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Cos’è l’urban design? Intervista a Cesare Bettini, fondatore di Urbanutopia

03-10-2024

Di Noemi Adabbo

Cesare Bettini, urban designer con alle spalle 10 anni di esperienza nel settore, mastica rigenerazione urbana dai banchi dell’università dove il suo percorso ha preso forma: un cammino denso di sfaccettature, personali e sociali, che ha sempre messo al primo posto l’ascolto, il calarsi a 360 gradi nella realtà circostante ai fini di creare la ricetta perfetta, quella ad hoc per ogni progetto che vede nella coerenza d’intenti il proprio tramite. Percorso che nel 2014 è sfociato nella nascita di Urbanutopia, studio che trova la propria anima nella rigenerazione urbana con la riqualificazione, fatta di arte e di grande fede nel potenziale, laddove la componente umana è il vero collante delle fondamenta di un’infrastruttura, di ogni spazio e visione. A tu per tu con Cesare Bettini, abbiamo indagato il suo mondo, che è ombra e luci del nostro, attraverso festival, murales, street art, graffiti e installazioni site specific.

Cos’è per te la rigenerazione urbana e da dove parti, qual è il primo tassello, il primo step, di ogni tuo nuovo progetto?

“Per me, la rigenerazione urbana è innanzitutto un processo complesso e multiforme di trasformazione graduale di una determinata area urbana che necessita di essere reinserita all’interno del contesto urbano, sociale, economico e urbanistico della città di cui fa parte. Il mio metodo, ereditato dagli studi universitari in Architettura e Pianificazione Territoriale, mi porta ad approcciarmi al progetto quasi sempre partendo da un’analisi del contesto di riferimento. L’ascolto, le domande giuste e gli elementi che emergono da un continuo processo di tentativi e verifiche generano automaticamente la maggior parte degli elementi necessari per i progetti di rigenerazione. A quel punto, rimane solo aggiungere il classico “ingrediente segreto”: il tema. Un tema comune che attraversa tutto il progetto e permette di affrontare i mari tempestosi della progettazione urbana contemporanea senza perdere di vista l’obiettivo: la coerenza nel processo.”

Immigrato al Contrario – Collettivo FX + Danza – Awer – Progetto: RestArt Urban Festival 4° edizione – Imola 2016

Il tuo obiettivo, durante il tuo percorso di studi e formazione, è sempre stato quello di riqualificare gli spazi urbani?

“Sì, direi di sì, da sempre. Ricordo perfettamente la mia epifania, cioè, quando ho deciso che volevo fare questo lavoro: la vista di una casa colonica vicino a Cervia. La casa, quasi completamente ricoperta di edera, si presentava come una rovina. Avevo appena finito di leggere i grandi teorici del restauro che parlavano della poesia, della grande potenza immaginativa che si annida nella rovina. Bene, quella potenza inespressa, quello sguardo inaspettato sul futuro, mi era fornito dall’abbandono. Da lì non ho potuto fare a meno di appassionarmi sempre di più non tanto ai luoghi, ma alla loro proiezione, al loro grande potenziale inespresso di riqualificazione per determinare un loro possibile futuro.”

Il tuo lavoro è come te lo immaginavi oppure ha assunto sfaccettature e “problematiche” che inizialmente non avevi previsto?

“Non era assolutamente come me lo immaginavo, soprattutto dal punto di vista della scala di valori, umani e professionali, con cui mi sono dovuto e, credo, mi dovrò confrontare per tutta la vita, purtroppo. Il rapporto con altri colleghi e professionisti è complicato da gestire. Nel mio, nostro caso, dove ci occupiamo di rete pubblica, so bene che il contatto umano è fondamentale. Anzi, in certi casi deve essere il motore stesso del progetto, non potendo che dare ottimi risultati utili alla gestione e sviluppo del progetto. A volte, però, devo anche dire troppo spesso, ci si ritrova inspiegabilmente in situazioni di conflitto dove senti che non tutti gli aspetti della tua persona e del tuo ruolo di professionista vengono valorizzati nel rapporto che si viene a creare. Come dicevo, questo rapporto è fondamentale per una buona riuscita del processo di rigenerazione. Seguendo gli insegnamenti del monaco buddista, continuerò ad addentrarmi in un sistema Italia che ti obbliga a confrontarti con questi aspetti sociali e umani, che tu lo voglia o no. Per gente come noi, innamorata del concetto e dell’espressione di spazi pubblici, questo significa sapere che sarai più esposto a critiche e osservazioni, ma anche a fruttuose collaborazioni e amicizie che si sviluppano in anni di confronto e rispetto reciproco. Sono i valori che cerco di portare quotidianamente nella mia attività.”

