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Il volto di un bambino sui muri della città. Who is Ben Zeno?

14-10-2020

Di Marisol Finelli
Foto di Ben Zeno

C’è il volto di un bambino che sta tappezzando i muri della città. Se non ve ne siete accorti, probabilmente non state prestando sufficiente attenzione.

É Ben Zeno, o meglio, l’immagine con cui lo street artist ha deciso di fare guerrilla: ogni muro, superficie, strada, è una potenziale galleria artistica a cielo aperto. Questo è il concetto portante della street art, fruibile a chiunque, gratuita, illegale. Perché, dice Ben Zeno: “se non da fastidio, che senso ha?”.

In fondo “sono solo stencil”, eppure, proprio il contrasto tra la precisione di quella maschera e il caos che regna oltre i suoi contorni, è il pilastro della sua poetica.

É uno a cui piace mischiare tutto, e persino il suo nome d’arte è frutto più della casualità che di regole ferree. Forse proprio per questo ha funzionato così bene, perchè come mi fa notare “l’inconscio è l’unica cosa veramente creativa”.

Eppure è soprattutto l’espressione spaesata di quel bimbo che cattura la nostra attenzione: un volto che Ben nota in mezzo a una serie di foto di casi clinici durante una ricerca online. È un bambino sordo dalla nascita a cui viene applicato uno dei primi auricolari uditivi esterni, colto nel momento in cui le frequenze sonore vengono aperte. Quello che avverte è un suono estremamente primordiale, a malapena un fischio, una minima vibrazione del timpano che è sufficiente a creare quell’espressione stupita, quasi traumatizzata.

Ben Zeno e Pop x

E il bombing selvaggio con cui Ben attacca le superfici delle città è a sua volta la risposta a un trauma collettivo: il concetto di guerrilla marketing tipico del sistema capitalista, che subiamo sin dalla nascita, interiorizzato e rielaborato diventa la chiave per combattere un nemico, utilizzando la sua stessa arma.

Così i suoi adesivi sono ovunque, diventa virale. Ben Zeno Was Here e vince 10 a 0.

Ma non è l’unica carta che riesce a mettere a suo favore: anche la noia della provincia può essere passivamente subita o tramutata in uno strumento creativo; ce lo insegna proprio lui che nasce a Pesaro e li inizia la sua attività di street artist, in una piccola realtà divisa tra chi lo considera un mezzo criminale e chi lo ammira, ma in cui sicuramente è ancora più difficile mantenere l’anonimato. Insomma, se sei sbronzo e vuoi urlare al mondo che sei Ben Zeno devi sperare che ci siano i tuoi amici a fermarti.

Il rapporto con Bologna invece è un’altra storia e nasce casualmente, se la sente bene addosso e non è difficile capire il perchè. Diventa una madre putativa, indubbiamente per quella “scena” che da sempre la caratterizza e che ha contribuito a creare il mito di cui, nonostante i forti contrasti, ancora riusciamo a respirare il profumo. Qui si sente più libero e, come aggiunge soddisfatto, “non ho ancora nessuna denuncia”.

Mi fa tornare in mente i tempi del liceo, quando facevamo fuga e passavamo la mattinata in giro per la città, cercando i pezzi più belli, quelli fatti dai “grandi” e ci riempivamo gli occhi con i lavori di Blu, Dado, Wany, i BBS, Mambo, Nemo e compagnia bella. Spesso sottovalutiamo la fortuna di avere strade che brulicano di espressioni diverse, camminarci è un po’ come fare uno “scrolling” analogico: tutte queste immagini che si sedimentano nel subconscio e creano uno strato di input completamente eterogeneo. Finalmente ci liberiamo di quella smania insensata di giudicare (o di essere giudicati, se ci troviamo dall’altra parte) e l’approccio è completamente diverso rispetto a quello dei luoghi predisposti per questo genere di cose.

Le creature di Ben Zeno vivono per strada senza chiedere il permesso, diventano patrimonio comune, senza filtri, censura o selezioni, sono creazioni genuine nell’era della contraffazione.

Ma come affronta la sfida del lockdown un artista che vive le strade e gli spazi comuni come fondamentali per la propria attività?

Partecipa con le sue opere alle aste di beneficenza organizzate a sostegno degli enti impegnati nell’emergenza sanitaria. Si reinventa così in una formula “virtuale” mettendo il suo lavoro nuovamente al servizio della comunità; è anche l’occasione per creare una rete tra le persone, perché non ha tanta importanza cosa fai e come lo fai, quanto il gesto e il senso di comunità che riscopriamo in queste circostanze.

Ben si rimbocca le maniche insomma, è un personaggio piuttosto “anfetaminico”, un nerd con l’attitudine per la balotta e infatti si crea da subito una bella atmosfera. Alla fine della nostra chiacchierata ho la sensazione di aver bevuto una birretta con un vecchio compagno di scuola, penso a quanto sia importante potersi confrontare con altre persone che mettono in atto opere artistiche, di qualsiasi tipo, in una maniera così naturale.

Ben Zeno esiste, è più complesso di una parola ed è stato generato dalla stessa “matrice divina” che nel suo immaginario spirituale sostituisce la creazione e che, se usata mille volte, darà mille risultati diversi, proprio come i suoi stencil.

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