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Ce l’ho Corto si allunga e diventa un festival dedicato ai cortometraggi. Tra le sezioni, anche il porno

05-11-2019

Di Luca Vanelli

Diventare grandi e adulti oggi è sempre più difficile. Rinviamo il grande salto all’infinito, sperando di cullarci in un’eterna adolescenza. Questo però non è successo ai ragazzi di Ce l’ho Corto che hanno deciso di uscire dal loro guscio e, dopo anni di gavetta, hanno spiccato il volo trasformandosi in un festival più unico che raro.

Mi sono fatto raccontare da Maddalena Bianchi, presidentessa di Kinodromo, e Arianna Quagliotto, del collettivo Inside Porn (lo avevamo già incontrato), curatore della sezione Ce l’ho Porno, cosa significa oggi valorizzare i cortometraggi e come si può dare dignità a uno stile cinematografico che viene ancora oggi fortemente sottovalutato.

Prima di arrivare al festival vero e proprio, che si svolgerà dal 28 al 30 novembre al Teatro San Leonardo, ci sarà una speciale preview l’8 novembre da Ateliersì: la Inside Your P night out.

In questa serata, ricca di diversi ospiti, verranno trasmessi per la prima volta i corti amatoriali raccolti dal porno-contest lanciato dalle ragazze di Inside Porn nel dicembre scorso. I corti, che esplorano il tema di un rapporto in intimità e che avevano come unica regola quella di non essere riconoscibili in volto, verranno proiettati sotto forma di visual e accompagnati da un’esibizione musicale.

Tutto il resto, dai corti in programma a quanto sia complicato diventare adulti, me lo sono fatto raccontare da loro.

Ateliersi. Kinodromo presenta Ce l’ho Corto FF Preview | Foto di Sara Fabbiani

Partiamo un po’ dal festival, ci sono tante sezioni.

M: “L’obiettivo del Festival è riprendere tutti i diversi format che abbiamo presentato al nostro pubblico nel corso degli anni.

Le due principali sono la sezione Internazionale e Ce l’Ho Corto. Nella prima era permessa la partecipazione anche alle case di distribuzione. Loro ricevono sempre cortometraggi che si candidano per la distribuzione e fanno già una preselezione, quindi il prodotto che portano è già di buon livello. La seconda è la sezione dedicata ai giovani under 30, a basso budget e non distribuiti, che questa volta abbiamo raccolto attraverso la piattaforma FilmFreeway.

La sezione più hot, Ce l’Ho Porno, che sarà la protagonista della sera del 28 novembre, è legata invece a doppio filo con le ragazze di Inside Porn. Loro hanno selezionato i corti non solo dai loro contatti personali o sulle selezioni di altri festival dedicati al cinema erotico, ma anche dalle candidature ricevute sul profilo di FilmFreeway.

Nel totale abbiamo ricevuto qualcosa come 220 corti da selezionare, che non è un numero enorme. Ma per essere la prima volta ci sentiamo molto soddisfatti”.

 

Ecco, la sezione pornografica non vi ha dato dei problemi?

A: “Intanto è bene spiegare che quello che faremo vedere non c’entra nulla con il porno più convenzionale. La categoria del porno è vasta e variegata e l’idea principale è dimostrare al pubblico quanto sia eterogeneo questo universo. Un universo poco conosciuto, ma che quando viene mostrato ad ora è stato sempre apprezzato e accettato.

Ovviamente per ora ci siamo mosse sempre in ambienti molto aperti, direi ‘protetti’, dove abbiamo avuto sempre una risposta positiva. Credo che le reazioni sarebbero ben diverse se ci spostassimo in un circuito più conservatore”.

 

Questo perché secondo voi?

A: “Perché le persone notano la potenzialità della cosa, del fatto che lo strumento della pornografia ti porta a fare un discorso sulla sessualità che spesso non viene affrontato.