Qual è la fase che più apprezzi dei tuoi progetti, quella che magari più ti mette alla prova ma allo stesso tempo ti gratifica?

“La fase di produzione è quella che trovo più entusiasmante. Venendo dal mondo degli eventi sin da quando avevo 15 anni, sono abituato a correre, a fare le cose all’ultimo minuto, ma anche a pianificare con cura e, soprattutto, a mantenere attenzione e prudenza nei casi di emergenza. Il mondo della produzione culturale è molto affascinante; ti costringe a confrontarti continuamente con numerose sfide pratiche e organizzative che difficilmente si trovano in altri lavori. Siamo capaci di saltare giù da una gru, inviare tre email importanti, allestire un punto food, dare da bere alle persone e mettere a loro agio artisti e performer, tutto nello stesso momento. Incredibile, vero? La soddisfazione che deriva alla fine di questo sforzo multidisciplinare, con risorse temporali ed economiche spesso ridotte, è notevole. La gratificazione che si prova è paragonabile forse solo a quella che dà lo sport.”

Nominaci qualcuno dei tuoi lavori di cui vai particolarmente orgoglioso.

“Il progetto principale è Ayrton 25, un’opera di arte urbana realizzata durante il RestArt Urban Festival 2018 – 8° Edizione, dall’artista urbano internazionale Eduardo Kobra di San Paolo, Brasile. L’opera si trova a Imola, presso l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, sulle pareti forate del Museo Checco Costa di Imola.”

AYRTON 25° – Kobra Street Art

Passiamo a Dumbo e al festival Urbana – Undergrond Art Project. Ci descrivi alcune delle opere?

L’opera “TransFeminea” di Aris trae ispirazione dalle immagini psicologiche utilizzate nei percorsi di cura, trasformandole in un linguaggio visivo denso di significato. Le forme, a prima vista semplici, si rivelano attraverso un’esplosione cromatica che cattura l’attenzione e suscita una riflessione profonda sull’interiorità umana. Aris interpreta questi simboli terapeutici in una chiave artistica fortemente personale, traducendo il percorso di guarigione e scoperta di sé in un’opera che mescola astrazione e simbolismo. La vivacità dei colori e l’energia delle pennellate creano un’atmosfera immersiva, quasi ipnotica, che induce lo spettatore a riflettere su temi legati all’identità e alla trasformazione.

Il risultato è un’opera che, attraverso l’uso intenso del colore e della forma, invita chi la osserva a esplorare non solo la superficie dell’immagine, ma anche le dinamiche più profonde del sé e della guarigione emotiva. “TransFeminea” diventa così un veicolo di riflessione e connessione, capace di dialogare con le esperienze personali e collettive di chi attraversa il suo spazio visivo. Questo testo evidenzia il significato simbolico e terapeutico dell’opera, sottolineando l’interazione tra cromatismo, forma e psicologia.

