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Il male si nasconde dove tutto è perfetto. Alessandro Berselli torna con “Il liceo”

12-10-2021

Di Paolo Panzacchi

Alessandro Berselli torna in libreria, dopo il successo de La dottrina del male con un nuovo romanzo noir e ci tiene, ancora una volta e sempre di più, sulle spine. Berselli unisce un’impareggiabile capacità di utilizzare la parola alla maestria di chi sa misurarsi con ogni genere letterario. La narrazione è folgorante e il ritmo sa essere travolgente, così come solo chi padroneggia alla perfezione il genere sa fare.

Il liceo, edito Elliot, è il tuo ultimo romanzo. In questo ultimo lavoro si è confrontato con una tematica davvero intrigante e quantomai di attualità sempre maggiore: l’insegnamento.

Ci racconti la storia di Lorenzo Padovani, giovane rampante dal curriculum eccelso che riesce a ottenere un’ambitissima cattedra di insegnante al Liceo Modigliani. Ti va di raccontarci la trama e di darci qualche cenno su questo personaggio?

«Se volessi risponderti con uno slogan direi: Vuoi far divertire il lettore? Prendi un protagonista dalla vita perfetta e poi fai di tutto per rovinargliela.

Detto fatto. Lorenzo Padovani, laurea in filosofia, curriculum universitario e accademico da fare invidia a chiunque. Nel casting per accedere alla docenza nel prestigioso liceo privato Modigliani, quello che andrà a formare il gotha del mondo politico e finanziario, asfalta tutti con un rating da paura. Tutto perfetto quindi? Ma assolutamente no. Perché dietro le apparenze al Modigliani le cose sono molto diverse da quelle che sembrano. Una presidenza ambigua, una classe docente arrivista, bullismo, vessazioni, disagio adolescenziale. E la morte di una studentessa dietro il quale si nascondono molte ombre».

 

Poi ci sono gli studenti. Il contesto è quello di un mondo patinato, quasi al riparo d tutto ciò che è la banale quotidianità degli adolescenti. Scopriremo però che così non è. Ci parli di queste ragazze e questi ragazzi? Da quale contesto provengono?

«Hai detto bene. Tutto bello, tutto patinato, tutto perfetto. Quale posto migliore per fare covare il male? Diciamocelo francamente. L’adolescenza non è un’età dell’oro. È un posto complicato nel quale non sei ancora considerato adulto ma hanno smesso di farti gli sconti di quando eri bambino. Riconosciuto solo dai tuoi coetanei. Figurati poi se a tutto questo si aggiunge una scuola competitiva dove ogni cosa diventa oggetto di giudizio. Inevitabile che si arrivi alla detonazione».

Una delle caratteristiche specifiche di questo romanzo è il ritmo: un crescendo travolgente. Come hai affrontato la stesura di questo lavoro? Quanto tempo hai dedicato alla creazione di questo che appare come un microcosmo, ma che poi è lo o specchio di un mondo intero?

«Sono partito dai personaggi. Tutto doveva essere glamour, figo. Professori fotomodelli, studenti alfa, location ultratrendy. E in questo microcosmo fantastico inseminare quel male di cui ti dicevo prima. Il libro è idealmente diviso in tre parti. La prima è uno comfort zone. La seconda è quella in cui quel sistema perfetto si trova a implodere. La terza è l’Armageddon».

 

Uno dei tuoi punti di forza come autore, che ti rende tra i più versatili della scena odierna, è quello di riuscire a coniugare più anime narrative. Come ci riesci e come ci sei riuscito anche in questo romanzo?

«Tutto deve essere meticciato. Il noir è un genere che si presta bene alla contaminazione, oltre a essere un ottimo veicolo per fare da osservatorio su quanto ci sta intorno e parlare d’altro. Il trucco è non chiudersi nelle gabbie di genere, non limitarsi agli aspetti investigativi. Non rinunciare agli approfondimenti psicologici, all’ironia, a elementi di contorno che consentono davvero al lettore di entrare nel personaggio e alla storia di assumere sfumature multidimensionali».

A quale aspetto de Il liceo sei più legato? Quale invece ti ha dato più difficoltà nella scrittura?

«Difficoltà nessuna, solo molto impegno nella costruzione della trama perché per la prima volta mi sono davvero cimentato in un giallo classico con il colpevole da scoprire. Mi sono divertito molto invece a costruire personaggi e dialoghi, che sono un po’ la mia cifra stilistica, e nel depistare il lettore durante lo svolgimento dell’indagine. Ci ho lavorato quasi due anni».

 

Per finire, visto che senza leggere non si può scrivere, ti va di darci qualche consiglio di lettura?

«Ho il nuovo Franzen, Crossroads, che mi aspetta sul comodino. Un maestro assoluto, un vero e proprio manuale di scrittura creativa. Tra gli esordienti invece consiglio Fleishman a pezzi di Taffy Brodesser-Akner».

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