Paillettes, labbra rosse e sorrisi tra lattine di birra.
Il nuovo video in esclusiva condivisa del duo Io e La Tigre è Singapore, la seconda traccia dell’album Grrr Power pubblicato da Garrincha Dischi e firmato dal musicista e regista Enrico Zavalloni. Creato in collaborazione con Indie Pride, affronta le tematiche del bullismo, sessismo e omo-transfobia attraverso il ritratto della “quotidianità musicale” e un senso di libertà. Aurora (Io) e Barbara (La Tigre) colorano fuori dalle righe usando l’arma più spiazzante ed efficace che ci sia: la semplicità.
Tra attivismo, sonorità punk-pop e l’impegno sociale. Ne abbiamo parlato davanti a un gelato.
Grrr Power è più di un disco a 10 tracce, è un ruggito di orgoglio, ma soprattutto uno stile di vita che non possiede limitazioni di sorta ed è applicabile ad ogni situazione della vita. Se infatti “entrare nella tana della tigre, affrontare le tue paure, accettando di uscirne trasformati” è un riferimento al coming out, lo è ad estensione massima, straboccante dalle linee dell’arcobaleno Lgbtq, è un liberatorio schiaffo alle paure paralizzanti, al finto perbenismo del politically correct, all’ignoranza di una società spesso castrante.
“Abbiamo voluto dare il nostro contributo – mi racconta Barbara – dare voce alle istanze che Indie Pride abbraccia. Le immagini hanno una grandissima forza, quindi abbiamo pensato ad un video che oltre a ritrarre noi e l’aspetto sia ludico sia pesante del tour, tra la strada, i backstage, gli amici, potesse dare voce all’importanza che ha per noi la diversità”.
Una collaborazione con Indie Pride dagli albori, Aurora dice: “da quando ha iniziato, abbiamo sottoscritto la carta d’intenti e con questo tour coinvolgiamo delle associazioni principalmente che si occupano della difesa dei diritti delle comunità Lgbtq, dando spazio con banchetti all’interno della serata per declinare il concetto di Grrr Power secondo quella che è l’attività dell’associazione stessa. Con Singapore abbiamo voluto rendere questa collaborazione anche in immagini”.
Sui banchi del merchandising c’è anche l’omonima fanzine, prodotto di svariate collaborazioni e una call-to-action. “È il manifesto del nostro Grrr Power, abbiamo voluto inserire dei testimonial che incarnano questo concetto, e abbiamo chiesto ad addetti ai lavori e artisti di aderire e dare una propria declinazione di Grrr Power, tra cui ci sono Cristina Donà, Muriel, Silvia Calderoni, Chiara Longo, donne ma anche uomini: è un concetto inclusivo, indipendente dal genere. Il ricavato abbiamo deciso di devolverlo all’associazione Casa Donna Lilith di Latina che si occupa di lottare contro la violenza sulle donne”.
Anche voi vi siete dovute scontrare con sessismo, bullismo e omofobia nella vostra carriera. Cosa è successo e come lo affrontate?
“Essere una donna musicista richiede uno sforzo maggiore per poter rivendicare la tua dignità e il diritto ad avere un trattamento uguale, perché spesso si viene giudicate non in base alla musica che fai, ma al genere. Capita che un riferimento al testo, con una medesima tematica, sia etichettato come frivolo o adolescenziale, mentre se trattata dal collega maschio assume un’accezione positiva ed è considerata sensibile.
È molto svilente, perché tu quando ascolti una canzone non ti poni la domanda se dietro alla batteria o alla chitarra ci sia un uomo o una donna. È un aspetto che a noi fa proprio incazzare, lo stesso sforzo che fai tu lo fanno anche i tuoi colleghi maschi, non c’è una diversità, dal peso degli strumenti alla difficoltà di imparare a suonare, il percorso è uguale per tutti”.
Tra gli episodi citano: “Il ‘complimento’ che risulta essere un’offesa è la classica pacca sulla spalla seguita da ‘dai però per essere una femmina te la cavi bene’. – continua Barbara – Essere trattate come se fossimo alle prime armi… forse una femmina non sa dove si deve inserire un jack o come montare una batteria?
