Che cosa significa vivere il corpo e il paesaggio come un tutt’uno?
Fino al 17 novembre, Bologna ospita la seconda edizione di A occhi aperti, il festival che porta il fumetto e l’illustrazione fuori dalle pagine e dentro le sfide del nostro tempo. Un’esplorazione sul rapporto tra identità e ambiente, corpo e spazio, in un percorso tra mostre e incontri che si snodano in vari punti della città. Organizzato dall’associazione Hamelin, il festival invita il pubblico alla riflessione, guardando all’illustrazione non solo come narrazione, ma come lente su ciò che significa “abitare” il mondo oggi.
La seconda edizione di A occhi aperti si svolge in spazi espositivi dislocati in tutta la città. Le mostre, fruibili anche dopo la chiusura del festival grazie al progetto “Vieni a vedere”, sono un invito a riflettere e interagire con opere che si muovono tra il figurativo e l’astratto, affrontando tematiche profondamente attuali.
Abbiamo incontrato Hamelin per chiedere loro qualcosa di più.
Quando organizzavate BilBOlbul, il vostro obiettivo era far conoscere il fumetto e il suo valore artistico e culturale. Ora con A occhi aperti vi concentrate su una tematica attuale che sentite rilevante e cercate di vedere come fumetto e disegno la stanno raccontando. Avete detto: ora partiamo dalla realtà per arrivare al fumetto, prima si partiva dal fumetto per portarlo nella realtà. Cosa vi ha spinto a spostare l’attenzione dalla narrazione di storie alla riflessione sui temi contemporanei? In che modo questa prospettiva vi permette di esplorare nuove sfaccettature del fumetto rispetto al passato?
È importante per noi sottolineare che la nostra attenzione non si è spostata dalla narrazione: l’obiettivo principale di Hamelin è da sempre la promozione della lettura, e rimane tale in tutti i progetti che curiamo. Lo dimostra anche il fatto che, per parlare di temi del presente che riteniamo urgenti (come il rapporto tra corpi e paesaggio), non ci rivolgiamo al fumetto di realtà, al graphic journalism o alla divulgazione ma alle narrazioni disegnate. Il festival è costruito intorno a un filo rosso, un tema che di edizione in edizione scegliamo di esplorare attraverso il fumetto e il disegno, ma nessuna delle opere esposte nelle mostre o esplorate negli incontri e negli altri eventi del festival si possono definire “a tema”. Diciamo che a essersi spostata è l’ottica con cui guardiamo al fumetto: quando è nato BilBOlbul, si trattava di un linguaggio che non aveva ancora conosciuto una piena legittimità. Oggi il panorama è completamente cambiato e A occhi aperti ha come obiettivo generale non più quello di far comprendere il valore artistico del fumetto e far conoscere opere, autori e autrici importanti, ma quello di interrogare il mondo del fumetto e in generale della narrazione disegnata per capire come riflette (sia a livello di specchio che di pensiero) i temi urgenti e necessari del presente.
Quali sono le sfide nell’organizzare un festival così tematico e articolato?
La prima sfida è vedere come reagisce il pubblico di fronte a una proposta che, ne siamo consapevoli, non è immediata. Al di là dei singoli temi e delle diverse edizioni, quello che vorremmo raggiungere con A occhi aperti è portare avanti una riflessione sul fumetto contemporaneo in relazione ai tempi che viviamo che vada al di là della proposta di opere, autori e autrici, un piano su cui stanno già lavorando in maniera esemplare diverse altre manifestazioni legate al fumetto. Il nostro tentativo è creare è un discorso che sia più ampio e più verticale, e che possa offrire al pubblico diverse porte d’ingresso. Speriamo di esserci riusciti!
Il tema centrale di quest’anno è il corpo e il paesaggio. Tocca questioni urgenti come crisi climatica e identità. Perché ritenete fondamentale che il fumetto si confronti con queste tematiche proprio in questo momento storico?
