravo orafo sia colui che sblocca il cervello prima delle mani e che l’oreficeria sia una questione più di attitudine che di talento. A Retrobottega cerchiamo di comunicare questo messaggio, sperando di crescere orafi esperti, pazienti e attenti, insomma appassionati.

Il nostro collaboratore Michele Zacchini al lavoro con Federico Casini, foto di Marco Cipressi

Per ottenere la lastra madre passo l’argento al laminatoio e poi limo e spiano i lati della stessa, sperimentando con mano la fatica e la cura di cui mi ha parlato Federico e che contraddistingue un lavoro manuale di questo calibro. Piano a piano l’anello prende vita, soprattutto dopo aver piegato l’argento e fatto combaciare le estremità.

Poi gli chiedo quale posizione assume Retrobottega nei confronti delle difficoltà logistiche e degli ostacoli strutturali a cui un giovane principiante deve far fronte se vuole iniziare un percorso simile.

Come ti ho detto abbiamo fondato questa associazione in un’ottica di assistenza, vogliamo essere l’alternativa che qui a Bologna ancora mancava. È giusto che ogni aspirante orafo abbia la possibilità di approcciare a questo mondo e ci rendiamo conto che una carriera simile sia particolarmente inaccessibile. D’altra parte non possiamo ignorare i tempi che corrono, velocissimi: quando c’è una cultura, inevitabilmente si sviluppa una controcultura e noi vogliamo essere proprio questo, ma in un contesto di convivialità e compromesso, consapevoli dei tempi moderni in cui ci troviamo e dei mezzi che abbiamo a disposizione. Un altro aspetto fondamentale di cui tener conto è l’educazione alla creatività e al lavoro manuale: Retrobottega ha già collaborato in dei workshop, per esempio, con i giovanissimi del Creativity Garden di Pianoro, un progetto formativo alternativo che nasce proprio allo scopo di arricchire l’esperienza educativa dei bambini e delle bambine già in tenera età.

Non sono solo questi gli aspetti di cui tener conto in un mondo del genere. Come ti poni riguardo al dibattito sull’estrazione e lo sfruttamento di risorse umane e ambientali? Cosa pensi dell’industria e della produzione orafa sintetica?

Questo è un argomento spesso trattato anche tra di noi e a cui purtroppo è complicato venire a capo. Non è un segreto che il fenomeno delle estrazioni abbia raggiunto livelli catastrofici, portando al collasso interi territori naturali e popolazioni spesso emarginate: sfruttamento dei terreni, schiavitù, inquinamento da mercurio e iperproduzione sono solo alcuni degli aspetti critici che accomunano Congo, Perù, Israele e decine di altri Paesi in giro per il mondo. Per quanto riguarda la nostra realtà purtroppo i limiti sono imposti da un mercato poco sostenibile e da risorse sempre più monopolizzate o di dubbia provenienza. Specialmente nel caso dell’argento, ad oggi non esistono istituti che assicurino il fare-trade come è in uso invece per quanto riguarda l’oro, nonostante anche in quel caso la maggior parte del materiale derivi dal mercato nero e quindi dall’estrazione illecita. Qui a Retrobottega nel nostro piccolo proviamo a combattere queste problematiche, per esempio, trattando solo oro riciclato, ossia fuso da gioielli preesistenti. La mia personalissima visione delle cose è che il sintetico non dovrebbe essere denigrato, anzi penso proprio che possa essere una valida alternativa per limitare danni ormai irreparabili. Alla fine si maneggia la medesima pietra, composta dalla medesima struttura chimica, ma semplicemente realizzata in laboratorio: addirittura le tecnologie più moderne permettono di replicare ogni spettro di imperfezione o infiltrazione naturale della pietra, tanto che risulta sempre più difficile riconoscerne una naturale da una sintetica, per lo meno alla vista. Altri colleghi la pensano in maniera diversa e il dibattito è tutt’ora aperto, ma io per le motivazioni che ti ho spiegato dico loro “perchè no?”.

La lima, foto di Marco Cipressi

L’intervista sta prendendo forma, e con essa anche la mia piccola creazione. È tempo di volgere entrambe a una conclusione.

Domanda di rito finale, ma della cui risposta sono molto curioso: avete in mente progetti futuri, collaborazioni, magari un’espansione? Che stampo volete assuma Retrobottega?

Vogliamo che più gente possibile si renda conto del valore dell’oreficeria e per questo sicuramente dovremo espanderci, magari distaccando varie sedi tra Bologna e dintorni. Un passo importante che aumenterebbe le potenzialità del progetto è la collaborazione con il Comune di Bologna, per avere spazi nuovi e finanziamenti esterni. Prima però è necessario consolidare la nostra identità e far girare il più possibile la voce che l’oreficeria è una strada: ci piacerebbe organizzare eventi e workshop in collaborazione con enti di riabilitazione sociale, carceri, ma anche scuole e accademie. È importante anche unirsi ad altri marchi in collaborazioni concettuali, che portino avanti un messaggio comune e che sposino la nostra “filosofia orafa”. In generale vogliamo incentivare l’arte creativa e manuale, in ogni sua forma e bellezza.

Il nostro collaboratore Michele Zacchini alle prese con il “cavaliere”, foto di Marco Cipressi

Mentre concludevo l’intervista a malapena mi sono accorto che anche il gioiello era ormai pronto. Avendogli conferito una forma quantomeno circolare grazie all’ausilio del “cavaliere”, sono bastati due ritocchi in fase di rifinitura e lucidatura per conferire all’anello una texture e un aspetto niente male, anche se, ad onor del vero, non si è infilato in nessuna delle nostre dita, probabilmente per un errore in fase di fusione.

Quello che sembra un piccolo esperimento sulle soglie del fallimento è stato in realtà un modo per capire a pieno la dimensione dell’orefice: gli ostacoli e gli errori, come nella vita, sono solamente inevitabili momenti del percorso e parte del bagaglio culturale di ognuno di noi.

E comunque nel mignolino di mia sorella (8 anni) l’anello è entrato, quindi per me questa conta come una vittoria.

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