Un laboratorio di gioielli e sculture in metallo che diventa spazio espositivo per illustrazioni, fumetti, collage e fotografie. Un autore onirico come Silvio Cadelo affiancato dal collettivo Action30, che dal 2006 indaga le nuove forme di fascismo e razzismo con un approccio multidisciplinare. Un ponte tra due generazioni di artisti e intellettuali, che si incontrano nel cuore di Bologna per dare nuova vita a uno degli sguardi più lucidi e scomodi della cultura italiana: Pier Paolo Pasolini.
Nella mostra organizzata presso lo Spazio Laura Cadelo Bertrand, che domani in occasione di Art City inaugurerà alle 18:00 in via Urbana 1/F, due percorsi si intrecciano. Da un lato, l’opera di Silvio Cadelo, illustratore e fumettista di culto che ha collaborato con Alejandro Jodorowsky e segnato l’immaginario di intere generazioni. Dall’altro, il lavoro di Action30, collettivo in cui Giuseppe Palumbo, artista poliedrico, nome storico del fumetto italiano, porta avanti una ricerca tra arti visive e analisi critica della società contemporanea. A unire queste due anime, un filo rosso: Pasolini, la sua eredità e la sua capacità di anticipare le trasformazioni del mondo moderno.
A partire da questa premessa, l’intervista a Giuseppe Palumbo esplora il senso di questa mostra e della ricerca di Action30, tra la necessità di rileggere Pasolini alla luce delle inquietudini contemporanee e l’urgenza di trovare nuovi strumenti per raccontare il nostro tempo.
Da dove viene l’idea di fare una mostra di fumetti, illustrazioni e fotografie in un laboratorio di gioielli e sculture di metalli?
Come sempre è il caso che si diverte a creare strani accostamenti, mai casuali però. Incongrui forse, linguaggi e prodotti diversi tra loro, mai lontani veramente. Il caso ha voluto che Laura Cadelo Bertrand, orafa di grande talento, avesse il suo atelier girato l’angolo della via dove ho il mio studio, Inventario… E poi, ha voluto che Laura fosse figlia di una mia vecchia conoscenza, Silvio Cadelo.
Chi è Silvio Cadelo e com’è nata la vostra collaborazione?
È un artista che stimo molto, sin dai tempi della mia formazione d’autore. Agli inizi degli Anni Ottanta era per me uno degli autori di fumetto di riferimento, attraverso le pagine di riviste come Frigidaire e Orient Express (rivista bolognese fondata da Luigi Bernardi) e non solo. Un disegnatore formidabile, non a caso scelto da Alejandro Jodorowskji nella rosa dei disegnatori delle sue serie a fumetti, rosa in cui spiccava un talento come quello di Moebius.
Appena sbarcato sulle pagine di Frigidaire, Silvio mi nota e in breve mi propone al suo editore francese. Lo raggiungo a Parigi (tuttora vive in Francia), il contatto non produce gli effetti sperati, ma siamo amici dal quel lontano 1989…
Negli anni ’80, la mitica rivista Frigidaire, fondata da Stefano Tamburini, Filippo Scozzari e Vincenzo Sparagna, per cui sia tu che Silvio avete lavorato, univa diverse forme espressive come il fumetto e il giornalismo affrontando argomenti di arte, satira, politica, musica, letteratura e filosofia. C’era nell’aria la voglia di creare qualcosa di nuovo. Che cos’ha rappresentato per te questa rivista e che eredità ti ha lasciato?
Posso dire senza enfasi che è stata una esperienza fondamentale. Se sono un autore di fumetti forse è perché ho scoperto Frigidaire e il suo modo di guardare alle merci del mondo (per parafrasare l’editoriale del primo numero, scritto da Vincenzo Sparagna, “Viaggiare tra le merci”). E se tutt’ora, che la scena culturale, la società, il mondo del fumetto sono radicalmente cambiati, il mio approccio critico non è cambiato quando scrivo e disegno una mia storia non sono poi così lontano da quella esperienza, non solo editoriale.
Hai definito Pasolini il trait d’union tra le due mostre che saranno esposte allo Spazio Laura Cadelo Bertrand. Puoi spiegarmi cosa intendi esattamente?
Quando con il collettivo Action30 abbiamo pensato “Pasolini1964 – Oltre Matera e il Mediterraneo”, uno dei nostri più recenti saggi grafici (come li abbiamo battezzati, facendo il verso ai graphic novel), con Alessandro Manna e Maurizio Camerini, autori dei testi, abbiamo costruito un flusso di scrittura che, in forma massiccia, prevedeva slittamenti dentro immagini create con linguaggi ancora una volta diversi: fotografie, collage, fumetti, pittura. Conoscevo il ciclo di opere di Silvio Cadelo, “Survivance des lucioles” in cui spiccava una crocifissione con Pasolini: è stato facile chiedergli di pubblicarla nel nostro libro. Abbiamo rinnovato i legami di amicizia in quel 2020 e da allora il libro è stato protagonista di mostre, di presentazioni, di incontri in scuole e musei. Fino alla recente mostra dedicata a Domenico Notarangelo, le cui foto sono nel nostro libro, a cui è stata dedicata una grande mostra all’Istituto Italiano di Cultura, prossima a spostarsi a Bruxelles, mostra che ospita Silvio, me e Valentina Mir, autrice dei collage del libro.