Il tema di quest’anno è il fragile equilibrio tra il paesaggio e noi, inteso come esplorazione della necessità dell’umano di sentirsi “armonizzato” con l’ambiente che lo circonda. Il corpo è il primo diaframma che respira questa contrattazione tra noi e il fuori da noi, tutt’altro che pacificata. Ci sembra interessante capire come questa contrattazione si esprima oggi, in una fase in cui il “fuori da noi” ci lancia segnali che dire di disarmonia è un eufemismo. Un certo tipo di fumetto contemporaneo incarna bene questo equilibrio fragile, superando (non in senso agonistico) il racconto di un rapporto identitario tra personaggio e luogo che è stato a lungo una delle caratteristiche del graphic novel. Lo dimostrano bene le mostre e gli ospiti che abbiamo scelto per indagare questo tema: Dominique Goblet, artista fondamentale della storia del fumetto europeo e protagonista di un progetto speciale che attraversa tutto il festival con una mostra, due incontri e una rassegna di film al Cinema Modernissimo, e che con le sue opere indaga la relazione tra il corpo femminile e lo spazio; Joe Kessler che con The Gull Yettin racconta il viaggio iniziatico di un bambino in un paesaggio sempre in bilico tra luogo di pericolo e rifugio; Gwénola Carrère che espone Extra-Végétalia, un’avventura fantascientifica su un pianeta abitato da una comunità di donne che vive in simbiosi con una giungla dove arriva all’improvviso un uomo, scampato al collasso della Terra, a rompere l’equilibrio in apparenza perfetto. E ancora Andrea De Franco, che gioca sul dissolversi del confine tra corpo e spazio e trasforma l’esperienza del suono in disegno.
Ognuno di questi autori esprime certe tendenze all’interno del mondo fumettistico che creano un’eco significativa sulla questione identitaria dei luoghi per come la viviamo oggi.
Questo tema richiama questioni che vanno oltre l’arte, toccando aspetti profondi dell’esperienza umana e della nostra interazione con il mondo. Cosa sperate che i visitatori possano portare con sé dopo aver visitato il festival?
L’arte, proprio perché per sua natura tocca gli aspetti più profondi dell’esperienza (basti pensare alle opere di Dominique Goblet, protagonista della mostra Costellazioni), è un modo di interagire con il mondo, in un certo senso. Andando a toccare questioni così complesse, non ci aspettiamo certo che le persone che verranno al festival tornino a casa con delle risposte (che noi per primi non abbiamo, e nemmeno pretendiamo di trovare) o con una “lezione”; speriamo piuttosto che dal festival possano uscire con nuove domande, dubbi, prospettive sulle questioni trattate. Anche per questo abbiamo voluto coinvolgere personalità provenienti da mondi esterni al fumetto, come lo scrittore Giorgio Vasta, la filosofa del paesaggio Ilaria Bussoni, l’antropologa Patrizia Cirino, la saggista e traduttrice Maria Nadotti. E naturalmente ci auguriamo che visitatrici e visitatori tornino a casa con nuove autrici e nuovi autori da scoprire e soprattutto libri da leggere: il nostro bookshop allo spazio DAS (via del Porto 11/2) offre un’occasione unica di sfogliare, acquistare e farsi dedicare fumetti e autoproduzioni da tutto il mondo, molti dei quali ancora inediti in Italia.
A incarnare perfettamente questa capacità del fumetto di suscitare interrogativi e prospettive nuove è la mostra Costellazioni di Dominique Goblet, pioniera del graphic novel europeo, la cui prima personale in Italia sarà ospitata nell’ex chiesa di San Mattia. Con il suo sguardo unico, Goblet esplora la relazione tra corpo femminile e paesaggio, svelando la vulnerabilità e la resilienza insite nella condizione umana. Al centro della mostra emergono due opere emblematiche, Ostende e Les forêts sombres, che raccontano storie di rinascita e dialogano con lo spazio circostante, evocando un intreccio tra il corpo e il mondo naturale.
Oltre alla mostra, Goblet curerà una rassegna cinematografica, Carta bianca a Dominique Goblet, al Cinema Modernissimo, dove sarà presente per introdurre personalmente La paura mangia l’anima di Fassbinder, il primo dei quattro film selezionati da lei stessa per l’occasione. Le pellicole scelte riflettono temi cari alla sua produzione artistica e offrono una finestra sul suo immaginario, costruendo un dialogo tra il cinema e i temi che attraversano il festival.
