Tutto racconta una storia.
E così anche ogni piccolo, anzi minuscolo, elemento che compone i gioielli tessili di Lisa Labella racchiude in sé una storia, dove natura, memoria e ricerca animano un flusso meticoloso che guida il lavoro manuale di Lisa e porta alla creazione di collane, bracciali, tele e ricami.
Lisa ci ha accolto nella sua casa-atelier in un edificio storico nel centro di Bologna; uno spazio incantevole, con soffitti a volta, antichi pavimenti alla veneziana coperti di tappeti, quadri alle pareti, arredi in legno, morbidi tessuti in lino e piante che portano il verde in questa casa di città. Uno spazio così accogliente eppure così personale, dove entrare in punta di piedi, come Lisa, che apre la porta scalza, gonna lunga, ampia camicia bianca decorata da un fiocco bordeaux, gli occhi azzurro chiaro e morbide onde di capelli biondi. Lisa si muove tra le stanze con la sua presenza leggera, una grazia intensa, decisa e delicata allo stesso tempo. Ogni oggetto, dagli ex voto all’ingresso, all’enorme tela ricamata in cucina, è qui per una sua scelta, una sua visione e capacità compositiva.
“Sono cresciuta nell’arte e nella bellezza, mia mamma lavorava nella moda e collezionava gioielli, non per forza preziosi, ma anche etnici, ricercati. Mio padre, Mario Labella, era un pubblicitario, ma dipingeva anche ed era un collezionista d’arte moderna”, spiega Lisa aggiungendo che il lavoro di suo padre non l’ha mai appassionata, perchè a lei piaceva usare le mani. “Sono orafa – continua indicando il banchetto da lavoro presente in un angolo del laboratorio – mi sono formata in una scuola a Firenze. Sono stati anni molto belli, ma quando avevo 29 anni, appena finita la scuola, e quando nasceva mia figlia, mio padre è venuto a mancare e mi sono bloccata, per seguire le cose che aveva lasciato. Mi sono resa conto che per riprendere avevo bisogno di qualcosa di più essenziale, un pezzo di stoffa e un filo; non punti precisi ma un ricamo libero, un free-flow, come lo stream of consciousness (flusso di coscienza) di Joyce, nel quale i pensieri e le sensazioni vengono riprodotti come compaiono nella mente, senza filtri, logiche o punteggiatura.”
Ne sono nate tele ricamate, ciascuna frutto di 7-8 giorni di lavoro. Poi sono venuti i ricami, dai richiami geometrici, più radi o molto fitti, l’infilaggio di antiche perline e materiali ricercati, la creazione di fiori con minuscoli pezzi di seta e intrecci di filo.
“Ho sempre infilato e sono sempre stata appassionata di ricamo, ma sono autodidatta e credo che questo faccia sì che il mio approccio sia privo di prefigurazioni. Ho perso mia mamma che avevo 20 anni. Lei ha sempre ricamato, la osservavo, ma facevamo poco insieme, tranne le tinture di stoffe, di vestiti. Ricordo però un episodio che ha sicuramente lasciato in me una traccia: a dieci anni mi regalò una valigetta di vimini che lei stessa aveva foderato. Al suo interno sei piccole scatoline contenenti tanti pezzettini di stoffa e fili, e una bambolina nuda, alla quale creare i vestiti.”.
Il tavolo centrale dell’atelier è coperto da un enorme espositore in legno dove ogni piccola nicchia raccoglie componenti di gioielli antichi, piccoli ciondoli, chiusure e decorazioni. Intorno, vasi in vetro pieni di perle, perline, nastri, chiusure, stoffe decorate. Nella stanza accanto, rocchetti di fili di tutti i colori, strisce di seta colorata di vecchi sari indiani. Quello che può sembrare un insieme caotico ha in realtà una precisa collocazione e armonia orchestrata da Lisa. Mentre Tobia, arrivato da un canile, e Nino, pappagallino inseparabile che ha scelto Lisa come sua partner, “chiacchierano” in sottofondo, lo sguardo abbraccia le pareti, gli oggetti, i dettagli, soffermandosi in questa quiete ricca di vissuto, che quando te ne allontani ti sembra di aver solo sfiorato la superficie di infiniti mondi.
Avviene lo stesso anche osservando le sue creazioni: ciondoli ricamati, scapolari con piccolissimi ciondoli e terminali in seta, bracciali con fiori di stoffa e filo, borsine ciondolo con ritagli di seta. A un primo sguardo superficiale, e certamente inesperto, se ne apprezza la dimensione infinitesimale, l’accostamento dei colori, la raffinatezza delle composizioni, la delicatezza. Ma quando Lisa comincia a raccontare, ne comprendo la complessità e la ricerca.
“Prediligo materiali antichi e di recupero, ho iniziato a collezionare materiale tessile molto ricercato, che trovo nei mercatini, online, nelle fiere, ormai ho fatto amicizia con alcuni antiquari, che mi chiamano quando trovano qualcosa che sanno potrebbe piacermi. Cerco di usare materiale riciclato: antiche stoffe tessute a telaio, scarti di seta di sari indiani. Mentre con i fili è molto difficile e non sempre si riesce, perchè si spezzano.”
La ricerca più difficile è stata quella di antiche perline di vetro colorato chiamate “polvere” per la loro dimensione talmente minuscola da essere più piccole ancora della “sabbia” che indica perline più “grandi”. “Mia mamma ne aveva un sacchettino, le ho cercate ovunque, poi finalmente le ho trovate. Sono talmente piccole che per infilarle si utilizza un cappio di filo metallico sottilissimo, perchè un ago sarebbe troppo grande. Sono perline che hanno cento anni, o anche di più.”
Su ogni materiale Lisa interviene poi per ottenere quello che esattamente desidera: tinge i tessuti, così come i fili, che utilizza anche per creare trecce dai sei ai dodici fili con diverse sfumature, per appendere i ciondoli. I ricami piatti si compongono di infiniti punti sovrapposti l’uno all’altro, un leggero schizzo di lapis sul tessuto, poi il flusso di lavoro prosegue senza premeditazioni, così come l’accostamento di colori. Un ricamo dalle dimensioni di circa 3/4 cm che potrà diventare un ciondolo, richiede all’incirca due giorni da 8 ore di lavoro. Anche i sacchettini in tessuto nei quali Lisa confeziona i suoi gioielli sono diversi l’uno dall’altro e lavorati singolarmente con tinture, ricami, fiori e ritagli di stoffa.
“Una delle cose che preferisco è il lavoro con le sete, scegliere i colori. Adoro il mare, stare in mezzo alla natura, lì le cose vengono meglio. Sono particolarmente ispirata da ciò che nasce dalla terra, ai fiori, alle piante, alle farfalle. I colori mi scatenano da sempre qualcosa di viscerale. Fin da bambina, dopo svezzata, e ancora oggi, mi succede una cosa stranissima: quando vedo un particolare colore giallo, mi viene un sapore giallo in gola, mi capita anche in sogno. Penso sia legato ad un ricordo dell’infanzia, che non ho ancora ritrovato.”
Le sue creazioni sono miniature tessili, quasi delle sculture, “nelle piccole, piccolissime cose, ho sempre ritrovato quell’amore che da bambina mi riempiva gli occhi di meraviglia. Avvertirne la potenza estetica mi fa sentire fortunata. Ricamare per me è terapeutico, mi dà un grande senso di pace. Quando ricamo ho tanto tempo per pensare e penso in modo diverso. Nella vita normale sono un po’ ossessiva, ho mille pensieri, ma quando ricamo da sola e in silenzio i pensieri si mettono in fila”.
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