Un gioco in cui si ripassa ogni volta dal Via, ma dannatamente reale e senza vincitori ne vinti. Perchè basta passare alla storia successiva, per vedere le parti invertite. E chi prima era vittima, diventa carnefice e poi ancora vittima. Degli altri, del loro ego, di se stesso. Un girotondo amoroso tra dubbi, tradimenti e ossessioni, su un tabellone in cui tutto si ripete. All’infinito.
Con “Lovers” Matteo Vicino ha portato sul Grande schermo gli stereotipi di coppia e la sua idea dell’amore con un crudele e ironico rompicapo in cui tutto si ribalta e dove a dominare sono le regole dell’attrazione, portandoci a riflettere su ciò che è meglio sapere e ciò che in fondo, è meglio non sapere.
Un film sicuramente atipico che ci costringe a guardare il nostro riflesso e a farci i conti: chi siamo, come siamo, quanti siamo e quanti potremmo essere. L’effetto è dato dalla costruzione della trama perchè gli attori sono solo quattro (a cui si aggiunge un quinto incomodo), che si scambiano continuamente i ruoli in quattro microstorie solo apparentemente lontane e che ruotano tutte vorticosamente intorno al “dubbio” del tradimento, portandoci dentro a debolezze, paure, virtù, sentimenti, tra colpi bassi, prevaricazione, gelosia, rimorso, invidia, menzogna, arrivismo. Uomini e donne “normali”, che non sono altro che lo specchio di una società governata dalle pulsioni. E a guardarli bene, in ciascuno di loro, c’è qualcosa che ci riguarda.
E’ il film indipendente più premiato all’estero negli ultimi tempi e sarà in sala ancora fino al 10 aprile. Il cast è formato da Primo Reggiani, Ivano Marescotti, Luca Nucera, Margherita Mannino e Antonietta Bello, che ogni volta cambiano panni, mestiere, personalità. E se nella prima storia Giulia è la libraia dolce e ingenua che dopo il primo no secco si lascia facilmente abbindolare dallo sciacallo di turno, la rivedi nella storia successiva nella commessa che invece riempie la pancia del suo ego con gli sguardi e le attenzioni degli uomini, e di cui non può fare a meno, mentre lo sciacallo si trasforma in un ragazzo sensibile e innamorato. La stessa Giulia diventa poi moglie sospettosa che arriva perfino a chiedere all'”amica” di tentare il marito, un enigmatico fisioterapista. Un’ alternanza di ruoli che fa da specchio della vita, dove può capitare di essere prima da una parte e poi dall’altra, scatenando una gamma di emozioni pressochè infinita. Ma non solo, mette davanti agli occhi anche gli effetti di ogni modo di essere. Vicino si sofferma sul fatto che “in amore tutte le nostre azioni hanno delle conseguenze. Se ci comportiamo bene potrebbe andare bene, ma se ci comportiamo male c’è un karma che prima o poi ritorna”.
A trascinarci in questo turbinio di storie la struttura del film: circolare, concentrica, ad incastro. In cui ogni frase ha il suo doppio, ogni azione la sua conseguenza matematica, diretta e proporzionale. “Volevo fare un film diverso dalle solite commedie. Qualcosa di più sofisticato. E questa trama ancora non si è vista“, racconta Vicino.
Tutto comincia in una piccola libreria, sotto i portici di Bologna, per poi passare anche da Villa Capriata, a Castenaso, e finire lì dove questo tutto è iniziato. Tra i libri. Ma in realtà Lovers non finisce uscendo dalla sala perchè continua a muoversi e ad agitarsi dentro per giorni, domanda dopo domanda, dubbio dopo dubbio.
Algebrico, geniale, amaro.
Centodue minuti in cui i messaggi arrivano come pallottole, mentre sul momento forse nemmeno ce ne si rende conto perchè troppo impegnati a ridere. Ma poi arrivano.“Ho un senso dell’umorismo più inglese che italiano- sorride Vicino-. Infatti negli USA ha avuto molto successo. L’Italia, lo sappiamo, non è un Paese facile su questo. E riuscire a far ridere dicendo una cosa seria è la cosa più difficile del mondo”.