Transfeminea – Aris

L’opera di Geometric Bang, con il suo linguaggio apparentemente semplice e quasi infantile, nasconde una complessità che si svela attraverso il dialogo con le altre due opere di Aris e Giorgio Bartocci. Insieme, creano una narrazione condivisa, dando vita a una conversazione visiva che abbraccia l’intero spazio. La “Piazza Gioco Astratta” al DumBo, luogo caratterizzato da una rigida presenza di cemento, si trasforma in uno spazio pubblico fluido grazie alle geometrie rigorose ma al contempo morbide e dinamiche dell’artista. Il contrasto tra il grigio dello spazio fisico e i colori vivaci delle opere genera momenti di contemplazione che liberano dalla morsa della quotidianità, offrendo un rifugio per l’immaginazione. Questa ricerca, guidata dalla curatela di Urbana Project, punta a ridefinire il concetto di spazio urbano. Il gioco, la sorpresa e l’astrazione diventano così elementi chiave, aprendo un varco verso una nuova dimensione del vivere urbano, in cui la fantasia diventa un mezzo per esplorare nuove realtà, liberando la percezione del quotidiano e permettendo di entrare in contatto con un senso più profondo e poetico dello spazio pubblico. Questo testo enfatizza il valore critico dell’opera, il contesto in cui è inserita e il dialogo che instaura con lo spazio e le altre opere.

M300 – Geometric Bang

L’opera “ANamorfico DumBO” rappresenta una sintesi grafica ideale tra le forme urbanistiche del contemporaneo e l’eredità industriale del distretto DumBO. Creando un’illusione ottica raffinata, l’opera si sviluppa attraverso un dialogo visivo tra gli elementi che la compongono, generando un innesto, una chiusura simbolica che richiama l’immagine di un lucchetto. Osservabile anche da lunga distanza, l’opera sembra inizialmente evocare la forma di un cuore, ma, raggiunto il punto di vista designato, l’anamorfosi rivela una struttura complessa e dinamica: un lucchetto, dove forme astratte, apparentemente casuali da prospettive differenti, si fondono in una nuova forma unitaria e incastrata. Questo lucchetto simbolico rappresenta un omaggio alle politiche urbane di rigenerazione dei distretti industriali come DumBO, riportati a nuova vita attraverso progetti culturali di grande respiro. Sport, innovazione, cultura ed energia si fondono in un nuovo orizzonte, in cui valori e modernità si “incastrano” con una visi”

Anamorfico Dumbo – Truly Desig

Quali sono i contributi che oggi potrebbero essere dati maggiormente per una migliore riqualificazione e quali sono a tuo parere le aree e i territori che ne necessiterebbero di più rispetto agli altri?

“Un contributo fondamentale per una migliore riqualificazione urbana è l’integrazione della comunità locale nel processo decisionale. Coinvolgere i residenti, le imprese e le organizzazioni locali può garantire che i progetti rispondano alle reali esigenze della popolazione e riflettano l’identità del territorio. Questo approccio partecipativo non solo favorisce l’accettazione e il successo dei progetti, ma promuove anche un senso di appartenenza e responsabilità tra gli abitanti. In termini di interventi specifici, è cruciale puntare su soluzioni sostenibili che migliorino la qualità della vita. Questo include la creazione di spazi verdi, l’implementazione di sistemi di mobilità sostenibile, la valorizzazione del patrimonio culturale e storico, e la promozione di progetti di economia circolare. Inoltre, è importante adottare tecnologie innovative per la gestione energetica e dei rifiuti, contribuendo così a ridurre l’impatto ambientale delle città. Per quanto riguarda le aree che necessitano maggiormente di riqualificazione, i quartieri periferici e le aree industriali dismesse sono tra le più urgenti. Questi spazi spesso soffrono di degrado, mancanza di servizi e isolamento sociale. Riqualificare queste zone può portare a una ridistribuzione più equa delle risorse, migliorare la coesione sociale e stimolare lo sviluppo economico locale. Un altro territorio che merita particolare attenzione sono le città medie e i piccoli centri urbani che stanno vivendo un fenomeno di spopolamento.

Investire nella riqualificazione di questi luoghi può contribuire a rivitalizzarli, attrarre nuovi residenti e turisti, e preservare il patrimonio culturale locale. In sintesi, una riqualificazione urbana efficace richiede un approccio integrato che combini sostenibilità, innovazione e partecipazione della comunità, focalizzandosi soprattutto sulle aree periferiche e sulle zone in via di spopolamento.”

