Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe diventato un dj di fama mondiale il ragazzino appoggiato alla colonna in disparte e non il re della pista?
Ebbene sì, Gary stava là nel suo mondo, ma forse è proprio questo che gli ha permesso di diventare uno dei più famosi House Dj del pianeta.
Il 27 Giugno, con una festa a modo suo, Gary Caos presenterà il nuovo libro “Il caos… tra dj e producer” (Giraldi Editore) in cui ha raccontato, con l’aiuto di Francesca Sanzo, il suo piccolo mondo da cui tutto è partito, la sua vita e la sua carriera.
Dagli anni ’90 ha toccato tutti i continenti, portando la sua musica ovunque. Con il tempo ne ha calcate di consolle e parla come un vecchio lupo di mare: è sfiduciato perché la musica non è più al centro della scena, ma non ha perso tutte le speranze. La qualità sta ritrovando spazio, soprattutto in nuovi locali sparsi per il mondo, e lui è pronto per combattere questa battaglia.
Gary, ti confesso subito una cosa: pur avendo ventidue anni, non sono mai stato un grande uomo della notte. Secondo te, cosa mi sono perso?
“Ah, bella domanda! In realtà, non ti sei perso granché. Devi sapere che anche io, se non lo facessi per lavoro, sarei fuori da questo mondo. Dalla parte della pista non mi ha mai entusiasmato, non lo capisco tanto neanche io. Io adoro quel piccolo universo separato da tutto dietro la consolle, vissuto dalla parte del lavoro”.
C’è mai stata una sera in cui ti sei detto: “Ma io che cazzo ci faccio qui?”
“Quando giravo da giovane con i miei amici mi è capitato spesso di non divertirmi o di sentirmi fuori luogo: mi ritrovavo in un angolo a guardare le persone più scatenate nella pista. Cercavo di posizionarmi nelle zone vicino alla console per osservare, sentire, capire come fosse dall’altra parte della barricata. A volte si avvicinavano e mi dicevano: ‘Ma come Gary, ti annoi?’ e io rispondevo: ‘No, tranquillo. Io son qua nel mio mondo’”. Però, pensandoci, mi è capitato di sentirmi strano anche in consolle. Vedevo persone che saltavano e ballavano fino alle 5 del mattino, con la musica a palla e i fischi nelle orecchie, e pensavo: ‘Ma cosa stanno facendo?’. Il locale classico, con la solita musica, oggi anche a me annoia. È cambiata la concezione di discoteca: ormai si va lì, ci si balla addosso e si sta vicino alle ragazze, mentre la musica è passata in secondo piano. Una volta magari andavi proprio per ascoltare la nuova canzone uscita in anteprima o per conoscere le persone”.
Quindi quando hai cominciato, stando in cima a quella consolle e vedendo tutto dall’alto, hai visto cambiare le persone che passavano lì sotto?
“Ho notato soprattutto la differenza tra Italia e resto del mondo. Sicuramente in Italia qualcosa è cambiato: nel ritornare in certi locali ho notato un po’ di appiattimento a livello musicale. Son cambiati anche gli atteggiamenti verso i dj: all’inizio magari mi chiamavano perché sapevano che mettevo un certi dischi e sapevo coinvolgere la gente. Dovevi andare a trovare i vinili e creare qualcosa di nuovo ogni volta: questi erano i fattori importanti. Con l’arrivo del digitale si è appiattito tutto. Ora chiunque può fare il dj: metti la playlist che gira in radio, qualche pezzo forte e la serata è fatta. È tutto molto più immediato: con un click hai tutta la musica che vuoi a disposizione. Da un lato questo ha i suoi vantaggi, dall’altro si è perso il fascino che poteva avere questo tipo di professione. Era un lavoro che prevedeva sacrificio, oggi invece ne serve decisamente meno.
