Flavio, Miguel, José, Giorgia, Floriana non sono attori professionisti. A dire la verità, non sono nemmeno attori amatoriali.
Flavio è un ex tecnico sommergibilista della della Marina Militare, Miguel è un fisico matematico portoghese e insegna all’università, Flavio è un elettricista, Giorgia è una giurista, Visiting Professor al Geneva Graduate Institute e portavoce della Sea Watch, Floriana è un’infermiera specializzata in medicina della migrazione. Sono persone che salvano vite.
Dopo una lunga serie di interviste, chiusi dentro una stanza, uno alla volta, sono stati scelti in mezzo a tanti altri, da Nicola Borghesi e Enrico Baraldi, fondatori, insieme a Paola Aiello, della compagnia teatrale Kepler – 452 per partecipare al progetto A Place of Safety.
Lo spettacolo, prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Metastasio di Prato, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Théâtre des 13 vents CDN Montpellier e in collaborazione con Sea -Watch e EMERGENCY, sarà in scena al Teatro Arena del Sole per quattro repliche consecutive dal 27 febbraio al 2 marzo, e tornerà solo successivamente, da dicembre, in Italia e in Europa.

Luca Del Pia
Ma che cosa significa a safety place?
È questa la domanda intorno alla quale ruota l’opera teatrale di Kepler – 452.
Secondo la convenzione internazionale di Amburgo, per “luogo sicuro” si intende un posto in cui sia garantita non solo la sicurezza, ovvero la protezione fisica, delle persone soccorse in mare, ma anche il pieno esercizio dei loro diritti fondamentali, come, ad esempio, il diritto dei rifugiati di chiedere asilo.

Luca Del Pia
Dopo aver dato voce a realtà invisibili e spesso ai margini della società, la compagnia guidata da Nicola Borghesi e Enrico Baraldi torna con un altro spettacolo che affonda le radici in un’esperienza diretta: un viaggio a bordo della nave Sea-Watch 5, in missione nel Mediterraneo per salvare vite umane. Perché l’opera non comincia il giorno in cui si entra in sala prove ma parte da una lunga indagine. L’ispirazione per A Place of Safety nasce dal contatto con i membri di Sea-Watch ed Emergency. A bordo della nave, gli autori hanno raccolto storie, immagini ed emozioni che ora prendono forma sul palco.

Alberto Camanni
Kepler-452 ha costruito la sua poetica su un’idea precisa di teatro documentario e partecipativo, portando in scena persone reali con le loro storie autentiche.
Ma per raccontare A Place of Safety, bisogna fare un piccolo passo indietro e raccontare il loro precedente spettacolo Il Capitale. Un libro che ancora non abbiamo letto. C’è una linea che unisce queste due esperienze. Nicola e Enrico hanno trascorso alcuni mesi in una fabbrica occupata, la ex GKN di Firenze, in seguito chiusa dalla multinazionale che la possedeva, dopo aver licenziato 422 operai. Nasce da qui la spinta a voler ampliare il proprio sguardo, per passare dallo stretto perimetro di una fabbrica a quello spazio enorme e spaventoso che è il mare, con il suo affaccio sul resto del mondo.
“Siamo saliti sulla Sea-Watch 5 e abbiamo vissuto da vicino ciò che accade a bordo di una nave di soccorso” racconta Nicola Borghesi. “Quando sei in mezzo al mare devi fare uno sforzo di lucidità, devi pensare alle cose che ti serviranno, a come rendere la vita un pò più comoda alle persone che incontrerai. Una cosa che forse non menzioniamo nello spettacolo è l’intensità con cui le persone guardano l’Italia. Vista dal mare sembra proprio un bel posto l’Italia”. Che posto assurdo è il Mediterraneo centrale per incontrare un’altra persona.

Géraldine Morat Hofmaier
“Quest’opera teatrale è un percorso condiviso di creazione collettiva, le parole sono firmate da me e Nicola, ma sono anche le persone che hanno deciso di condividere con noi la propria testimonianza” dice Enrico.
Se un aspetto centrale dello spettacolo sono infatti le persone, tutto vi ruota attorno in un sistema che disumanizza chi migra. E per gli autori diventa imperante restituire loro identità e dare un volto alla storia.