Parliamo tra di noi di sesso e sessualità nel nostro gruppo di amici, ma farlo in un incontro pubblico è molto diverso: a volte è straniante, ma esiste un elevato livello di condivisione. Tu porti le tue esperienze e il tuo vissuto che io non so e io porto il mio, che forse tu non sai. È una condivisione estremamente utile”.

M: “La forza di questo progetto è che viene attratto un pubblico per la curiosità di vedere qualcosa che altrimenti non vedrebbero, attraverso una visione collettiva. E fa conoscere un mondo alternativo in cui c’è altro. Il peccato è che siamo costretti a vietare il festival ai minori di 18 anni, anche se tutta una serie di discorsi sulla sessualità sarebbe bene farli proprio con loro, anche attraverso questo tipo di eventi”.

Ci sarà anche spazio per la competizione con un video contest, giusto?

M: “Sì, ci sarà la sezione Ce l’Ho Corto Video Contest. Un vero e proprio video contest a ore che darà la possibilità a 15 troupe di realizzare un cortometraggio originale, ambientato a Bologna e sul tema cibo, in sole 72 ore, fra giovedì 14 e domenica 17 novembre. Tutti i cortometraggi terminati e inviati all’organizzazione verranno poi proiettati in una delle giornate del Festival”.

 

Mentre la sezione Emilia-Romagna in cosa consisterà?

M: “Questo ultimo format corrisponde al progetto che nel tempo abbiamo chiamato Talk Short. Volevamo fare qualcosa di dedicato a questa regione, che sta vivendo un momento davvero florido a livello cinematografico. Però fare una sezione solo emiliano-romagnolo ci sembrava riduttivo: come se dessimo più valore a un corto solo per una provenienza regionale.

Abbiamo così deciso di selezionare tre sceneggiature di giovani registi che lavorano in questi territori e affiancarle allo sguardo esperto di professionisti, in modo da poter aiutare questi ragazzi a sviluppare il loro lavoro nel migliore dei modi. Dalle edizioni passate di Talk Short sono usciti corti di grande valore, come ‘Mise en abyme’ di Edoardo Smerilli o ‘Crosstitch Road’ di Ivan Selva, e abbiamo voluto ripeterci”.

Inside Porn

Esiste un filo conduttore che lega i cortometraggi scelti?

M: “Un filo conduttore esatto non c’è, perché abbiamo deciso specificatamente di non fare un festival tematico. Abbiamo preferito evitare di restringere i campi da esplorare. Riflettendoci su, è presente molto materiale che riguarda il sociale e il presente: ci sono lavori che esplorano il rapporto del singolo e la socialità, altri il senso di comunità, altri l’integrazione. Non per forza attraverso documentari, ma molti registi hanno deciso di indagare, da diversi punti di vista e con stili differenti, il reale e quello che succede intorno a noi.

La verità è che arrivare ad una rosa di 10 corti per l’Internazionale e 8 per Ce l’ho Corto è stato molto complicato: le riunioni per selezionare i lavori sono state molto violente e intense! (ride ndr). Ne avremmo selezionati molti di più perché la qualità era davvero alta”.

A: “Per noi l’unico filo conduttore è stato non avere un filo conduttore. Abbiamo cercato la massima eterogeneità, nei linguaggi e nelle tematiche. Dai documentari alla finzione, ognuno esplora tematiche estremamente diverse: dalle chat online, alla sissificazione, fino ad un collettivo di attiviste sudamericane che si riappropriano del proprio corpo attraverso pratiche di autogestione.

Abbiamo deciso questo approccio perché la sessualità è un calderone molto vario e ognuno la vive e la rappresenta a proprio modo, quindi volevamo dare spazio a più punti di vista possibili”.

 

E invece la preview? Cosa ci dobbiamo aspettare e quali saranno gli ospiti?

A: “Siamo molto emozionate perché potremo trasmettere finalmente i risultati di Inside YourP, il nostro primo pornoconcorso. Per noi è stato molto interessante perché ci ha permesso di entrare realmente nella privacy delle persone e capire come ognuno mostra la propria sessualità.

