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“Guardiamo la società attraverso la lente dell’arte contemporanea”. In via del Porto lo spazio fluido e partecipato di Parsec

07-11-2024

Di Noemi Adabbo

Parsec è un’associazione, uno spazio fisico fluido e partecipato, un collettivo curatoriale ma soprattutto è un gruppo di persone che in pieno lockdown ha deciso di incontrarsi e unirsi per confrontarsi e utilizzare come monito trainante del proprio metodo di lavoro l‘unità di misura astronomica del parallasse, utilizzato per misurare le distanze stellari. Qui, il collettivo lo mette in campo per sanare le distanze tra società, sociale e arte, cercando di andare incontro alle diverse interpretazioni tramite l’assunzione di diversi punti di vista dove fondamentale rimane l’occhio dell’arte contemporanea. La natura differente di Parsec si ritrova anche nella non identificazione in un solo genere di rappresentazione ma mediante mostre, presentazioni di libri, talk e performance nella loro sede di Via del Porto 48 C/D.

Ogni arte ha l’opportunità di scegliere con che lente di ingrandimento essere osservata e Parsec si pone proprio qui, nel mezzo, in quello spazio condiviso e destrutturato dove ogni artista può esporre le proprie lunghezze e la propria luce.

Diteci dove, quando e perché è nato? Chi e cosa è Parsec?

“Parsec è nato durante il lockdown nel 2020, dall’incontro di dieci persone. Le prime riunioni si sono svolte online e fin da subito è emersa una comunanza di obiettivi e visioni, seppure con le dovute sfumature; proveniamo tutte da studi ed esperienze differenti, ma che rientrano nell’ambito culturale, curatoriale e artistico, sia teorico che pratico. Considerando il difficile inserimento lavorativo in questo settore in Italia abbiamo deciso di costruire insieme il nostro piccolo spazio di ricerca, in cui poter mettere in pratica le nostre competenze. Finalmente, a giugno dello stesso anno ci siamo conosciute di persona e abbiamo deciso di fondare un’associazione e di prendere in affitto uno spazio fisico qui a Bologna, in Via del Porto 48 C/D. Volevamo costruire un luogo nel quale fare ciò che desideravamo: un luogo di condivisione e esperienza, in cui attraverso la lente dell’arte contemporanea creare momenti di confronto e discussione. Parsec è quindi tante cose insieme, un gruppo di persone che quotidianamente sperimentano modalità di lavoro creativo, un’associazione, uno spazio fisico fluido e partecipato, un collettivo curatoriale.”

Parsec, il nome è sintetico ma allo stesso tempo di rimando, quasi altisonante e di mistero, denso di significato: quali sono le similitudini che ritrovate nell’impianto del progetto e nel suo sviluppo?

“In astronomia, il parsec è un’unità di lunghezza basata sul metodo della parallasse, il modo più antico e affidabile per misurare le distanze stellari. Dal greco παράλλαξις «mutamento, deviazione, accavallamento» e παραλλάσσω «cambiare, spostare», parallasse indica quindi sia somiglianza e affinità che deviazione, alterazione e contrapposizione. Questo nome è stato scelto in una giornata di brainstorming e ci è sembrato subito calzante con quello che stavamo diventando: un’unione di voci differenti che guardano verso un obiettivo comune.”

Le collaborazioni intraprese sono tante così come lo sono i campi artistici di riferimento: avete fatto vostro il metodo del parallasse? Che input in più pensate abbia portato al vostro obiettivo e, se non a questo, al vostro percorso?

“Il concetto di parallasse, che proviene dal linguaggio della fisica e della fotografia, si riferisce allo spostamento apparente di un oggetto (o della sua posizione rispetto allo sfondo) causato da un cambiamento nella posizione di osservazione. Ci siamo da subito riconosciute in questa doppia possibilità, per cui le cose potessero essere osservate da diversi punti di vista, mutare e muoversi, ma allo stesso tempo riguardare sempre le stesse cose. Ci interessava l’idea che sta a chi guarda cogliere lo scarto tra ciò che ogni volta gli si apre davanti agli occhi e le molteplici differenze che questo genera. È in questa riflessione, che ci vorremmo collocare e anche per questo non ci focalizziamo su un solo medium, campo o pratica, sia dal punto di vista teorico che pratico: il nostro spazio nel tempo ha accolto eventi di natura differente, da mostre, a presentazioni di libri, a talk, a performance. Queste differenti modalità ci permettono di andare ogni volta ad osservare quello che ci accade intorno sempre con uno sguardo diverso, perchè se le prospettive cambiano l’oggetto che ci interessa osservare è comunque sempre “il contemporaneo” anche per, come direbbe Haraway, “staying with the trouble”. Sicuramente il nostro percorso è caratterizzato da questa necessità, anche personale e umana, di leggere la realtà attraverso la lente dell’arte contemporanea.”