Ami tutto ciò che ha a che fare con l’arte: come cerchi di far sposare ogni volta questo tuo lato con quello più ingegneristico?

“Quando organizzo un festival culturale, inizio sempre con una visione artistica forte e chiara. Questa visione guida tutto il resto del progetto, dall’ideazione alla realizzazione. Tuttavia, per trasformare questa visione in realtà, è necessario un approccio ingegneristico rigoroso. Ad esempio, dobbiamo considerare aspetti pratici come la logistica, la gestione degli spazi, la sicurezza e l’efficienza energetica. Collaboro strettamente con ingegneri, architetti e altri professionisti tecnici per assicurarmi che ogni dettaglio sia curato e che nulla venga lasciato al caso. Questo significa fare un’attenta pianificazione, sviluppare soluzioni innovative e, soprattutto, essere pronti ad adattarsi e a risolvere i problemi che inevitabilmente sorgono lungo il percorso.

Per me, il successo di un evento culturale risiede nella sua capacità di ispirare e coinvolgere il pubblico, ma anche nella sua esecuzione impeccabile. È come costruire una cattedrale: la struttura deve essere solida e ben progettata per sostenere le vetrate colorate e le opere d’arte al suo interno. Inoltre, cerco sempre di incorporare elementi ingegneristici nel processo artistico stesso. Ad esempio, collaboro con artisti che utilizzano tecnologie avanzate nelle loro opere, come installazioni interattive, proiezioni mappate o sculture cinetiche. Questo non solo arricchisce l’esperienza artistica, ma dimostra anche come l’ingegneria possa essere una fonte di ispirazione creativa. In definitiva, credo che la combinazione di arte e ingegneria non sia solo possibile, ma assolutamente necessaria per creare eventi culturali che siano allo stesso tempo belli, funzionali e memorabili. Questo approccio integrato è ciò che rende ogni progetto unico e di successo.”

A sx: Ingranaggio – Giorgio Bartocci. A dx: I Guardiani – Geometric Bang

C’è, per l’appunto, una corrente o un ramo artistico in particolare che ti ispira o ti ha ispirato lungo il tuo percorso?

“Sicuramente l’arte urbana, il graffitismo e la street art sono le correnti che mi hanno permesso di appassionarmi al mondo in cui oggi lavoro. Queste forme di espressione mi hanno sempre affascinato per la loro capacità di trasformare gli spazi pubblici e di dialogare direttamente con la comunità. Oltre a queste, ci sono altre avanguardie e correnti artistiche che hanno influenzato il mio percorso. Tra queste, il Brutalismo architettonico con le sue forme imponenti e materiali grezzi, e il Futurismo italiano, con la sua esaltazione del dinamismo e della modernità. Anche l’Arte Povera ha avuto un impatto significativo su di me, soprattutto per l’uso innovativo di materiali riciclati nelle installazioni, un aspetto che cerco di integrare nei miei progetti. Non posso dimenticare i Macchiaioli, che considero la più grande espressione italiana di pittura dal vero. La loro capacità di catturare la realtà in modo così vivace e immediato è una fonte di ispirazione continua. Il mio approccio alla direzione artistica dei festival culturali si basa su un equilibrio tra innovazione e tradizione. Da un lato, sono costantemente alla ricerca di nuove tendenze e materiali per portare un tocco di novità e freschezza nei miei progetti. Dall’altro, tengo sempre in considerazione il contesto storico e culturale del luogo in cui opero, rispettando le storie e le tradizioni che lo caratterizzano.

In questo modo, cerco di creare eventi che siano non solo innovativi dal punto di vista sociale, artistico, culturale e architettonico, ma anche profondamente radicati nel loro contesto. È questa combinazione di ricerca artistica e rispetto delle tradizioni che, a mio avviso, rende un festival veramente unico e significativo.”

Quali sono gli strumenti essenziali per una riqualificazione urbana di successo?

