La letteratura transfemminista diventa una collezione di moda streetwear e di storie illustrate nel nome della sostenibilità. Ogni pezzo è unico. E racconta una storia intergenerazionale di creatività, competenze e riscatto.
Sabato 3 dicembre al DAS (Dispositivo Arti Sperimentali) Freewear Academy ha presentato Sciame, una collezione di abiti e accessori in edizione limitata progettata da 12 ragazze dell’IPSAS Aldrovandi Rubbiani di Bologna, con il coordinamento creativo di Ksenjia Savicevic di Etikwear e Baumhaus. La sfilata è stata curata dalla artista e performer Eva Geatti.
Dopo la prima edizione di Freewear che portò alla realizzazione di Bswitch, collezione gender neutral e inclusiva ispirata alla Bolognina, oggi il nuovo progetto si chiama Le parole di tuttз, e vede il finanziamento del bando Insieme per la Scuola della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
Tutto è partito dalla scelta di sei parole a partire dalla lettura di alcuni testi appartenenti alla letteratura transfemminista, selezionati appositamente dal Patto per la Lettura, rete che ha lo scopo di incoraggiare la lettura in tutte le sue forme, e dal Progetto Alice, che promuove il rispetto delle differenze di genere all’interno dell’educazione.
I termini selezionati sono stati il primo spunto dal quale partire per la creazione dei capi. Anna Romani, cofondatrice di Baumhaus, mi ha rivelato che questa parte del lavoro è stata fondamentale anche per decidere il nome della collezione. «Dopo aver letto i testi della letteratura, abbiamo anche letto questa poesia che si chiama Lo sciame di Jeannan Verlee, che è stato uno dei brani che ha colpito di più le ragazze. C’è poi l’idea dello sciame come collettivo di tante piccole parti che si muovono insieme per un obiettivo comune».
Protagoniste di tutto il processo sono state senza dubbio le studentesse. «Non cercavamo delle esperte ma persone in formazione. – mi ha riferito Anna – Grazie a questa collaborazione abbiamo potuto costruire in sinergia, connettere e valorizzare la spinta creativa delle ragazze insieme a professionisti ed attivisti che potessero aiutarle a mettere a fuoco le loro idee». In effetti, il loro è stato un vero e proprio percorso di formazione, grazie all’intervento dell’antropologa Nicoletta Landi e della ricercatrice Giulia Selmi del Progetto Alice. Ad aiutarle a raccontare le loro storie è stata poi la fumettista Martina Sarritzu, grazie alla quale le ragazze hanno pensato alla collezione ispirandosi sia ai racconti emersi durante i laboratori, sia prendendo ispirazione dai fatti di cronaca e dall’esperienza personale dell’autrice.
Tutti questi piccoli pezzi di vita si sono concretizzati anche in una collezione di storie illustrate, edite da Canicola edizioni. Le studentesse hanno avuto un ruolo attivo anche nella costruzione dell’evento e nella scelta dei prezzi di vendita.
Persino le musiche che hanno accompagnato la sfilata volevano lanciare un messaggio preciso: Lizzo, Rosalia, Beyoncé… «Rappresentavano un po’ il mood che volevamo comunicare, – mi ha detto Anna – di presa bene, visto che era un po’ una festa! Volevamo anche trasmettere l’idea di un’occasione di festa e mandare un messaggio attraverso qualcosa di giocoso, divertente e piacevole».
Grazie alla collaborazione con la cooperativa Gomito a Gomito, tutti gli abiti e gli accessori sono stati realizzati dalle donne detenute nella sezione femminile della Casa Circondariale della Dozza. «Una di loro è riuscita a venire all’evento e l’abbiamo conosciuta… È stato bellissimo!» mi ha rivelato Anna. Durante i loro incontri, inoltre, le ragazze hanno avuto modo di conoscere sia la sarta sia le volontarie del laboratorio.
Una delle parole chiave del progetto è proprio sostenibilità. «Abbiamo approfondito la differenza tra fast fashion e una moda che ragionasse in ottica di sostenibilità» afferma Anna. I tessuti dei capi, infatti, provengono tutti dalle rimanenze delle aziende di moda del territorio. In un mondo governato dalla velocità e da un’etica che, al fine di ottenere (e guadagnare) tanto in poco tempo, non si cura troppo della cura dell’ambiente, le studentesse hanno pensato a dei capi che verranno prodotti solo nel caso in cui avranno la certezza che verranno venduti. Da qui, la scelta di realizzare concretamente solo quello che verrà ordinato.
I capi della collezione sono acquistabili sullo shop online di Gomito a gomito. Pezzi unici, il cui ricavato sarà devoluto alle attività della sartoria sociale della Casa Circondariale della Dozza.
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