Oltre a questo, ci saranno tre ospiti molto speciali: Tommaso Costa, fotografo di Bologna che presenterà la sua mostra dedicata alla sessualità, con declinazioni del nudo erotico anche in chiave bondage e bdsm; Francesca Ceccarelli che presenterà la sua rivista cartacea Frisson Magazine, un magazine interamente dedicato alla sessualità; Morena e Ivano di Le Sex en Rose che presenteranno la loro installazione interattiva ‘Il piacere in scatola‘, di cui non dico altro perché sarà una bella sorpresa”.

 

Dalla rassegna al festival… sembra un salto enorme. Ora vi sentite adulti?

M: “In realtà siamo sempre gli stessi cazzoni di sempre, ma questo è un salto che dovevamo fare. Abbiamo vissuto questa dimensione strana in cui gli altri festival ci consideravano già festival, anche se non lo eravamo.

Ovviamente un festival da organizzare è tutta un’altra cosa: più giornate da riempire con eventi programmati, premi, giurie, ospiti, creare un ambiente di condivisione e dibattito. Tutto tranne che semplice, ma ce la stiamo facendo. È la prima edizione, quindi ci sarà sicuramente da migliorare, però i quattro anni di rassegna ci hanno dato un modus operandi che trasferito sul festival sta dando i suoi frutti”.

Ateliersi. Kinodromo presenta Ce l’ho Corto FF Preview | Foto di Sara Fabbiani

Perché secondo voi oggi serve un festival come questo?

M: “Oggi il cortometraggio, nell’opinione comune, viene sminuito o considerato come qualcosa di scolastico e di minor valore. Manifestazioni culturali sul territorio di questo tipo possono servire ad invertire questa tendenza.

Per fare questo i festival devono collaborare tra di loro, dare un’immagine di apertura, fornire strumenti e luoghi per fruire di questo formato ed educare il pubblico ad essere curioso e attivo anche verso il mondo del cortometraggio. Un mondo particolare che ha una sua dignità, una sua autorialità e che è degno di raggiungere anche dei circuiti che al momento non sta raggiungendo”.

A: “Penso ci sia bisogno di un festival come questo anche per mantenere florida l’attività culturale di Bologna. Il territorio bolognese e regionale sono molto avanti a livello cinematografico e si sta crescendo moltissimo. Faccio un esempio: al festival del cinema a Roma in uno slot di cinque cortometraggi tre erano emiliano-romagnoli. È fondamentale sostenere questo circuito, perché il cortometraggio ha il problema in Italia di non avere spazi e di avere pochissima distribuzione. Qui entrano in gioco proprio festival come questi”.

 

E per il futuro? Dove vi vedete fra alcuni anni?

M: “Il primo sogno molto semplice che mi viene in mente è la speranza che un giorno tutto questo diventi uno dei nostri lavori principali, con cui anche vivere. Siamo tutti arresi al fatto che la nostra generazione, che cerca di lavorare nel mondo del cinema e della produzione di eventi, avrà grossi problemi ad autosostenersi solo con questo, però sarebbe una grande soddisfazione. Anche se in realtà come impegno, come dinamiche tra di noi e come gruppo già lo intendiamo come un lavoro, ma è ancora qualcosa di volontario”.

 

Potrebbe essere interessante pensare anche di diventare un punto di riferimento.

M: “Ci piacerebbe diventare più che altro un luogo di sperimentazione, qualcosa di fortemente alternativo e poco istituzionale. Rimanere aperti ai prodotti più sperimentali che nei circuiti più istituzionali non trovano spazio.

Ci piace soprattutto pensare di poter creare una comunità intorno al Corto, in cui diventiamo un punto di riferimento per la proiezione su Bologna. Poi ecco, se un giorno diventassimo anche un festival degno di avere delle prime non sarebbe davvero male”.

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