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garage BENTIVOGLIO. La meraviglia che non t’aspetti

04-11-2024

Di Nadia Ruggiero

Non passa inosservata, indipendentemente dalle reazioni che suscita.

Chiunque passi al civico 3 di Via del Borgo di San Pietro, centralissima strada nel cuore di Bologna, non può non notarla: una vetrina su strada, in cui, da settembre dello scorso anno, viene esposta ogni mese un’opera diversa, un pezzo unico. Un progetto di arte “quasi” pubblica, in un piccolo garage di Palazzo Bentivoglio, storico edificio bolognese che ospita una collezione permanente di opere cedute o recuperate da privati. “garage BENTIVOGLIO” – con la prima parola scritta in minuscolo e la seconda in maiuscolo, come da marchio di fabbrica – nasce come costola del Palazzo da cui prende il nome e di cui rappresenta la parte più democratica e popolare.

Ettore-Sottsass-Carlton-1981-garage-BENTIVOGLIO-Palazzo-Bentivoglio-Bologna-ph.-Carlo-Favero

A gestirne il progetto è Davide Trabucco, bolognese doc con un passato universitario tra i banchi della Facoltà di Architettura, che evidentemente non rappresentava la sua vera vocazione. Vocazione che scopre quando, ancora studente, partecipa a un bando indetto da Collegio Venturoli e vince inaspettatamente. Grazie alla Fondazione del Collegio, che sostiene i giovani artisti assegnando loro borse di studio e spazi in cui lavorare, Trabucco ha modo di costruirsi il proprio percorso nel mondo dell’arte contemporanea.

Suo è il celebre progetto “Conformi”, nato nel 2015 dall’esigenza di ordinare le foto salvate sul proprio computer, ciascuna delle quali viene messa in dialogo con un’immagine reperita online all’interno di un quadrato tagliato in diagonale. “Conformi è forse la cosa per cui sono più riconosciuto e che mi ha dato la possibilità nel tempo di collaborare con vari brand”, afferma l’artista, a cui piace particolarmente lavorare con le immagini. Raccolte sul web, queste ultime, dopo un percorso di modifica, attraverso questo progetto tornano al web in modo diverso. Su Instagram le trovate su @conformi_, pagina indipendente rispetto a quella personale di Trabucco, chiamata @thegreatcaulfield.

Sei project manager di Palazzo Bentivoglio: cosa rappresenta questo spazio?

Palazzo Bentivoglio è un edificio cinquecentesco che, per volontà di appassionati collezionisti, ha accolto nel corso degli ultimi anni una collezione di opere sempre più numerosa, curata da Tommaso Pasquali. L’idea di cominciare a costruire una collezione e a condividerla con la comunità si è fatta strada a partire dal 2016. Il Palazzo è dotato di un sotterraneo molto suggestivo, al quale si accede dal cortile interno, che di solito è chiuso al pubblico, ma viene aperto almeno un paio di volte all’anno per ospitare le mostre realizzate coi pezzi della collezione.

Sei anche curatore di “garage BENTIVOGLIO”: come nasce questo spazio e che significato ha?

“garage BENTIVOGLIO” è uno spazio su strada e nasce dalla volontà di mostrare oggetti della collezione che non hanno la possibilità di entrare a far parte, a breve termine, di una mostra nei sotterranei. È una vetrina, aperta dal mercoledì al sabato, dalle 19.00 alle 23.00, basata su una programmazione mensile, che testimonia la presenza dell’istituzione di Palazzo Bentivoglio che, come ti dicevo, è meno accessibile rispetto al garage, essendo aperto al pubblico in occasioni limitate. Il garage vuole essere maggiormente inclusivo e aperto alla comunità, alle persone che orbitano intorno al Palazzo, al variegato universo urbano che popola la strada adiacente. Chi passa di lì sa che trova sempre qualcosa. Inoltre, volevamo creare una rottura rispetto all’idea che gli spazi su strada siano quasi sempre spazi commerciali legati al cibo. “garage BENTIVOGLIO” è una vetrina in cui si espongono opere senza alcuna richiesta di acquisto, quindi non è uno spazio mercificato. Per certi versi è più importante che sia aperta la vetrina rispetto a quello che c’è dentro.

Davide-Trabucco-stilopòdi-2017-garage-Bentivoglio-Bologna_Foto-Carlo-Favero

Come e quando ha inaugurato “garage BENTIVOGLIO”?

A partire da giugno 2023, “garage BENTIVOGLIO” ha ospitato due mie opere, prima delle esposizioni degli artisti, partite a settembre dello stesso anno. La prima delle due, “Stilopòdi”, è un neon dalla forma particolare, che avevo realizzato per una mostra di alcuni anni prima; l’altra, “Call me by your notes”, si ispira al celebre film di Luca Guadagnino “Call me by your name” e rappresenta un omaggio al regista in occasione della 37° edizione del Cinema Ritrovato. L’ho realizzata coprendo le vetrine del garage con due pellicole: in una avevo messo i fotogrammi del film di Guadagnino e nell’altra quelli di altre pellicole che li ricordavano molto, pur essendo di altri registi. Guy Debord diceva che la maggior parte dei film merita soltanto di essere smembrata per comporre altre opere. Se uno prendesse fotogrammi da altri film, potrebbe costruire un nuovo film solo con quei fotogrammi. Mi piace l’idea di riutilizzare all’infinito le cose, non perdere tempo a produrle, ma rimetterle insieme.

