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Parità di genere nel Music Business: Equaly porta a Bologna “Safe&Loud”. Intervista a Francesca Barone

12-04-2024

Di Beatrice Belletti

Questo sabato 13 aprile, dalle 10 alle 16, lo spazio Officina di DumBO accoglie SAFE&LOUD – Live, Sicurezza e Parità di Genere, la formazione gratuita organizzata da Equaly, la prima realtà italiana ad occuparsi attivamente di parità di genere all’interno del music business, in collaborazione con il brand Utility Diadora.

L’appuntamento bolognese è la seconda tappa di un tour di formazione su produzione live, sicurezza e parità di genere sviluppato su tre città italiane: Milano (6 aprile), Bologna (13 aprile) e Roma (20 aprile).

La giornata di formazione sarà divisa in tre aree tematiche presentate da tre professioniste del settore:

  • Lucia Stacchiotti (Produzione & Management per iCompany), Produttrice Esecutiva del Concerto del 1° maggio di Roma e responsabile di produzione di premi musicali (Premio Tenco, Ciao Rassegna Lucio Dalla) e festival (Cous Cous Fest, Alghero Music Spotlight), racconterà la sua esperienza nel settore con un focus particolare sulla produzione degli eventi live.
  • Arch. Barbara Alberti e Arch. Elena Canaparo, Responsabili della sicurezza e socie STEA. Barbara Alberti per le tappe di Milano e Bologna, ed Elena Canaparo per la tappa di Roma, racconteranno le attività principali del loro lavoro e spiegheranno l’abc della sicurezza in fase di allestimento e produzione, e quanto quest’aspetto sia importante e mai trascurabile.
  • Francesca Barone, Music Supervisor e co-founder di Equaly, racconterà cosa siano le discriminazioni di genere e il doppio standard in questo settore, anche per quanto riguarda gli “oggetti”, molto spesso pensati esclusivamente sul corpo e sull’esigenza maschile.

Francesca Barone, Music Supervisor e co-fondatrice di Equaly, racconta: «Il legame con Utility è nato durante il concerto del Primo Maggio di Roma nel 2023 per l’innovazione concreta portata dal brand per le lavoratrici. Per questo abbiamo deciso di sviluppare una formazione ad hoc sulla produzione della musica dal vivo, sull’importanza della sicurezza e sulla parità di genere (anche degli oggetti), in linea con i valori del nostro manifesto».

Il percorso è dedicato a coloro che già lavorano nel settore del live o aspirano a farne parte, l’iniziativa rappresenta un’unione tangibile tra l’impegno di Equaly e l’approccio all’avanguardia di Utility Diadora nel mondo dell’abbigliamento da lavoro e delle calzature antinfortunistiche, dimostrato della collezione Athena.

Romina Zanchetta, Direttrice Marketing e Comunicazione di Utility Diadora sottolinea che la collezione è stata progettata “per le donne lavoratrici” e che «rappresenta un nuovo approccio, un cambio culturale nel settore Safety, per questo è di fondamentale importanza poter affrontare le tematiche relative alla sicurezza direttamente con le lavoratrici».

Francesca Barone

Abbiamo raggiunto Francesca per farci raccontare di più:

Ciao Francesca, siamo alla vigilia dell’appuntamento bolognese di formazione gratuita targata Equaly “Safe&Loud” in collaborazione con Utility Diadora. Ci racconti la scelta delle tre aree tematiche?

«Innanzitutto siamo davvero molto contente di portare per la prima volta un’attività Equaly così importante a Bologna, dove c’è un team Equaly dedicato formato da Laura Gramuglia e da Antonia Peressoni.

Per la scelta delle aree tematiche, siamo partite dal motivo per cui abbiamo scelto di collaborare con Utility (già sponsor del concerto del 1° maggio), che ha creato una nuova scarpa antinfortunistica progettata sulla conformazione del piede femminile. Si tratta di una grande innovazione in termine di “prodotti di genere”, che ci ha dato l’ispirazione per progettare una formazione che parli di produzione di eventi live, di sicurezza dei cantieri di questi eventi, e di parità di genere anche, appunto, dal punto di vista degli oggetti e dei luoghi».

 

Guardando alla situazione generale dell’industria, pensi sia corretto dire che ci sia un evidente blocco di accesso ai percorsi formativi e lavorativi per le donne? E tenendo conto dei diversi percorsi professionali possibili per artiste/performer e addette ai lavori, quali azioni concrete pensi siano necessarie per incentivare e agevolare la presenza di più figure professionali femminili? 

