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Una sola canzone e Sanremo chiama. Fosco17: “Racconto storie che abbiamo vissuto in tanti”

19-12-2018

Di Beatrice Belletti

Gli è bastata una sola canzone per salire sul palco del Teatro del Casinò.

Fosco17, all’anagrafe Luca Jacoboni, rappresenterà Bologna nell’edizione 2018 di Sanremo Giovani, in diretta su Rai 1 il 20 e 21 dicembre.

Tra i 24 finalisti di questa edizione Luca ci è arrivato con la ballad pop Dicembre, già disponibile su Spotify, la prima canzone scritta e pubblicata come Fosco17 e con la quale si è presentato in gara. “Una banale canzone d’amore, ma è qualcosa che abbiamo vissuto in tanti. – spiega – Racconto le sfighe relative e non sempre autobiografiche. Sono un ragazzo normo-fortunato, cresciuto con una famiglia che mi vuole bene e non mi ha mai fatto mancare nulla”.

Foto di Lorenzo Pardi

Luca non è nuovo però sulla scena musicale, ma è di casa tra Covo Club e Locomotiv. “L’underground, i concerti e i gruppi di Bologna sono sempre stati parte dei miei venerdì e sabati sera” dice. Precedenti progetti l’hanno visto invece coinvolto ne Le Ceneri e i Monomi e dal 2012 collabora con Radio Città del Capo.

Appena arrivato Sanremo, l’abbiamo raggiunto al telefono.

Dov’eri quando Baglioni ha annunciato il tuo nome tra i finalisti? Sei caduto dalla sedia?

“Ero a fare colazione con il mio produttore Michele Zocca e altri amici in un bar sperduto di Vescovado, venivo da tre ore di sonno perché avevo girato la notte stessa il video della canzone. Prendo tutto con grande gioia ma in realtà sono contenuto, non esterno molto questi sentimenti, forse perché è qualcosa di talmente grosso che non mi sono resoconto di ciò che stava succedendo”.

Gli chiedo come stanno andando i primi giorni a Sanremo, tra gli impegni con la Rai, le prove e probabilmente un po’ di tensione. “Sono concentrato – dice – ma c’è un bel tempo e c’è il mare… è tutto più facile con il mare”.

Parliamo di Dicembre, è una ballata che parla di stare nel momento e d’amore. E allora parliamo d’amore, che cos’è il romanticismo per te?

“Una parola difficilissima. Dicembre è una banalissima canzone d’amore, descrive una situazione che è quasi un cliché, parla di qualcosa che abbiamo vissuto tutti. Credo sia la sua semplicità che magari riesce ad arrivare di più, rispetto a qualcosa che se fosse troppo strano non arriverebbe nello stesso modo”.

L’immagine con cui ha annunciato l’arrivo del suo singolo “Dicembre” su Spotify

La canzone l’avevi già scritta prima?

“Si, poco più di un anno fa, di fatto è la prima di Fosco17 in quanto tale. Prima erano state tante le canzoni che avevo scritto e cestinato come un esercizio di stile, per riuscire ad identificarmi musicalmente, a inquadrare quelle che sono le mie influenze musicali che volevo risentire nella mia musica. Perché comunque è importante che non sia solo qualcosa di autoreferenziale, che ci sia al contempo me e la musica che mi piace ascoltare”.

Fosco17  è “pop-sintetico”. “Le influenze underground vanno dalla musica degli anni zero ad adesso, si è evoluta ed io con lei. Agli inizi ero super amante di gruppi come gli Zen Circus, poi ho cambiato gli ascolti fino a I Cani. E oltre alle influenze alternative c’è anche un substrato di musica mainstream che ho sempre ascoltato, sono cresciuto con quella e l’una non esclude l’altra”.

Allora perché odi la parola indie?

“Lo dico in maniera un po’ provocatoria! Perché c’è questa esplosione mediatica della parola indie ed è difficile da usare su di me. Secondo me si può fare musica alternativa senza chiamarla indie e sentirsi fighi perché si fa indie”.

Esordisce in radio alle superiori, e nel corso degli anni passa alla conduzione più strutturata di programmi giornalieri fino a Cotton Fioc, in onda su Radio Città del Capo, affiancato da Luca Lovisetto. “Bello soprattutto dal lato umano. – racconta – Mi ha dato più cognizione di causa, Luca è molto bravo in quella che è l’informazione musicale”.

Foto di Lorenzo Pardi

Come ha influenzato la radio il tuo modo di fare musica?

“Paradossalmente lavorare in radio è il modo migliore per ascoltare meno di prima. Quando diventa un lavoro perde un po’ il lato del piacere. Lo stesso vale facendo un disco, sei concentrato sulla tua musica, si tende a cercare termini di paragone e non fa bene perché a quel punto si rischia di diventare derivativi che è secondo me la cosa peggiore che possa capitare”.

Luca dice di essere uno che si “affeziona agli album” e di non avere più il rapporto da fan idolatrante che aveva da piccolo. “In realtà è sempre bello ascoltare musica degli altri, anche più della propria” ma è più un ascolto distratto “per evitare di giudicarle a livello tecnico e goderne a livello musicale. Ma Jovanotti rimane Jovanotti. Safari, senza se e senza ma, è l’album della vita”.

Mi cita anche Non al denaro non all’amore né al cielo di De André e Lampo viaggiatore di Fossati, poi parlando del processo di scrittura la definisce “un’urgenza espressiva. Mi piace scrivere di cose semplici, non banali. – spiega – Bisognerebbe sempre stare in uno stato mentale per scrivere solo nel momento in cui senti veramente di farlo, non dipendendo solo dalla volontà di farlo. C’è una differenza di intento abissale”.

Chiacchierando di scena musicale e talent mi dice che la trap lo gasa tantissimo ed è “culturalmente quello che è stato 20 anni fa l’emo-punkrock dei Green Day. La musica in Italia la si può dividere in due grandi categorie, come in fin dei conti è sempre stato. – continua – Autori ed interpreti. I talent forgiano interpreti e sono scorciatoie, in termini di repentina visibilità. Non c’è nulla di sbagliato, non trovo concettualmente aberrante pensare alla musica come intrattenimento”.

Sanremo è un punto di partenza per Luca, classe ’95 e con dietro già un entourage (Trident Music, Virgin Records/Universal Italia, BPM Concerti, Collettivo Hmcf).

Cosa farai dopo?

“Prima di tutto vado in vacanza! Poi si inizia a pedalare, a divertirsi, ci sono tante idee, tanti progetti”. Tra cui un album di 12 tracce che racconta di “situazioni che abbiamo vissuto tutti” ed è ancora top-secret. “Inizia il lavoro vero per far sì che questo disco non sia l’unico- dice-. Vorrei fare in carriera più dischi di Jovanotti, se a 50 anni me la vedo male, inizio a pubblicarne al mese!”.

“Nato sotto i portici di Bologna”, il tuo angolo preferito di città è il quartiere Saragozza. Dove ti si può avvistare?

“Al Pratello sicuramente, dove vuoi che vada?” (Ride)

A bere birra e rimanere al verde?

“In realtà preferisco il vino e speriamo non al verde, dai!”.

Gli chiedo di mandarci un selfie in diretta da Sanremo. Eccolo qua, con vista mare, come promesso.

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