Sei storie, sei registi, sei città europee, una data: 13 novembre 2015. La notte in cui Parigi fu colpita da uno dei peggiori attentati terroristici che l’Europa ricordi. Da quel momento, accoglienza e integrazione vengono sostituiti da controllo e sicurezza. Attorno a quella data si sviluppano i sei episodi della webserie 13.11, realizzata da Elenfant Film nell’ambito del progetto Amitie Code, cofinanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Comune di Bologna.
Oggi, sabato 13 ottobre, due cortometraggi di 13.11 arrivano alla 12ª edizione del Terra di Tutti Film Festival: El hijo de Fatima di Carlotta Piccinini e 19’35’’ di Adam Selo, saranno proiettati a partire dalle 18,30 al Cinema Lumière in sala Mastroianni.
Ambientato in Spagna, El hijo de Fatima racconta di una madre che arriva a Siviglia dal Marocco per cercare suo figlio. Inspiegabilmente, nessuno ha intenzione di dirle dove si trovi ma la donna non si dà per vinta. Una storia di accettazione, comprensione e superamento dei propri dogmatismi, con una sceneggiatura intelligente, che sa come seminare false piste per condurci al colpo di scena finale. 19’35’’ invece ci mostra un centro d’accoglienza per ragazzi a Tolosa, in Francia, dove un gruppo di questi si prepara a guardare la partita Francia-Germania ma non ha idea di cosa li aspetta. Il calcio, l’accoglienza, le paure e i desideri umani. I sogni e le speranze dei migranti attraverso lo sguardo di un bambino.
Il 13 novembre 2015 è dunque il fil rouge che collega i sei episodi. Ma cosa è cambiato da quella tragica notte? Secondo Selo: “Oggi la popolazione europea sta affrontando sempre più il tema dell’immigrazione e dell’integrazione ed eventi tragici come gli attentati mettono paradossalmente insieme le diverse culture, ci fanno capire che occorre superare le conflittualità. Negli ultimi anni è sempre più forte la volontà di andare oltre questo scontro che ci portiamo avanti da decenni. Purtroppo bisogna dire che soprattutto in Italia la situazione è conflittuale. Da una parte c’è la volontà di un’integrazione sempre più quotidiana, però dall’altra viviamo un momento politico che ci mette i bastoni tra le ruote. Credo ci sia un’urgenza incredibile nella risoluzione di questo problema e credo che si possa fare solo con l’accettazione di un mondo che sta cambiando”.
Racconti di migranti, di cittadini europei, tra difficoltà economiche, disperazione e sogni infranti. Il progetto 13.11 cerca di dare voce ad una realtà complessa, in questo particolare momento storico di paure e incertezze. E la scelta di Selo nel suo 19’35’’ di raccontare tutto ciò attraverso lo sguardo di un bambino è la più azzeccata perché “il bambino è un puro nella sua emotività, non ha macchiato le sue emozioni con il suo credo politico, le sue ideologie, è puro sentimento e credo che dobbiamo ripartire da questo tipo di sensibilità per un mondo migliore. Per i bambini è normale l’amore omosessuale e il compagno di banco africano, è al genitore che tutto ciò risulta strano e in certi casi spaventa. Inoltre io amo il calcio, sono un amante dello sport. Ho pensato che il calcio fosse lo sport migliore per raccontare i sogni di un bambino che parte dall’Africa per poter giocare a calcio in Germania e raggiungere il fratello. Mai come in questo momento nello sport è presente l’integrazione”.
Ciascuna puntata offre uno spazio di riflessione e speranza, non lanciando messaggi utopistici bensì mostrando nei titoli di coda alcuni articoli della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che fungono da monito per ricordarci quanta strada ci sia ancora da fare verso la civiltà. Un messaggio che Selo non ha intenzione di trascurare nei suoi progetti futuri: “In questo momento sto lavorando ad un lungometraggio insieme a Christian Poli, una commedia che si chiama Umarells, è un progetto che si distacca un po’ dal mio percorso con EleNfant Film ma in fondo a me è sempre piaciuto affrontare temi sociali con ironia. Al centro dei miei lavori vorrei ci fosse sempre il tema dell’integrazione e dell’incomunicabilità”.
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