Questi preconcetti ci fanno pensare, forse questo atteggiamento può essere dato dalla paura che il mondo maschile ha della donna. A volte mi viene da pensare quando andiamo a suonare: forse hanno paura che li mangiamo? Quando hai paura tendi a dominare l’altro… Forse mostriamo qualcosa che non comprendono”.
Aurora aggiunge “In generale nella musica, a parità, una donna deve dimostrare un talento molto maggiore rispetto a quello che è richiesto ad un uomo per emergere. Ha dell’assurdo ed è veramente discriminante”.
Vi siete mai sentite, per contro, usate per la vostra immagine e il vostro genere? Messe su un palco proprio perché siete donne?
“Certo. Quando vengono organizzate le serate Pink, invitate solo donne per richiamare più gente, questa è una cosa che ci dà molto fastidio. Un conto sono le serate organizzate per dare voce a tematiche e ad un’istanza, un conto è quando sono serate organizzate a fini commerciali”.
Pensate che sia un compromesso necessario in questa fase storica-sociale, o ci sia un modo per aggirare l’ostacolo?
“Penso che l’educazione sia un aspetto importante della vita di ognuno di noi, trovare il modo di dialogare e confrontarsi con l’altro per portargli la tua esperienza, bisogna sempre partire dal presupposto che chi hai difronte non si comporti così per ferirti o sfruttarti, magari conosce solo quel modo lì, magari l’intento di partenza è buono, ma si ottiene una ghettizzazione. Noi cerchiamo sempre di portare il nostro messaggio sul palco, per trasmettere chi siamo, quello che facciamo e come lo facciamo”.
Agli stereotipi de “la femmina deve cantare, musica pop, preferibilmente” rispondono: “La musica è nata come un mondo inclusivo, sono gli esseri umani che l’hanno divisa in compartimenti stagni. Ed è sempre stata asessuata, non ha genere”.
Cosa significa essere donna per voi?
“Io non mi sono mai posta la domanda. Io sono tigre”, dice Barbara ridendo. E continua: “quando ho iniziato a suonare volevo essere un uomo, perché mi ero stancata di tutti gli atteggiamenti discriminanti, ero una mosca bianca, poi ho capito che è anche bello essere femmina, ci possiamo permettere di fare molte cose che i maschi non possono fare”.
Aurora dice: “faccio fatica a rispondere, mi pongo sempre la domanda come essere umano. L’essere donna mi si pone nel momento in cui questo mi diventa una caratteristica che mi discrimina in qualche modo, in quei casi ti poni la domanda, per il resto le mie decisioni sono guidate come essere umano”.
Aggiungono: “Il punto centrale non è essere donna, maschio, gay, etero, bisessuale o trans. Il punto è semplicemente essere, e quanto sia difficile nella società di oggi che ti impone dei canoni prestabiliti. La domanda che tutti si pongono è: come devo essere per essere accettato? Nessuno dovrebbe scendere al compromesso di essere come gli altri si aspettano, ma mantenere la nostra autenticità indipendentemente da tutto, ovviamente nel rispetto sempre dell’altro”.
C’è ancora bisogno di etichettarsi nel 2019?
“Io auspico di no – dice Aurora – spero che si vada verso un’espressione di sé il più possibile spontanea che non abbia bisogno di catergoria. Sicuramente in questo momento per noi è importante dare il nostro contributo a sensibilizzare sul fatto che anche nella musica queste problematiche esistono. Ci sono realtà come SheSaidSo che portano avanti l’impegno contro il sessismo nell’industria musicale”.
Un’esperienza che vi ha dato speranza?
“Quando condividi il palco con colleghi musicisti e vieni trattata in modo normale. Ad esempio quando abbiamo suonato con i Ministri, con Motta, l’incontro con i Punkreas, sono stati momenti in cui oltre ad esserci divertite un sacco ed aver realizzato un piccolo sogno, ci siamo sentite trattate con rispetto. Quando l’attenzione è sulla musica, sull’essere musicista, allora capisci che siamo sulla strada giusta. È un atteggiamento rispettoso verso la musica stessa”.
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