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Il mistero delle 500 palline da tennis in Via San Felice

19-11-2025

Di Silvia Santachiara
Foto di Margherita Caprilli

500 palline da tennis che fluttuano nell’aria leggere, come se il portico si fosse trasformato in un cielo pronto a rimbalzare storie.

Camminando sotto il portico dell’ex chiesa di San Nicolò, in via San Felice, lo stupore nasce così: da un’improvvisa costellazione di palline appese a due reti da tennis tramite sottili fili di nylon trasparente che dialogano con chi attraversa questo angolo di città in continua trasformazione.

L’opera si chiama Second Serve e porta la firma di MAAP, il collettivo femminista che negli ultimi anni ha saputo ridefinire il significato di arte pubblica, rigenerazione urbana e racconto collettivo (ve ne abbiamo parlato qui). Comparsa pochi giorni fa, in coincidenza con il fermento cittadino per le finali di Coppa Davis ospitate a Bologna, l’installazione è tanto immediata nella sua semplicità quanto sorprendente. Non solo solo palline, sono palline alla loro seconda vita.

Dietro a ogni sfera gialla sospesa c’è il lavoro congiunto di Dunlop e Return, che nei circoli del nord Italia raccolgono migliaia di palline usurate per sottrarle allo scarto e accompagnarle in un processo complesso di separazione e polverizzazione. Da quel materiale scomposto e rinnovato nascono poi suole di scarpe, tappeti per impianti sportivi e altri oggetti capaci di rientrare nel ciclo produttivo. Un’economia circolare che qui diventa segno visibile, poetico, urbano.

Alzare gli occhi significa guardare oltre”, racconta Stefania Dubla, curatrice e presidente di MAAP. È un invito, ma anche una dichiarazione d’intenti. “Come già avevamo fatto per il Tour de France, abbiamo voluto associare al grande evento sportivo un messaggio che parla di ambiente, di rigenerazione, di riscoperta dello spazio pubblico, costringendo lo spettatore a cambiare sguardo. Per questo abbiamo scelto via San Felice, una via che dopo mesi di sofferenza si sta aprendo a una nuova vita e che ci ha accolto con calore, curiosità e gentilezza. Principi sempre più rari in un racconto mediatico che premia violenza, arroganza e degrado umano e culturale.”

L’installazione vuole lanciare un messaggio, sospeso tra terra e cielo come le palline stesse: l’arte può essere un varco. Può ricordare che rigenerare non significa solo aggiustare, ma ripensare.

Il progetto è stato reso possibile grazie al supporto del Comune di Bologna e della Federazione Italiana Tennis e Padel, alla donazione di 500 palline da parte di Dunlop e delle due reti da tennis messe a disposizione dalla Virtus Tennis. Ma ciò che colpisce di più, osservando Second Serve, è la capacità dell’opera di restituire al quotidiano un senso di meraviglia: basta alzare lo sguardo per scoprire che anche gli oggetti più consumati possono rinascere.

E che un portico, attraversato ogni giorno senza pensarci, può improvvisamente trasformarsi in un luogo dove accade qualcosa.

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