Così è grazie a quella crocifissione che siamo di nuovo insieme, Silvio e noi di Action30 con le nostre edizioni.
”Pasolini 1964. Oltre Matera e il Mediterraneo” è un’opera che fonde fumetto, fotografia, collage e testi. Come avete costruito questo dialogo tra linguaggi diversi per raccontare Pasolini in un momento così significativo della sua vita?
È stato un attento lavoro di cucitura, una sorta di partitura musicale che grazie al progetto grafico di Beppe Chia (Chialab è a Bologna!), ha preso anche una sua evidenza ed eleganza visiva, permettendo a testi e immagini un dialogo orchestrale. E non è un caso che Maria Fonzino chiuda il libro su una riflessione sui suoni e sulla coreografia legata al Pasolini del Vangelo secondo Matteo.
Nel libro e nella mostra si parla di una crisi personale che Pasolini ha avuto nel 1964 e che ha influenzato profondamente la sua opera. Credi che questa crisi sia riflessa anche nella nostra società contemporanea?
La crisi di Pasolini non è la nostra; troppo è cambiato in questi decenni che ci separano. Ma la sua lucidità, che erroneamente viene scambiata per profetismo, ci aiuta, come in una cartina tornasole, a interpretare la nostra attualità. Quello che lui vedeva in nuce come un pericolo, si è manifestato in modalità diverse e ha creato scenari che lui non avrebbe neanche potuto immaginare. Ma è proprio quella lucidità, quella maniera di essere lucidi, che ci indica una strada possibile da seguire, per decodificare il nostro reale.
Pasolini è stato spesso definito un profeta per la sua capacità di anticipare i problemi della modernità. Criticava aspramente acquell’antifascismo che considerava retorico e incapace di riconoscere le nuove forme di potere. Quanto suona attuale questa frase oggi?
Ecco appunto. Non si tratta di fare profezie, ma di avere una visione sgombra da sovrastrutture (si sarebbe detto un tempo…) e cercare di riconoscere le derive.
Tu fai parte del collettivo Action 30 che che raccoglie figure molto diverse, da filosofi a fumettisti, per indagare le nuove forme di razzismo e fascismo. Come si integra questa multidisciplinarità nel vostro lavoro?
È alla base della costituzione stessa del collettivo. Il nostro metterci in gioco, dismettendo i panni delle nostre singole specificità tecniche, ognuno prova a dialogare con l’altro. Io provo a ragionare da filosofo, un filosofo prova a ragionare con me da autore di fumetti e così via. In questa messa in discussione della singolarità, troviamo un terreno di dialogo e di scontro, una pratica che evitando le nette contrapposizioni, gli specialismi, ci dichiara già nel suo esplicarsi, contrari alle pratiche neo liberiste.
La poesia Profezia di Pasolini, che avete inserito nel libro, sembra anticipare alcuni temi come gli sbarchi e le migrazioni, che oggi sono al centro di un dibattito molto acceso. La collana Labirinti è uno spazio di dialogo tra giovani autori e ricerche accademiche sul tema della migrazione. Qual è l’obiettivo di questa nuova iniziativa e come pensi possa contribuire al dibattito culturale e sociale che state portando avanti anche con Action30?
Ancora una volta il caso ha voluto darci una mano: alcuni giovani autori di Inventario, sono entrati in contatto con un paio di ricercatrici inglesi di stanza all’Università di Bologna e non solo, impegnate nello studio delle problematiche sociali dei giovani migranti. Il linguaggio a fumetti offriva la possibilità di raccontare in maniera più densa e rapida allo stesso tempo, i risultati delle loro ricerche. Così Antonio Mirizzi e Chiara Suanno insieme a Sarah Walker hanno dato vita a “Il gioco dell’oca” e Marco d’Alessandro e Martina Pignedoli insieme a Vanessa Hughes a “Precarious lives”. Brevi storie che aprono scenari su realtà fuori dalla retorica comunicativa consueta. Questo modo di far chiarezza è il contributo migliore alla ricerca che Action30 porta avanti dal 2006.
Come si racconta Pasolini alle nuove generazioni?
Noi ci abbiamo provato mescolando i linguaggi che lui per primo aveva cercato di mescolare, avendo poi trovato nel cinema il mix perfetto tra scrittura e immagine. Lui e altri autori fanno parte di una genealogia di riferimento per il nostro collettivo, che viene utilizzata come specchio deformante, come una cassetta degli attrezzi per lavorare sull’oggi. Nelle potenzialità inespresse del passato, si aprono scenari possibili per il futuro, per citare un altro dei nostri riferimenti. Da Benjamin e Bataille, da Warburg a Pasolini, ecco la genealogia di Action30, fino a Franco Basaglia di cui abbiamo celebrato il centenario con “Costellazione Basaglia”, su testi di Pierangelo di Vittorio, tratto da uno spettacolo-performance realizzato da Pierangelo e me, con la regia di Luca Acito, le musiche di Alberto Casati, i disegni di Squaz, le voci e la prova attoriale di Pierre Renaux e Sophie Maillard.
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