Quello che mi rincuora è il fatto che, fra questa marea indistinta, la qualità sta ricominciando a trovare il suo spazio. Alcuni locali, a livello mondiale, cercano artisti che portino anche un prodotto di qualità”.
Un suggerimento, da amico, per i giovani che vogliono iniziare oggi?
“Prima di tutto penso sia importante trovare il proprio stile, per dare qualcosa in più. Poi le chiavi di tutto rimangono ancora la continuità e la costanza. Bisogna crederci perdutamente, come in tutti i lavori artistici, cercando di far emergere la propria personalità. Seconda cosa fondamentale è osservare sempre quello che accade intorno a loro. Ascoltare sempre un po’ di tutto, senza mai fossilizzarsi su un genere. Arrivando dalla radio son sempre stato un ascoltatore a 360 gradi, musicalmente onnivoro: dal rock dei Guns n’Roses a Bob Marley. Ascoltando generi diversi si può creare qualcosa di nuovo per uscire dall’appiattimento musicale”.
E la tecnologia quanto ha influito nel cambiamento della professione?
“Internet e i social network sono un’arma a doppio taglio. Da un lato rischiano di mettere in evidenza solo quelli che possono permettersi sponsorizzazioni eclatanti, mentre dall’altro danno una possibilità anche a chi non ha nulla. Il problema è riuscire ad emergere proprio dal caos. Ora, se lo si sa sfruttare, c’è spazio anche per creare realtà nuove che prima non avrebbero mai potuto esistere”.
Tutti conoscono Dj Gary Caos, l’uomo notturno. Ma il Gary diurno? Com’è?
“In realtà è molto diverso: ho fatto un percorso personale che mi ha portato ad essere due persone abbastanza differenti. Non ho mai avuto la possibilità di concentrarmi solo sulla vita da artista, ma ho avuto altri impegni che non sempre mi hanno facilitato le cose: ho ereditato un ristorante/albergo, da gestire totalmente, che mi ha portato via molte energie. Magari ero in Korea a suonare e nella stessa sera c’era il problema della lavapiatti in panne. Non ero totalmente concentrato e questo mi ha penalizzato. Nonostante questo, non ho mai voluto mollare la strada della produzione e della musica e con un po’ di impegno sono arrivato fin qui. Magari non sono conosciutissimo fra le persone in Italia, ma fra gli addetti ai lavori mi sono fatto una certa reputazione.
Momento cultura. Colmiamo una delle lacune che in molti hanno: la differenza effettiva fra dj e producer
“Intanto è importante distinguere tra ‘produttore discografico’ e ‘producer’. Il produttore discografico è quello che deve selezionare i talenti: individua artisti in cui crede, ci investe e cerca di portarli al successo. Può anche non saper suonare una nota, ma deve essere in grado di scovare il talento. Mentre il ‘producer’ è colui che sta nell’ombra a scrivere le canzoni: compone le melodie, sta in studio e produce musica per altri artisti. Sempre più spesso oggi si sta diffondendo la figura del “dj-producer”. Non esiste quasi più il vecchio dj (il disc-jokey) che semplicemente seleziona le canzoni e le mette su, ma sempre più spesso il dj oggi si produce le proprie canzoni e le diffonde”.
Una serata da ricordare e una da dimenticare…
“Una serata che ricordo con grande piacere è quella in Korea: tutto sembrava al posto giusto e mi sono sentito davvero valorizzato. Luci, scenografie, impianto ottimo, le persone ballavano: una delle atmosfere più incredibili che ho vissuto. Altra situazione che adoro è continuare a suonare fino all’alba sulla spiaggia e vedere il sole che sale. Di serate completamente rovinate alla fine è difficile individuarne, son stato fortunato. Una abbastanza difficile è stata in Mongolia: eravamo in mezzo al nulla, ad un festival enorme che però saltò per il maltempo. E in più stetti pure male. Insomma, ero un po’ perso, ma alla fine ho cercato di trovare i lati positivi”.
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