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La felicità è alla Porta (San Felice). Ecco a voi Borgo Mameli, tra eventi e cibo bio

18-07-2020

Di Salvo Bruno
Foto di Francesca Gamberini

“La felicità è alla porta”.

Sì, potrebbe sembrare il motto di un’azienda di food delivery o di una multinazionale dell’e-commerce. O peggio, il titolo di una cover rivisitata male del celebre brano di Bob Dylan del 1973, Knocking On Heaven’s Door. Ma questo slogan fresco e ruffiano non ha assolutamente nulla a che vedere né con il menestrello di Duluth né con lo shop online, seppur tanto caro e utile negli ultimi tempi.

Per chi bazzica a Bologna, per gli autoctoni e per chi si reputa più o meno local, la porta di cui parla lo slogan è Porta San Felice. Che il santo a cui è dedicata la porta della città sia stato felice non solo di nome non ci è noto, ma è proprio nella piazza omonima, precisamente al civico 3, che il 17 luglio ha aperto ufficialmente i battenti Borgo Mameli, in quelli che un tempo erano gli spazi della birreria di una caserma ottocentesca, un luogo abbandonato ora tirato a lucido e donato alla città in una veste del tutto rinnovata.

Sugli account social i gestori sono molto chiari sulla missione che avrà questa nuova location all’interno di quel continuo laboratorio urbano che è Bologna.
“Un punto di divulgazione di cultura alimentare. L’ultimo borgo rurale di Bologna in grado di far rivivere la relazione vitale tra città e campagna. Uno spazio di cultura e aggregazione. Un’esperienza autentica e conviviale”.

Quella di Borgo Mameli è una perfetta simbiosi tra i sani e saldi princìpi della tradizione e quelli della modernità, un sodalizio che parla di rigenerazione di spazi urbani, di princìpi della cultura di campagna e delle esigenze sempre più alte della realtà cittadina nel più completo rispetto della biodiversità. E non di una città qualsiasi, ma di una Bologna che diventa di anno in anno più varia da un punto di vista sociale e capace di attrarre sempre più lavoratori, studenti e turisti sia da altre parti d’Italia sia dall’estero, nonché più vigile e capace di captare le innovazioni in ambito di cultura alimentare e sostenibilità ambientale.

Borgo Mameli si prefigura quello che potremmo definire un borgo contemporaneo: un cortile circoscritto da mura storiche ma anche un luogo polifunzionale, che fa proprio il carattere alternativo e, volendo, a tratti anche un po’ underground e dedito all’originalità che è tipico di Bologna, un posto capace di accogliere e rivolgersi a diversi tipi di pubblico. In materia di cibo, la carne, il pesce e le verdure alla griglia e le famose pizze gourmet sono tra gli elementi di novità che caratterizzano Borgo Mameli, con al centro la promozione e l’utilizzo di prodotti biologici e sostenibili non solo per l’ambiente ma anche per l’uomo.

Non unicamente e necessariamente un posto di rigenerazione urbana e di divulgazione alimentare, ma anche di aggregazione culturale e sociale: grazie alla presenza dell’associazione Culturale PeacockLab nella gestione, Borgo Mameli diventerà al contempo un incubatore di eventi di vario genere, che spazieranno da piccoli concerti a reading e talk, dal teatro alla fotografia, elementi ai quali andrà il merito di rendere gli spazi di Borgo Mameli capaci anche di veicolare e calamitare cultura e inclusività.
Borgo Mameli è un posto nuovo dove la bellezza può essere a misura d’uomo.
Un progetto e uno stile di vita, un’idea felice e un modo di vedere (e rivedere) il mondo e l’ambiente. La felicità è alla porta, ricordatelo.

Per conoscere più da vicino la realtà urbana di Borgo Mameli, abbiamo intervistato Carlo Di Gaetano, membro dell’Associazione Culturale PeacockLab e Giacomo Berti Arnoaldi Veli, anche lui nella squadra di PeacockLab e al tempo stesso parte della cordata di imprenditori che ha acquistato l’immobile che oggi è Borgo Mameli. Entrambi ci hanno raccontato più nel dettaglio le idee e il progetto.

Quando e da cosa nasce PeacockLab?

Carlo: “L’associazione Culturale PeacockLab nasce nel 2008 da un gruppo di ragazzi di Bologna con l’intento di riutilizzare e reinterpretare, tramite eventi e azioni di ricerca in ambito culturale, degli spazi trascurati della città. I nostri progetti sono sempre caratterizzati dal desiderio di creare nuovi spazi per la comunità attraverso socialità, arte e musica”.

