Il suo vero nome si scrive Larisa ma si legge Larissa e il suo nome d’arte l’ha scelto per sentirlo pronunciare nel modo corretto. Il suo vero cognome è Cemurtan ma quando aveva 16 anni si è inventata Barton: «suonava bene e pensandoci ora mi fa sorridere, perchè contiene le parole Art-On, quasi come fosse un segnale dalla me del futuro alla me del passato».
Larissa, lo scrivo così per essere sicura che venga letto nel modo corretto, non aveva mai immaginato che “da grande” avrebbe fatto l’artista e invece eccoci qui, alla sua prima intervista, a parlare delle sue opere e dei suoi progetti.
Il suo percorso era orientato ad altro: gli studi universitari e la laurea in Antropologia. Poi, durante il lockdown, scopre i colori acrilici e si avvicina alla tecnica artistica della Pouring Art, o “Sbrodoling Art” come l’ha rinominata un suo amico in tono ironico, piuttosto recente e ancora poco diffusa in Italia. È una tecnica di arte fluida che consiste nel versare i colori acrilici direttamente sulla tela o su un supporto, mescolandoli con dei medium, additivi che consentono di renderli più fluidi (ad esempio la colla vinilica, o medium professionali), e poi con acqua. «Sembra semplicissimo, ma facendolo possono venire fuori dei pastrocchi…! La cosa più difficile è trovare la giusta proporzione e diluire tutti i colori allo stesso modo, un po’ da piccolo chimico. Non hai mai il completo controllo, ma solo un’idea di come possono mescolarsi e sfumarsi i colori. Anche per me è una sorpresa, mi sento il tramite, è una bella sensazione di reciprocità, perchè il quadro ha la capacità di sorprenderti».
Le texture che si creano con questa tecnica ricordano le venature e le sfumature delle pietre naturali e delle gemme, della quali Larissa è appassionata, e se ne innamora. «È stata come un’esplosione nel mio cuore, dipingevo compulsivamente e cominciavo a immaginare di avere queste texture dentro casa, sulle pareti, su tavolini, come top della cucina…
Cercavo di imitare la natura, i minerali e i loro colori. Una lastra di marmo è perfetta così com’è, ma non puoi sceglierne il colore, mentre con questa tecnica la sperimentazione è molto più vasta. Allo stesso tempo i quadri sono irripetibili e immaginavo di realizzare progetti unici, dove creare un fil rouge utilizzando una texture applicata a elementi diversi».
Il passo successivo è quello di avvicinarsi al mondo dell’interior design. Larissa visita il Salone del Mobile e scopre che molte aziende fotografano le texture, per poi riprodurle in digitale su superfici e arredi. «Ho iniziato a farlo anche io, ed è stata un’altra magia. Lavorando in digitale, per sbaglio mi sono accorta che potevo ricreare dei pattern. Partire da una cosa fluida e renderla più geometrica era molto affascinante».
Ha poi realizzato dei rendering fotorealistici per mostrare possibili applicazioni delle sue opere (su carta da parati, pannelli, prodotti…) e poter entrare in contatto con aziende del settore arredamento e interior design. Nasce così l’incontro con l’azienda Momenti Casa, specializzata in superfici ed elementi d’arredo personalizzati, con la quale ha in corso una collaborazione per creare una collezione di pattern, che entrerà nel catalogo 2024 e sarà presentata in occasione della Design Week a Milano.
Larissa non dipinge solo quadri: «tutto quello che mi sento ispirata di colare lo faccio», da piccoli oggetti di legno lasciati dal nonno, o scovati nei mercatini dell’usato. «Mi diverto a fare questi esperimenti, perchè una volta colati non si capisce più di che materiale sono, mi piace immaginare come poter trasformare gli oggetti e recuperare cose che qualcun altro butterebbe».
E applicarlo al tessile? «È stata una delle prime cose che ho fatto: stamparmi un tessuto e crearmi un vestito!». E aveva con sé proprio un tessuto di velluto stampato quando Riccardo Boni dello studio di architettura e design d’interni Boni Studio, conosciuto ad un evento per imprenditori, la porta da Emiliano, un tappezziere di Bologna, e insieme i tre decidono di lavorare al restyling di un divano rivestendolo proprio con il suo tessuto. Il progetto è in corso e Larissa non vede l’ora di vederlo terminato.
«Ho notato un grande entusiasmo nelle persone di questo settore: vulcani di passione, energia e amore per quello che fanno. Sono grata di aver fatto quest’atto di fede e aver intrapreso questo percorso nonostante andassi verso l’ignoto».
Larissa si definisce fondatrice dell’Antropoversal Art: «è il punto di intersezione dei miei percorsi, delle cose che più ho amato; guardo al mondo e alle cose che faccio in modo antropologico. La parola “Antropoverso” nasce sulla scia di parole come “universo”, “metaverso”, e significa “rivolto verso l’uomo”. Mi sono chiesta: l’essere umano è ancora al centro del mondo? Per me sì, non bisogna mai smettere di indagarsi, di conoscersi. È una riflessione sulla capacità dell’uomo di creare oggetti e di come a loro volta gli oggetti creino l’uomo, ed è anche una guida, data la grande responsabilità dell’uomo di impattare sul mondo che lo circonda».
Per Larissa tutto è pattern: «siamo fatti di pattern, nella struttura che ci compone ma anche nei comportamenti e nelle emozioni, perchè tendiamo a ripetere sempre lo stesso modello. Niente esiste senza pattern perchè niente esiste senza struttura. La vera domanda è: che struttura ci creiamo?».
Se potessi immaginare un oggetto al quale applicare i tuoi pattern? Larissa risponde decisa: «un lavandino o una vasca da bagno, sono oggetti impattanti e non immediati da immaginare con una texture» e, pensando più un grande, il suo sogno nel cassetto è quello di sviluppare un brand tutto suo con linea casa e linea moda.
Per il momento si dedica a portare avanti i suoi progetti e a viaggiare seguendo i consigli del suo astrologo: «lo conobbi in un momento difficile e mi consigliò di spostarmi per il mio compleanno. Da allora lo faccio ogni anno, seguendo le sue indicazioni su quale destinazione sia la più giusta per me in quel momento, in base agli astri e agli obiettivi che voglio raggiungere. E funziona in modo sconvolgente». Quest’anno l’ha spedita a Las Vegas, dove è andata da sola in occasione dei 30 anni. «La sera del mio compleanno ero a cena in un ristorante in cima a un grattacielo, è stato così emozionante che ho preso il telefono e ho scritto un messaggio a mia mamma per ringraziarla di avermi messa al mondo».
Condividi questo articolo