Davide-Trabucco-call-me-by-your-notes-2023-garage-BENTIVOGLIO-Bologna-ph.-Carlo-Favero

C’è un percorso che illustra le opere ospitate in “garage BENTIVOGLIO”?

Voglio che siano liberamente interpretabili: sulla vetrina ci sono solo il nome dell’autore e il titolo. Non aggiungo testi perché non intendo essere didattico: chi passa, magari di fretta, non deve avere l’ansia di non aver letto il testo, di non averlo capito. Per me che amo le immagini, l’attenzione non deve andare a ciò che si legge, ma alla vetrina con l’oggetto che ospita, che entra in rapporto con lo spazio, dal quale è separato solo attraverso un vetro. Non si può dire, però, che l’interpretazione sia totalmente neutra, poiché in ogni caso è condizionata da come io ho scelto di allestire lo spazio. Chi eventualmente volesse approfondire le mie intenzioni può farlo attraverso la lettura dei comunicati stampa.

Come vengono selezionate le opere esposte?

Come ti dicevo, siamo partiti dalla volontà di mostrare al pubblico opere che, almeno a breve, non entreranno a far parte di una mostra. Ad esempio, fino al 13 ottobre abbiamo esposto una combinazione di tavoli di Massimo Morozzi, del quale nella collezione di Palazzo Bentivoglio abbiamo un altro pezzo, ma al momento non ne faremo una mostra né una monografica. In compenso, l’oggetto scelto funzionava bene nel garage. Viceversa, magari un quadro della collezione permanente non è adatto al garage, ma ha maggiori possibilità di entrare a far parte di una mostra o di essere prestato a musei o istituzioni. Il nostro obiettivo è anche quello di stringere rapporti e stabilire connessioni con queste realtà, in presenza di una verificata qualità della proposta artistica. Di recente abbiamo prestato al Museo del Prado un’importante opera di Guido Reni per una monografica. L’opera prestata, quando fa ritorno, rientra sempre carica di nuovo significato.

Massimo-Morozzi-Tangram-1983-garage-BENTIVOGLIO-Palazzo-Bentivoglio-Bologna-ph.-Carlo-Favero

Le opere che finiscono in garage fanno tutte parte della collezione permanente del Palazzo?

La regola che ci siamo dati è quella di esporre le opere del Palazzo o comunque appartenenti all’immaginario dei collezionisti. Ne abbiamo esposte anche alcune che non fanno parte della collezione, come quelle di Irene Fenara, Agostino Iacurci e Franco Albini. A eccezione di Iacurci, che ha realizzato un’opera site-specific appositamente per il garage, di solito esponiamo pezzi già esistenti. Sono contro l’iperproduzione: esistono già molte opere belle, i magazzini ne sono pieni, gli artisti ne hanno di invendute che non espongono. Perché chiedergliene un’altra, quando si può iniziare un nuovo ragionamento, semplicemente spostandone una esistente?

Agostino-Iacurci-Ruinenlust-2024-garage-BENTIVOGLIO-Palazzo-Bentivoglio-Bologna-ph.-Carlo-Favero

Nel 2023 Irene Fenara, Ilmari Tapiovaara, Matteo Nasini, Luisa Aiani e Ico Parisi; nel 2024 Agostino Iacurci, Pablo Bronstein, Franco Albini, Edmund De Waal, Ettore Sottsass, Aldo Rossi, Massimo Morozzi, Piero Fornasetti: tra le opere finora esposte quale ti porteresti a casa tua, se potessi scegliere, e perché?

Domanda difficile. Se dovessi scegliere il medium, direi la proiezione “Megagalattico” di Irene Fenara, perché è immateriale. Consiste in una serie di registrazioni effettuate attraverso telecamere di videosorveglianza all’interno di alcune sale server, che l’artista ha recuperato su internet e proiettato sulle pareti dello spazio: le lucine riprese all’interno di grandi stanze buie sembrano delle costellazioni, restituiscono una dimensione cosmica e dilatata. Mi porterei a casa anche un vasetto di De Waal e la miniatura della libreria di Sottsass, con la magica proiezione dell’ombra sulla parete. Personalmente, sono maggiormente affascinato dalle immagini che dagli oggetti.

Irene-Fenara_Megagalattico_garage-BENTIVOGLIO_Foto-Carlo-FAvero

Ti è mai capitato di osservare come reagiscono i passanti alle opere esposte, magari fingendoti un passante a tua volta?

Io non mi accredito mai. A volte apro la saracinesca, ma non dico mai chi sono. Se applico alla vetrina l’adesivo con il nome dell’artista e dell’opera, magari la gente mi chiede qualcosa in più, ma non si fa l’idea che io sia il responsabile, chi ha pensato quella cosa. C’è chi chiede e chi passa più distrattamente, ma va bene che uno in quel momento sia disattento, a me piace questa cosa.

Off-topic. La chiave che indossi oggi? Ho notato che ce l’hai in diverse foto pubblicate online.

La chiave è un regalo di un’amica. Non ho idea di quale sia la sua provenienza, però mi piace. È difficile che non ce l’abbia dal collo, la indosso quasi tutti i giorni. Noto che alle persone piace, forse perché è un oggetto che rimanda ad altro, a qualcosa che non è qui, apre una porta chissà dove. Mi dà anche conforto, sicurezza, è un’uniforme, il mio codice. Tutte le mattine, se non ce l’ho, a un certo punto mi chiedo: “Dove l’ho messa?”

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