Come convivono e collaborano divergenze e affinità, somiglianze e contrapposizioni in un progetto artistico? Quali sono gli step che adottate per sanare queste lunghezze, distanti, talvolta, anni luce gli uni dagli altri?

“Lavorare in un gruppo non è sempre semplice, Parsec al momento è composto da dieci voci e applichiamo una modalità di lavoro orizzontale, prevalgono le affinità, ma avere un obiettivo comune, socializzarlo e condividerlo in modo esplicito è sicuramente stato fondamentale perché questo potesse accadere. A livello organizzativo ci dividiamo in gruppi, per cui ognuna di noi segue progetti e lavori specifici, nella pratica però ogni decisione è presa insieme e il più possibile partecipata. Questo ovviamente richiede molto tempo e molto impegno, ma corrisponde all’idea di pratica curatoriale che vorremmo portare avanti.”

Mediazione e punto di vista sono gli elementi fondamentali da cui partire per percepire e comprendere l’essenza intrinseca di ogni forma artistica: che ruolo giocate in questa posizione?

“Il nostro intento è quello di favorire, attraverso le nostre proposte, la riflessione, lo scambio, la creazione di relazioni e connessioni. Con il nostro lavoro cerchiamo di attivare queste dinamiche che hanno più a che fare con forme di socializzazione che con il disvelamento di significati nascosti, ci impegniamo per non attivare forme di comunicazione dall’alto verso il basso, anche se non è sempre facile: mantenere orizzontalità e farsi capire in modo chiaro è complesso, arrivare a pubblici diversi da quelli che comunemente abitano il mondo dell’arte è uno sforzo importante e un obiettivo verso cui siamo ancora dirette.”

Parlateci del vostro spazio e di com’è organizzato.

“L’organizzazione della sede del collettivo in Via del Porto 48 C/D, rispecchia la volontà di proporsi come spazio di creazione, discussione e confronto. Esso si compone di una zona espositiva in cui organizziamo le mostre e i vari eventi come talk e crit; una di consultazione che funge principalmente da “ufficio” del collettivo con un grande tavolo attorno al quale facciamo le nostre riunioni; una camera oscura, ZONA III, uno spazio dedicato alla fotografia analogica, ideale per chi desidera apprendere le tecniche di sviluppo e stampa o per chi cerca un ambiente attrezzato per i propri progetti; e uno studio riservato alle residenze. Parsec porta infatti avanti un programma di residenza della durata di tre o quattro mesi per artistə emergenti, selezionatə tramite una open call. Durante questo periodo lə artistə, oltre che libero accesso allo uno studio, hanno la possibilità di lavorare in un ambiente informale di confronto, potendo approfondire la propria pratica attraverso incontri one-to-one con professionistə del settore, giornate di open studio, workshop e un evento di restituzione finale.”

Con quale criterio, se c’è, scegliete le vostre collaborazioni e quali sono quelle rispetto alle quali sentite di poter apportare maggiore beneficio? Ce n’è, o ce n’è stata, una o più, in particolare, che ricordate con particolare interesse?

“Cerchiamo di proporre un’offerta il più eterogenea possibile influenzate proprio dalla volontà di avere un carattere ibrido. Vi sono poi due principali direzioni tramite cui agiamo: le persone che selezioniamo e quelle che ci propongono un progetto di collaborazione. In entrambi i casi teniamo conto prima di tutto delle tematiche artistiche contemporanee che ci interessa approfondire. Non vi è mai pura estetica e il dialogo, il “fare e riflettere insieme” resta una delle nostre intenzioni anche nelle scelte. Proprio per questo ogni collaborazione intrapresa, che sia con artistə o con altre realtà o collettivi, ci ha aiutato a indagare, scoprire più affondo o consolidare pratiche e interessi.”

Qual è il posto dell’arte nel sociale e nel presente?

“In Italia ci portiamo ancora dietro l’idea che le persone che fanno parte del sistema dell’arte, o che ne sono interessati, facciano parte di un’élite sociale e intellettuale che in qualche modo li eleva e allontana dal resto della comunità. Questo è sicuramente favorito dalla difficile accessibilità di questo ambito, sia dal punto di vista professionale che da quello legato al coinvolgimento dei potenziali pubblici. Noi crediamo invece che l’arte, e il patrimonio culturale in generale, dovrebbero essere uno strumento di cittadinanza attiva, un mezzo attraverso il quale prendere coscienza della realtà, anche da un punto di vista politico. Quindi, ribaltando la domanda, possiamo chiederci qual è il posto del sociale nell’arte e, alla luce di ciò, fare in modo che il nostro lavoro rispecchi la complessità del presente, mettendo in relazione diverse discipline e saperi e cercando di attivare relazioni.”