Géraldine Morat Hofmaier
“Sembra una parola banale, però penso che la sua definizione dovrebbe essere scritta a lettere maiuscole su ogni vocabolario. Siamo accomunati da una grande consapevolezza della non banalità della definizione della parola persone” commenta Flavio Catalano, leader support di Sea Watch 5,
“Certe banalità devi andarle a vedere fino ai confini del mondo. I migranti sono un concetto che abbiamo un po’ impacchettato nella nostra testa e a cui abbiamo attribuito caratteristiche omogenee. Ma le 156 persone che abbiamo soccorso erano semplicemente tutte diverse” ribatte Nicola e aggiunge: “c’è un problema nel soccorso in mare. In quanto tale è un un incidente, un errore. È qualcosa che non dovrebbe esistere. Ci sono persone che attraversano il mare e altre che sono dall’altra sponda e hanno un passaporto e un privilegio che gli permette di andare dove vogliono. Vorremmo piantare un semino per rendere più contagiosa questa libertà di movimento”.

Géraldine Morat Hofmaier
La forza di questo spettacolo risiede nell’alleanza che il teatro riesce a trovare con dei segmenti di realtà.
“Il gesto drammaturgico del quale sono più felice si trova esattamente ora in questa stanza. È rappresentato da questo gruppo di persone, riunite in un teatro pubblico, e dalla quantità di materiale narrativo contenuto dentro di loro. È impressionante, strepitoso. Se saremo in grado di condividere anche solo una piccola goccia di quello che hanno visto, saremo già contenti. Quello che i loro occhi e la loro memoria hanno registrato è immenso”.
Giorgia Linardi, portavoce della Sea Watch, ci ricorda come questa storia, che abbiamo sentito e continuiamo a sentire, viene spesso raccontata con un linguaggio distorto, violento, aggressivo. “Noi dobbiamo rispondere utilizzando codici di cui non possiamo permetterci di spogliarci. E questo spettacolo è un grande regalo. Così come la fabbrica GKN, anche il Mar Mediterraneo è uno spazio che bisogna essere certi di occupare in quanto società civile”.

Luca Del Pia
Ma non dobbiamo dimenticare che il viaggio sulla nave di soccorso è solo una parte della narrazione. Lo spettacolo si spinge oltre il momento del salvataggio per indagare ciò che accade prima e dopo. “Non dobbiamo fermarci al mare,” sottolinea Floriana, una delle voci della compagnia. “Dietro ogni persona c’è un percorso che inizia molto prima di quel momento e continua molto dopo. Il nostro obiettivo è uscire dal luogo comune”.

Luca Del Pia
Enrico e Nicola sanno che devono ancora fare i conti rispetto a cui si aggiunge un aspetto su cui dobbiamo interrogarci anche noi, la nostra identità di europei e forse anche di mondo occidentale. E forse è in realtà l’Europa il grande oggetto di questo spettacolo che loro cercano di analizzare.
Il titolo dello spettacolo, A Place of Safety, riprende il linguaggio istituzionale con cui viene assegnato un porto di sbarco alle navi di soccorso, ma dietro questa formula si nasconde una realtà ben più complessa. “Nel nostro caso, il posto sicuro assegnato alla Sea-Watch 5 è stato La Spezia, lontanissima dal luogo del salvataggio,” spiega la compagnia. “Un viaggio di giorni con a bordo persone stremate, una decisione che ha reso ancora più evidente quanto il sistema sia ostile nei confronti delle ONG”.

Luca Del Pia
Pare difficile ora credere che l’Italia a inizio di questo secolo sia stata per qualche anno il Paese con il saldo migratorio più alto. Pare ancora più difficile credere che questa grande migrazione abbia portato a grandi benefici.
Raccontata dai media come una continua e inesorabile emergenza, il fenomeno dei migranti è ormai uno strumento funzionale al prossimo appuntamento elettorale.
L’Istat ci dice che il nostro Paese sta inesorabilmente invecchiando e le previsioni per il 2050 non sono rosee. Il rapporto tra chi è in età da lavoro e chi no diventerà in pochi decenni uno a uno. Ciò significa che ogni lavoratore dovrà mantenere un’altra persona oltre se stessa. In questa situazione vien da sé che avremo bisogno di una maggiore immigrazione. A Place of Safety porta il pubblico dentro un viaggio che non è solo geografico, ma umano, politico ed emotivo. Un viaggio che, inevitabilmente, ci riguarda tutti.

Luca Del Pia
Il cambiamento e l’assorbimento nel proprio tessuto cittadino di persone che provengono da un altro paese avverrà in maniera completa solo quando avremo il coraggio di migrare da un modo di pensare a un altro.
“Sono veramente convinto che con questo spettacolo, per un paio d’ore, riusciremo a portare tantissima gente, che non andrà mai in mezzo al Mediterraneo, dentro una nave di soccorso in mare”, ci racconta Miguel Duarte, civil sea rescuer dal 2016, che ha rischiato fino a venti anni di carcere per un’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, oggi capo missione per Sea-Watch. Forse questo è un altro piccolo passo nella giusta direzione.
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