Ci catapulta dentro gli stereotipi della coppia. Le donne credono che nessun uomo rifiuterebbe mai di andare a letto con una donna e gli uomini pensano esattamente lo stesso delle donne. “Tutti pensano che tutti tradirebbero – dice Matteo. – E’ uno stereotipo ‘basso’, ma è in tutte le persone. E bisogna essere pronti e preparati, perchè è vero”.
E se è vero, allora come si fa a sopravvivere? barcamenandosi tra il noto e l’ignoto.
“Abbiamo voluto focalizzarci sul sentimento del dubbio e sull’ignoranza in amore per dimostrare che spesso il dubbio è fondato- dice Vicino-. E bisogna provare a stare in equilibrio tra il sapere e il non sapere”. Il film su questo gioca magistralmente perchè ci sbatte in faccia una verità non proprio comoda e la usa per mostrare una società moderna basata in gran parte su quell’ignoranza che ci rende felici. Si apre infatti con una citazione di Edgar Allan Poe sull’ignoranza. E sul finale lancia una domanda ma lascia a noi la risposta: “E’ così importante sapere?”
In questo difficile equilibrismo irrompono una miriade di sentimenti ed emozioni e ognuna delle quattro storie lascia il finale aperto, il dubbio sul tradimento e sull’onestà. Ed è proprio sul sospetto dell’uno, e quindi sulla sua insicurezza, che si muove l’ego e la manipolazione dell’altro. E se nella seconda storia lei dice ad un lui in lacrime: “Tu hai dei problemi, è evidente! l’amore è un dare e un avere incondizionato. Non c’è possesso, interessi o dubbi”. Nella terza lui dice ad una lei in lacrime: “Non lo farei mai, sono sposato. Ma cosa credi, che un uomo non rifiuterebbe mai di andare a letto con una donna?”. I sospettati usano ogni mezzo per uscirne “puliti”, mentre i sospettosi si struggono e finiscono per sentirsi perfino in colpa di aver dubitato. E per giunta si scusano. Peccato che da quelle poltroncine rosse invece sia tutto estremamente chiaro, anche se il film ci lascia volutamente il dubbio.
Distribuito da Showbiz Movies e coprodotto da Tiffany and Co. e Condiriso, Lovers non parla solo d’amore ma anche di altre relazioni che si muovono tra invidia, avidità, risentimento, potere, arrivismo, mancanza di empatia all’interno di una società malata e per la quale, secondo Vicino, c’è uno e un solo antidoto: la cultura. E’ infatti soprattutto un vero e proprio inno alla cultura tanto che inizia in una libreria e nella stessa finisce. Chiudendo il cerchio, per poi ricominciare. “La cultura è tutto. L’Italia è in macerie perchè non ci ha investito e i danni sociali sono enormi”, continua il regista e sceneggiatore. D’altronde, “Per diventare medico, per scrivere una storia d’amore, per costruire un ponte, serve un libro”
All’estero l’hanno capito molto bene e Lovers ha incassato infatti premi su premi ma in Italia ha fatto fatica ad “arrivare”. “Ne eravamo certi, ma non fino a questo punto. Il Cinema è una mafia, come la musica, la grande distribuzione e molto altro. Abbiamo ricevuto dei no da tutti, ma alcuni hanno fatto più male. Molti tra l’altro non l’hanno nemmeno voluto vedere”.
Matteo Vicino ci ha portato nel mare delle relazioni in cui ogni giorno nuotiamo e cerchiamo di rimanere a galla. Gli unici dubbi che non abbiamo è che Lovers sia un percorso da intraprendere solo se si è pronti a guardarsi da fuori e poi, una volta lasciate quelle poltrone, magari anche con occhi diversi. E che no, una non basta, va visto almeno tre, quattro volte, per essere capito davvero.
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