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365 giorni di sfoghi e confessioni. Con “Rimasugli” le scritte sui muri diventano un calendario

03-12-2018

Di Silvia Santachiara

Pensieri lasciati di getto in un pomeriggio qualunque, frasi (forse!) mai dette, esami andati male, messaggi d’amore o di rabbia. Ma anche orgoglio, delusione, sogni rimasti aggrappati all’intonaco.

Sono le scritte lasciate sui muri di Bologna, tracce del passaggio di qualcuno, di agio e disagio, di intimità, di istanti; frasi che Leonardo Vicari, 39 anni, giornalista bolognese, ha raccolto prima nel progetto social Rimasugli, un archivio unico nel suo genere composto da scatti selezionati che raccontano la città attraverso le parole di chi la vive e – sì – la imbratta. Di seguito è arrivato un libro, Rimasugli. Bologna sboccia sui muri (Giraldi Editore), e oggi un omonimo calendario tascabile per il 2019.

365 muri di sfoghi, confidenze, quotidianità. Piccole storie, che ci riguardano tutti.

Ha un profilo Instagram con quasi 10mila follower, e una pagina Facebook partita con 1 like, il suo, e che oggi ne conta oltre 1900; non appoggia chi imbratta, precisa di non essere né fotografo né sociologo. È un lettore, ogni tanto scrive pure, ma non lo ha mai fatto su un muro.

Da dove è partito tutto?

“Una domenica pomeriggio da solo in centro. Avevo da poco conosciuto una persona e proprio su un muro vicino a casa mia c’era scritto il suo nome. Gli ho scattato un paio di foto con lo smartphone e lì mi sono accorto di quante scritte sui muri siano troppo precipitosamente scambiate per tag o scarabocchi, di quante nicchie di pensiero giacciano incalcolate, di quante persone avevano perso imprudentemente tempo per mettersi a scrivere una riflessione che probabilmente non sarebbe stata letta da nessuno. Un bisogno di espressione forte, che va oltre la legalità e gli strumenti già a disposizione come i social, i forum, le chat, per non parlare della voce o del rapporto diretto… Ho iniziato a scattare foto su foto. Era ottobre 2011”.

Poi è diventato un libro e oggi un calendario. Ce ne parli? Dove possiamo trovarlo?

“Il libro è stato un colpo di fulmine con la casa editrice. Due mi avevano rifiutato, quasi deriso l’idea. Pazienza, chi ero io per insegnare loro che poteva uscire un buon prodotto? Avevo già allestito diverse esposizioni di quadretti ricavati dalle foto alle scritte, con cui ho girato alcuni locali prima di fissarmi all’Altotasso di P.zza San Francesco, e mi bastava. Facebook cresceva, interagivo con gli utenti, me la spassavo. Intanto conosco una collega, agghindata da angioletto in realtà diabolica (tu) che mi introduce alla Giraldi Editore.

Passano tre mesi, mi chiamano e rispondo antipatico e poco convinto… senza accorgercene, quattro minuti ed eravamo d’accordo su tutto! Col tempo apro l’account Instagram che mi stupisce di giorno in giorno, l’archivio intanto tocca i duemila ‘soggetti’ e mi viene il tarlo del calendario. Una roba che mi immagino di fianco al dentifricio, piccolo, scanzonato e scanzonatorio, goffo e irriverente: se giri la copertina sta in piedi da solo e ti parla (ma anche no!) della giornata che ti aspetta! È a strappo, con fogli (giorni) da conservare, stracciare, regalare a proprio piacimento. Si trova in libreria, alcune tabaccherie, edicole e sul web: www.giraldieditore.it e Amazon”.

Il nome, Rimasugli.

“Perché una parte di città legittimamente generalizza con un ‘guarda che schifo’ ma così facendo non si sofferma sul contenuto, su quello che c’è scritto. Considera queste scritte a prescindere un lascito sgradito, qualcosa di poco conto, perdendo talvolta l’eventualità di spenderci un pensiero o farsi una risata. Ho voluto dare una piccola attenuante a questi piccoli ma così percettibili reati, leggendoli anche come tracce di un passaggio, di una necessità, di un attimo di entusiasmo o più probabilmente di tormento”.

Cosa raccontano di Bologna?

“Raccontano tutto, che è bella come una mattina di acqua cristallina ma anche che fa cagare. Estremi che la rendono affascinante, viva, una Bologna non stritolata dalla cravatta dei luoghi comuni. Si leggono scritte più acerbe, giovanili e passionali, anche di disappunto generico accanto a robe invece molto profonde. Se non ci fosse stata questa discrasia dopo una settimana mi sarei fermato. Non mi interessava fare una raccolta di volgarità o di poesie. Ci sono invece così tanti colori, toni, gradazioni e livelli di istruzione che non vengono colti se non ci si sofferma a leggerle”.

Bologna più di altre città?

“Credo sia una caratteristica della nostra il fatto di avere tanta mescolanza socioculturale così concentrata. Poi in altre è più difficile materialmente. Imbrattare non c’è bisogna che sia io a ribadire che è un reato, ma qui ci sono le colonne che ti coprono, i portici che ti danno tanta ‘disponibilità’ di spazio, ampie aree pedonali, tanta vita notturna…”.

I temi ricorrenti?

“Dall’amore agli esami, dal fallimento alla rivalsa, poi la fattanza, la rassegnazione, e l’illusione. Che finché c’è, un po’ ci aiuta a vivere meglio dai! Non è comunque il caso di catalogarle in maniera rigida perché ognuno da ogni parola può essere colpito in modo diverso in base alla propria storia. Certo il tema del rapporto con sé e con gli altri, sviscerato in tutti i ‘gusti’ possibili, è sicuramente predominante”.

Ne hai escluso a priori qualcuno, di temi?

“Assolutamente. Rimasugli è svago, è ironia, è sarcasmo, è beffa, mai odio. Lo sport, la politica e gli insulti alle forze dell’ordine sono troppo delicati e divisivi. Oltre all’emergenza abitativa, che è roba seria e come tale va contestualizzata”.

Parliamo del fronte legalità…

“Giusto multare, sensibilizzare, punire e riverniciare; onestamente capisco poco il drammatizzare, lo sbraitare, ma so che è un terreno mediaticamente molto bollente e appuntito sul quale è facilissimo farsi fraintendere. Bologna ha sempre saputo fermarsi un attimo prima di prendersi troppo sul serio, è brontolona ma non permalosa, e in questi anni tranne una volta mi sono sempre imbattuto in persone che hanno capito lo spirito e la portata di Rimasugli.

Tranne una volta sola, e fu un errore mio: concessi un’intervista, chiusi con una battuta e ritenni ovvio venisse presa per tale… con i social non si possono commettere certe leggerezze, certe ‘confidenze’, perchè mancano una serie di filtri essenziali. E quando dai qualcosa di tuo non puoi lamentarti, poi, di come verrà usata sia dai colleghi, e recepita dai fruitori/utenti. Fu antipatico essere presentato come ‘il giornalista controcorrente’ per una roba così lieve e serena come questo calendario, ma  è acqua passata velocemente. D’altronde a Bologna sappiamo ancora curiosarci, scoprirci e accettarci: è forse uno dei segreti per cui in tanti la scelgono”.

 

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