Peacock in inglese significa “pavone”. Perché questo nome per un progetto culturale?

Carlo: “Ci piacerebbe che fosse un nome denso di significato, ma la verità è che l’idea venne alla allora fidanzata di uno di noi. Propose PeacockLab e PeacockLab è rimasto.

Fra i progetti a cui siamo più legati c’è sicuramente Kultural Enzymes, rassegna di eventi culturali al parchino Pincherle dal 2008 al 2011, il nostro primo esperimento di rigenerazione di spazi urbani. Ma la rassegna che ci ha fatto conoscere a tutta la città è stata il Cavaticcio: siamo noi che abbiamo ideato i primi format culturali in quello spazio dal 2012 al 2015. Nel 2017 invece abbiamo raccolto quella che a oggi ha rappresentato la nostra sfida più grande, ovvero il Guasto Village. Un progetto che ispirandosi a esempi internazionali di recupero di aree problematiche, per due estati ha tentato di dare nuova luce alla zona universitaria”.

Quella di PeacockLab è una missione chiara: ripensare e far rivivere spazi urbani poco conosciuti, dismessi o abbandonati, sia dentro che fuori dal centro storico di Bologna, dando loro nuova linfa vitale attraverso la creazione di eventi culturali all’insegna dell’innovazione e creando un network tra varie realtà cittadine. Come nel caso, appunto, di Borgo Mameli, di cui Giacomo è uno dei fondatori.

Giacomo: “Alla fine dello scorso anno, insieme a un gruppo di imprenditori della città, eravamo alla ricerca di un nuovo spazio dove proseguire in maniera continuativa il percorso iniziato al Guasto Village. Abbiamo deciso di investire su Borgo Mameli perché la verità è che ce ne siamo subito innamorati. Ci è parso lo spazio ideale per stimolare la nascita di un nuovo progetto poiché sufficientemente grande per prestarsi a vari utilizzi. Ci sembrava importante investire su un progetto al di fuori dal centro storico, e iniziare a tracciare una connessione tra le periferie e la città”.

Non si può ignorare di certo la questione ancora poco chiara del Covid-19. Immagino abbia influito non poco sul progetto Borgo Mameli.

Giacomo: “Non c’è bisogno di dire che l’ultimo periodo è stato straordinariamente duro per chi fa impresa. In un contesto di grande incertezza era difficile ipotizzare la messa a terra di un progetto molto strutturato come il nostro. Il Covid-19 ha chiaramente influito sulle possibilità di investimento, sulle stime economiche del progetto, sulle tempistiche dei lavori. Ad ogni modo, eravamo così fiduciosi nella forza della nostra idea che abbiamo deciso di rischiare e aprire comunque già per questa estate. A dimostrazione che la passione e la determinazione, a volte, possono sconfiggere anche le condizioni avverse”.

Infatti Borgo Mameli nasce in un periodo in cui molte realtà, non solo locali e pub, corrono il rischio di chiusura o hanno difficoltà ad andare avanti, specie in città. Come mai questa scelta controcorrente? Qual è il punto di forza?

Giacomo: “Siamo una realtà solida e abbiamo molta fiducia nel nostro lavoro. Avremmo potuto fare una scelta più conservativa e aspettare tempi migliori per aprire. Ma per noi fare questo mestiere è anche una responsabilità, abbiamo voluto partecipare attivamente a questa delicata fase di ripartenza del paese”.

In cosa rappresenta la novità in e per una città come Bologna?

Carlo: “In primo luogo questo spazio, e come è stato rivalutato, rappresenta sicuramente un unicum dal punto vista estetico in città. Inoltre puntiamo su una proposta di ristorazione sostenibile e a chilometro certo, collaborando con realtà come Good Land e Local To You, che ci consentono di proporre prodotti del territorio e basati su principi etici”.

Come location e punto di incontro di varie influenze ed esperienze culturali, qual è il futuro di Borgo Mameli?

 Giacomo: “La rassegna estiva è solo il primo passo nel processo di riqualificazione di Borgo Mameli. In prospettiva la nostra idea è di creare ai piani superiori una struttura ricettiva, probabilmente un ostello, mentre al piano terra, che comprende il cortile, abbiamo in mente uno spazio polifunzionale con attività legate alla vendita di prodotti del territorio, spazi dedicati alle arti visive e alla ricerca musicale, oltre ad attività di somministrazione e ristorazione.”

Carlo: “Riguardo alle attività culturali, la programmazione spazia dal teatro alla musica, passando per format interattivi con il pubblico come il progetto “La diretta sul cortile” di Massimo Vitali. Jazz e contaminazioni saranno i protagonisti della proposta musicale”.

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