Per voi lo spazio è dibattito: il dibattito a che tipo di confronto lascia spazio?

“Uno degli intenti di Parsec è proprio quello di creare e tenere vivo un dibattito sul contemporaneo all’interno di un luogo comune di lavoro, discussione e confronto. Un esempio di questo proposito sono i crit, momenti in cui lə artistə, espongono il loro lavoro work in progress al pubblico, aprendosi a una critica collettiva con le persone presenti nello spazio, che osservando il lavoro, possono esprimere il proprio punto di vista costruendo un momento di riflessione e analisi condivisa. Inoltre fanno sempre parte del nostro calendario talk con ospitə provenienti da ambiti di ricerca diversi, con i quali cerchiamo di approfondire i temi che ogni volta emergono dalla nostra programmazione. Cerchiamo inoltre di svolgere questi incontri in modalità gratuita o in luoghi pubblici per favorirne la massima accessibilità. La nostra volontà è quella di creare spazi aperti e partecipati di confronto orizzontale, soprattutto in un contesto cittadino in cui la proposta culturale autogestita e dal basso sembra sempre più ostacolata.”

Parsec è qualcosa di antico: talvolta è meglio affidarsi a qualcosa di datato ma affidabile per raggiungere gli altri, per connettercisi veramente?

“Il nome Parsec è emerso in modalità molto spontanea durante un lungo momento di ricerca e brainstorming, dare un nome alle cose è sempre complesso. Non ci siamo mai soffermate sul fatto che potesse o meno evocare qualcosa di antico o che avesse una lunga tradizione nella storia della scienza. In generale sicuramente il passato può essere un punto di riferimento per connettersi con l’altrə attraverso saperi condivisi, ma non è sempre scontato che questi sussistano. Noi abbiamo piuttosto lavorato molto, per l’edizione 2023 del Festival Terrapolis – archeologie di futuro, sul concetto di utopia come traccia di futuro da seguire, riconsiderando il ruolo che può svolgere il pensiero utopico nell’epoca della crisi climatica planetaria. In questo senso l’utopia non è intesa come la resurrezione di ontologie passate, ma come categoria narrativa in cui le tracce del futuro si rivelano attraverso i desideri del presente, come immagine vivida, tangibile e possibile del futuro che si vuole abbracciare, che si decide di intraprendere e perseguire.”

Nonostante il significato intrinseco, il Parsec è un’unità di misura, un indicatore scientifico: può un solo termine indicare con reale cognizione un intero processo e come e dove possono incontrarsi scienza e arte?

“Abbiamo lavorato più volte sul legame tra scienza e arte, è un argomento che è parte integrante dei temi sui quali facciamo ricerca. Sin dall’inizio, nel 2021 ad esempio, abbiamo partecipato alla Biennale di Chiasso con un lavoro dell’artista olandese Christine Bax sulla natura linguistica dei codici che controllano gli smart objects. Più recentemente abbiamo curato, per l’evento conclusivo di European Culture & Creativity Days Bologna, una conversazione tra Elena Falomo – artista, designer e ingegnera – e Feileacan Kirkbride McCormick – artista e co-fondatore con Sofia Crespo di Entangled Others Studio. Lə artistə hanno condiviso con il pubblico le loro pratiche e raccontato come queste si evolvono grazie all’impiego delle nuove tecnologie. Questa corrispondenza molto stretta è emersa anche nel talk che abbiamo condotto questo settembre 2024 con Ariel Caine – artista e ricercatore di Forensic Architecture, un’agenzia di ricerca che indaga su violenze di stato e violazioni di diritti umani utilizzando tecniche architettoniche e di visualizzazione digitale. Si tratta di un team multidisciplinare che comprende figure scientifiche e artistiche, che analizzano i dati raccolti per presentarli sia in sedi legali che artistiche. Anche la rassegna Terrapolis, che da quattro si focalizza sul legame tra arte e pratiche ecologiche, è intrinsecamente legata al rapporto tra scienza e arte: la maggior parte dellə artistə che vi hanno partecipato, seppur con modalità e approcci differenti, lavora in modo sincretico tra questi due campi, solo apparentemente separati. Nel contesto contemporaneo è per noi impossibile, se non controproducente, ragionare per dualismi e anche da questo punto di vista cerchiamo di applicare un “pensiero ecologico”, riflettendo sul sistema complesso da cui ogni processo è determinato, più che su un singolo indicatore di senso.”

Prossimi eventi/collaborazioni in lista?

“Al momento stiamo lavorando al public program legato alle nuove residenze artistiche in corso presso il nostro spazio con l’illustratrice Giulia Mantasia e il ricercatore del suono, violinista e praticante del deep listening Hernán Paulitti. Il prossimo evento alle porte è un workshop condotto da Paulitti, un’introduzione immersiva ai principi e alle pratiche dell’Ascolto Profondo.”

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