“Il blocco di accesso ‘formale’ per quanto riguarda i percorsi formativi, ormai non c’è più; le donne possono fortunatamente accedere a qualsiasi tipo di percorso di formazione vogliano, sulla carta. Anzi, parlando di lauree, le donne in Italia in media si laureano di più degli uomini, più in fretta e con voti più alti. Il problema subentra successivamente, quando si entra nel mondo del lavoro, sia negli uffici che sui palchi. L’industria musicale è caratterizzata da poche aziende che possono garantire un contratto a tempo indeterminato, aziende poi quasi tutte di medie/piccole dimensioni, che prevedono quindi posti di lavoro limitati e un turnover praticamente nullo quando si parla di ruoli manageriali o dirigenziali.

Le altre posizioni lavorative sono costituite da freelance e similari. In questo scenario (difficile da gestire per chiunque a prescindere dal genere) si aggiungono una serie radicatissima di stereotipi e discriminazioni di genere che complicano la situazione, non tanto per quanto riguarda l’accesso quanto se si pensa di costruire una carriera con dei progressi, sia a livello di posizione che di stipendio. Le lavoratrici del settore sono numerose se guardiamo ai ruoli con limitata responsabilità o in particolari aree (comunicazione, marketing, ufficio stampa); parlando di ruoli di manager e/o dirigenziali, le donne praticamente scompaiono, a parte qualche eccezione.

Le azioni concrete da portare avanti sono lavorare sulla consapevolezza di questi temi all’interno dell’industria, cosa che si fa davvero poco a livello istituzionale, premiare davvero le persone per il loro merito (a prescindere dal genere) e cercare di ridurre il più possibile il gender pay gap. Chi ha potere e privilegi ha una grande responsabilità in tutto questo, e se ne deve fare carico».

 

Parliamo di numeri e testimonianze. Avete pubblicamente presentato dati molto significativi, nello specifico mi riferisco ai numeri dei festival italiani del 2023, e parallelamente il primo report relativo alla violenza di genere nel settore musicale, dal vostro questionario aperto e anonimo. Qual è il comune denominatore? E cosa può fare chi vede la propria voce silenziata?

«Il primo comune denominatore è l’approccio analitico (sia qualitativo che quantitativo) al fenomeno della discriminazione nel nostro settore. É evidente che un ambiente ostile in cui le molestie di genere psicologiche, economiche e fisiche sono all’ordine del giorno, subdole e a volte impercettibili, non aiuta nessuna e, aggiungo, nessuno.

Se usciamo dagli uffici delle major o assimilabili, multinazionali che portano avanti precise direttive estere su diversità, inclusione etc., l’ambiente che ci troviamo davanti è quello di aziende fatte da poche persone o da freelance, che di solito non hanno policy aziendali che aiutino a regolare i rapporti sia personali che professionali e creino degli standard condivisi di comportamento per ridurre il più possibile le discriminazioni. Manca proprio la cultura inclusiva di base, che spesso viene proprio osteggiata.

Ed ecco che sui palchi dei festival analizzati dal nostro report troviamo il 15% di artiste soliste contro il 75% di artisti solisti (con alcuni di questi festival che avevano una presenza femminile pari allo 0%); ed ecco che dal nostro report sulle molestie nel nostro settore emerge che la maggior parte ha dichiarato di averne subite durante la propria carriera. Io in primis potrei citare decine di episodi, più o meno gravi.

Le discriminazioni di genere nell’industria musicale (negli uffici, sotto e sopra i palchi) non sono un’eccezione, e non si limitano alla nostra industria. Sono il frutto della cultura patriarcale con cui chiunque nato/a in Italia è cresciuto/a e si è formato/a. Gli stessi numeri, a volte un po’ migliori, a volte peggiori, si ritrovano in tutti i campi. Cosa si può fare? Studiare, accrescere la propria consapevolezza su questi temi, informarsi, e parlarne con più persone possibili. Fare rete infatti è uno dei punti del manifesto di Equaly. Abbiamo anche un gruppo privato (e sicuro) su FB a cui possono iscriversi le donne e le persone che si identificano in generi sotto rappresentati».

 

Al terzo anno di attività di Equaly, fondata nel 2021, quali sono i traguardi più significativi che avete raggiunto e quali saranno le prossime tappe e obiettivi?

«Dal mio punto di vista il traguardo più significativo è sapere di dare il nostro contributo al grande cambiamento culturale che i femminismi portano avanti per migliorare la vita di tutte le persone, e poi sapere che Equaly è una realtà conosciuta nell’ambiente, un punto di riferimento per questo tipo di tematiche. Continueremo a portare avanti le nostre attività, sia di ricerca (fondamentali) che di aumento di consapevolezza, perchè vogliamo continuare a lavorare per rendere il nostro ambiente sempre più bello, inclusivo e sicuro per chiunque, cercando di non perdere più per strada pezzi di musica, solo perchè scritti o cantati da donne».

