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Frank is back… a Bologna. Le origini degli incubi di Mary Shelley

22-11-2018

Di Sara Musiani

Frankenstein, un nome che tutti conosciamo e che associamo al mostruoso protagonista dell’omonimo romanzo di Mary Shelley, quest’anno compie 200 anni e torna a far palar di sé soprattutto a Bologna, dove tutto è iniziato.

Nel 1818 la scrittrice Mary Shelley diede alle stampe il suo racconto che le costò anni di fatiche, da quell’inconsueta “estate senza sole” del 1816 che la portò in casa di amici e dove, per gioco, decise di inventare un racconto dell’orrore traendo ispirazione da un incubo che l’assalì una notte durante quella strana vacanza estiva.

Bologna, e gli studi condotti proprio nelle aule della sua Università dallo scienziato Luigi Galvani, furono con molta probabilità le cause di quel turbamento notturno. Ce lo spiegherà un docufilm per la regia di Carlo Sarti, Frankenstein Senior ed una successiva, inconsueta, visita guidata. L’ultima proiezione serale sarà domani, venerdì 23 novembre al Museo di Palazzo Poggi, che ospita gli strumenti appartenuti a Galvani (oltre ad innumerevoli, inquietanti cere anatomiche del corpo umano).

Antonio Muzzi. Luigi Galvani compie esperimenti con la macchina elettrostatica alla presenza dei familiari, 1862

Attraverso strumenti scientifici, ritratti e antichi volumi gli interpreti del film faranno rivivere quelle atmosfere gotiche, l’emozione per quei primi esperimenti su quella che verrà definita “elettricità biologica” condotti da Galvani e Giovanni Aldini, suo nipote e pupillo, alla fine del Settecento. Questo progetto fa parte del programma Frankenreads in Bologna; organizzato dal Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne dell’Università di Bologna. A partire dal 31 ottobre infatti il Sistema Museale di Ateneo, in collaborazione con l’Archivio Storico, ha organizzato Frank is back, una serie di eventi per celebrare i 200 anni dalla prima pubblicazione del romanzo di Mary Shelley.

Noi abbiamo incontrato Giovanni Aldini “redivivo” accanto al quadro che lo ritrae assieme al suo mentore Luigi Galvani intento in uno dei suoi esperimenti sulle rane; quello scienziato un po’ folle che superò i limiti morali della sperimentazione dello zio, e che fece parlare di sé in tutta Europa, applicando il galvanismo su copri umani dissezionati, anziché limitarsi alle rane. Massimo Nicolini, attore teatrale e cinematografico, ne è l’interprete principale che con Frank is back si è lanciato in un’esperienza recitativa impegnativa: “al contrario del palcoscenico che crea distanza fra l’attore ed il suo pubblico questa situazione è quasi cinematografica, questa distanza viene abbattuta” .

L’aspetto più particolare è infatti l’incontro con i visitatori che dalla proiezione a schermo del documentario possono fisicamente interagire con i protagonisti, in un tour di stanza in stanza, dove la recitazione diventa live: “La difficoltà maggiore era restare nella parte. Talvolta gli attori si nascondono dietro al loro personaggio sul palcoscenico, qui non era possibile ed ogni tanto venivamo interpellati, come se fossimo vere e proprie guide” .

Il teatro del museo si presta perfettamente a questo cortocircuito: gli strumenti di Galvani sono reali, tangibili e accompagnano la rappresentazione in modo estremamente realistico. Massimo/Aldini è stato ideato in tempi stretti, ma la caratterizzazione è stata immediata: “solitamente mi avvicino al personaggio attraverso lo studio della sua fisionomia, ma ammetto che l’immaginazione a volte istintivamente andava verso la trasposizione cinematografica comica del grande Gene Wilder nel film Frankenstein Junior”.

Lo sguardo intenso e febbrile di Aldini (almeno per come compare nei ritratti che ci sono stati tramandati) ed i sui libri aperti proprio su quelle pagine illustrate di tavoli operatori e cadaveri ci fa immaginare facilmente quello che a cavallo con il secolo dei Lumi deve essere stato il fermento scientifico, l’immaginare l’inimmaginabile l’elettricità che diventa protagonista, forse capace di indurre a nuova vita la materia inanimata.

Mary Shelley attinse da diverse fonti le citazioni scientifiche di cui è pieno il suo romanzo più famoso. Donna indipendente e colta, per un’epoca in cui le donne non avevano voce, ha dato vita al racconto che oggi celebriamo in questa città che grazie a con questa iniziativa scopriamo aver contribuito non poco alla sua nascita.

Per avere maggiori informazioni e prenotare vi lasciamo il link al sito.

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