E parlando di Dominique Goblet, per Hamelin è diventata il progetto speciale del festival. Una fuoriclasse del fumetto, che ha esposto in tutto il mondo e questa sarà la sua prima volta in Italia. In lei non troviamo solo una pioniera del genere graphic novel, ma una voce che scardina l’idea stessa di bellezza, potere e femminilità. Le sue opere parlano di corpi non idealizzati, di volti che portano il segno del tempo e di paesaggi che diventano specchi di stati d’animo nascosti. La sua arte non è mai stata confinata in una forma o in uno stile: per Goblet, ogni progetto è un’esperienza autonoma, che intreccia autobiografia e simbolismo. Le donne di Goblet – nude, vulnerabili, resilienti – sono ritratte in uno stato di profonda connessione con l’ambiente, che si tratti delle foreste di Les forêts sombres, presentate in anteprima esclusiva a Bologna o le coste battute dal vento di Ostende, dove l’autrice ha il suo studio.
E proprio in quest’ultimo lavoro, il mare è una metafora per la lotta con l’esistenza, lotta che si riferisce al mondo femminile. La protagonista è una donna sulla sessantina. Usa il mare per trovare un modo per rinnovare se stessa come persona. Va al mare e senza preoccuparsi di ciò che la circonda, si spoglia. L’autrice punta al corpo e cerca di ritrarlo in modo differente. Lo disegna in età avanzata liberandolo dagli stereotipi. In Ostend, compare per la prima volta nel lavoro di Dominique una figura chiave: la majorette. Leader femminile che Goblet veste dei simboli dell’ autorità militare, tradizionalmente associata agli uomini, è portatrice di un messaggio ambivalente, ma capace di rappresentare sia l’autonomia che la lotta contro le convenzioni di genere, portando a una riflessione profonda su femminilità e mascolinità.
Con Goblet, il confine tra corpo e paesaggio diventa labile: il corpo si fa mappa, il paesaggio memoria. In ogni tratto, c’è un’intimità che sfida lo sguardo dello spettatore, costringendolo a guardare più a fondo, a riconoscere la propria fragilità ma anche la propria forza. Goblet esplora i non detti della vita, trasformando ogni linea e ogni ombra in un atto di resistenza poetica.
In occasione della sua prima mostra in Italia, esce per Sigaretten Paesaggi di carne, il suo primo libro italiano con un’intervista a cura di Hamelin.
L’attenzione alla diversità è centrale in A occhi aperti. Al DAS, Rosa masticato, una collettiva curata da Titivil e Martina Sarritzu, indaga la rappresentazione dei corpi femminili nel fumetto contemporaneo, in un dialogo con la tradizione delle fanzine autobiografiche femministe e LGBTQIA+. In mostra, le opere di artiste come Karla Paloma, Elsa Klée, Lucile Ourvouai e la stessa Martina Sarritzu mostrano come il fumetto possa essere uno strumento potente per sfidare i canoni tradizionali e dare voce a esperienze intime e collettive.
Quest’anno, il festival ha scelto il DAS (Dispositivo Arti Sperimentali) come nodo centrale delle sue attività. Qui si terranno incontri, conversazioni e lectio magistralis che coinvolgeranno personalità non solo del mondo del fumetto, ma anche filosofi, antropologi e scrittori. Questo dialogo tra arti visive e discipline umanistiche è uno degli aspetti più interessanti di A occhi aperti, che invita a riflettere sulle questioni sociali e ambientali in una prospettiva ampia e multidisciplinare. Il bookshop, curato da Hamelin, Titivil e Just Indie Comics, offre la possibilità di acquistare libri degli autori e autrici invitati e interessanti autoproduzioni contemporanee.
La partecipazione della fumettista bolognese Bianca Bagnarelli, nota anche a livello internazionale per le sue collaborazioni con il New Yorker e il New York Times, testimoniano la volontà di A occhi aperti di instaurare un dialogo autentico tra il festival e la città. Con il suo stile unico e profondamente intimo, Bagnarelli arricchisce l’offerta artistica con una prospettiva che unisce Bologna al panorama globale. Attraverso animazioni e materiale di repertorio, l’autrice porta uno sguardo inedito sul suo processo creativo, rivelando tutto ciò che avviene dal momento in cui un disegno o un racconto prendono forma fino alla loro concreta realizzazione.
Il festival, inoltre, celebra due ricorrenze speciali: i vent’anni del Corso di Fumetto e Illustrazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, primo del genere in Italia, con eventi che coinvolgeranno studenti, docenti e figure chiave del panorama fumettistico nazionale e i vent’anni della casa editrice indipendente Canicola insieme all’etichetta musicale underground Maple Death.
Si può consultare in dettaglio tutto il programma qui
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