 

Oltre a seguire le iniziative di Equaly, puoi lasciare delle fonti di approfondimento e qualche consiglio pratico per le nostre lettrici che hanno, o aspirano ad avere, una carriera nel music business?

«Mi focalizzo sui consigli pratici dando per scontato l’amore per la musica: fare rete il più possibile, crearsi rapporti umani e professionali di valore, informarsi sempre, accrescere la propria consapevolezza, provare a fare tutto quello che ci viene in mente cercando di non cadere nella classica sindrome dell’impostore, conoscersi senza remore, accettare di fallire. Parlare e parlarsi, senza paura di essere tacciate di essere rompiscatole o “bacchettone” e senza paura di mostrare apertamente solidarietà a colleghe in difficoltà. È nella solitudine che più si insidiano insicurezze e dubbi.

Per finire, citando Michela Murgia: “cercare di compiacersi, non di compiacere”».

 

Recentemente Equaly è stata chiamata in causa in un articolo d’opinione [recensione del secondo volume Femita di Laura Pescatori] sulla testata digitale Rockol in cui il giornalista Franco Zanetti, in relazione alla citazione di Laura Gramuglia, scrive: «Cominciando dai festival: il dato [10% di autrici e 18% di artiste soliste – N.d.R.] evidentemente tiene conto dei cosiddetti “festival rock”, e non più in generale delle performance dal vivo che si sono tenute in Italia (includendo la musica leggera, il pop, le cover band, i piano bar, la musica classica e jazz); non mi stupirei se allargando il campo della statistica i numeri cambiassero anche sostanzialmente». Hai un commento da rilasciare, anche sulla base delle ampie ricerche condotte da Equaly in merito?

«Possiamo affermare che l’articolo su Rockol a cui fai riferimento può essere annoverato tra i migliori vademecum delle obiezioni che riceviamo. Purtroppo è il punto di vista di chi non conosce evidentemente i temi di cui parla, non si è informato (o non l’ha fatto con la giusta onestà intellettuale) ma pensa sia accettabile affrontare un tema che non conosce a suon di luoghi comuni e provocazioni polemiche. Potremmo entrare nel merito riga per riga, ma sarebbe davvero troppo lungo. 

Questo tipo di opinioni, di solito portate avanti nel più classico atteggiamento cosiddetto “mansplaining”, sono un punto di vista di parte (uomo, adulto, privilegiato) che si erge a punto di vista universale. Questo pur non facendo parte della popolazione discriminata (e quindi non avendo mai esperienziato sulla sua pelle i tantissimi tipi di discriminazione di genere) e non dando nessun credito a quella parte di popolazione discriminata che cerca di spiegare tutti i disagi e le ingiustizie che è costretta a subire quotidianamente, in tutti i campi.

I dati che raccogliamo ci servono a far emergere un disagio che già sentiamo, non dobbiamo convincere nessuno di questo, sappiamo che è così. Se qualcuno decide di sapere meglio di noi cosa passiamo nelle nostre vite anche quando portiamo dati numerici eloquenti beh… che dire!

È importante però ricordarsi che per confutare dei dati servono altri dati, non esperienze personali. 

A proposito di dati reali, ne abbiamo raccolti altri in questo nostro articolo, in cui abbiamo analizzato le classifiche FIMI degli album più venduti dal 2012 al 2022, constatando che le artiste presenti sono arrivate ad essere il 10%. 

La ragione non risiede nel classico “alle donne la musica interessa meno che agli uomini”, come dice Zanetti (e non solo lui), perchè allora dovrebbero spiegarci cosa interessa davvero alle donne (le donne tutte, come fossero un’unica massa informe, con un’unica personalità), visto che non primeggiano assolutamente in nessun campo professionale. La questione è ovviamente molto più complessa di così.

È sempre importante prima di esprimere opinioni su fatti a noi estranei verificare le fonti ed informarsi. A questo proposito lascio a Zanetti e chiunque voglia, qualche spunto:

Questo esperimento che spiega quanto le discriminazioni abbiamo un impatto devastante su autostima e capacità di portare avanti le proprie aspirazioni 

– un invito a coltivare l’empatia, l’ascolto e a mettere in discussione le proprie opinioni

– Provare a leggere una qualsiasi delle migliaia di pubblicazioni sugli studi di genere delle ultime decine di anni, magari di filosofi femministi (con la i), come ad esempio Lorenzo Gasparrini. Purtroppo sappiamo che se le stesse cose che diciamo noi le dice un uomo, hanno più valore. Ma alla fine, “whatever works”».

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