 “Per una rigenerazione urbana di successo a base culturale, è fondamentale concentrare l’attenzione su alcuni aspetti chiave. In primo luogo, la partecipazione della comunità è cruciale: coinvolgere attivamente i residenti e le comunità locali assicura che i progetti rispondano alle loro reali esigenze e desideri. La valorizzazione del patrimonio culturale è altrettanto importante, poiché preservare e mettere in risalto il patrimonio storico e culturale dell’area può fungere da base per nuove iniziative artistiche e culturali.

La collaborazione multidisciplinare rappresenta un altro elemento essenziale, integrando competenze di vari professionisti del settore culturale e artistico per creare soluzioni innovative e contestualizzate. È necessario un approccio che unisca innovazione e sostenibilità, adottando nuove tecnologie e pratiche rispettose dell’ambiente per garantire la realizzazione di progetti che siano ecologicamente e socialmente responsabili.

La pianificazione strategica è fondamentale per sviluppare una visione a lungo termine con obiettivi culturali e sociali chiari, mantenendo al contempo la flessibilità necessaria per adattarsi ai cambiamenti e alle nuove opportunità. Garantire finanziamenti adeguati attraverso fondi pubblici, investimenti privati e partnership tra settore pubblico e privato è essenziale per la realizzazione dei progetti. Infine, è importante implementare sistemi di monitoraggio e valutazione per valutare continuamente l’impatto delle iniziative culturali e apportare gli aggiustamenti necessari. Questi elementi insieme contribuiscono a una rigenerazione urbana che non solo migliora l’aspetto fisico degli spazi, ma arricchisce anche la vita culturale e sociale delle comunità coinvolte.”

A sx: Immigrato al contrario – Collettivo Fx. A dx: La Danza – Awer

Nel panorama artistico nazionale e non solo, anche internazionale, quale collega ammiri veramente, qualcuno da cui trai ispirazione o con il quale ti piacerebbe collaborare?

 “Nel panorama di Artisti e Artiste nazionali rispetto e conosco praticamente tutti quindi per me è veramente difficile dire che ho dei preferiti in realtà preferirei dire che in generale sono molto molto vicino a tutti gli artisti che portano avanti la propria carriera in un paese come l’Italia. Siamo fortunati sono un paese costantemente circondato di bellezza, ma molto spesso paghiamo questo con una precarietà forte che attraversa tutti i settori tra cui anche l’artistico. Lato mio mi farebbe piacere essere un riferimento importante per molti di loro conscio del fatto che non si riesce a fare tutto.”

A proposito di questo, spoiler sulle prossime collaborazioni in vista?

“Posso solo dire un festival dell’illustrazione a Locomotiv, un grande grande muro in centro a Bologna, e all’attivo alcuni festival e eventi musicali correlati di interventi artistici in tutta Italia.”

Progetto RestArt Urban festival 8 – Imola 2018

Ti faccio un’ultima domanda nonostante possa forse richiedere una risposta più impegnativa: che effetto può avere l’AI applicata alla riqualificazione urbana e che contributo può portare? Sei favorevole a questo tipo di liaison?

“A me personalmente aiuta molto nella scrittura di alcuni progetti dove si tratta di mettere insieme un po’ quelli che sono già degli elementi dati dal contesto, non analisi, la storia. L’intelligenza artificiale sicuramente non riuscirà mai a sostituirci nell’attività pratica di realizzazione dell’immagine ma non nascondo le potenzialità a livello di progettazione possono creare Limitare il campo del mio operato quando si tratta di arte urbana.se parliamo di rigenerazione invece l’intelligenza artificiale sta già dando grandissimi risultati riguardo l’analisi dei dati ambientali per capire guidare meglio le strategie di rigenerazione delle città del futuro.su questo l’intelligenza dell’artificiale non avrà mai eguali sarà sicuramente uno strumento molto competitivo per riuscire a salvarci da noi stessi.”

Plastic Koala + Graffi Jam Utopia – Bordalo 2 + Vari artisti italiani – Progetto: RestArt 9° edizione – Imola 2020

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