Musica & Libri

La vita segreta della Donna Cannone e altre storie. Nel libro “Gli (in)cantautori” le canzoni d’autore diventano racconti

03-12-2019

Di Martina Fabiani

Ognuno di noi associa un ricordo a una canzone, quella stessa canzone che ci ha fatto ballare, innamorare, adirare, rivivere una sensazione o uno stato d’animo. O è la canzone stessa a dare vita a un pensiero, a far scattare il bisogno di raccontare. La musica si insinua prepotentemente nelle nostre vite e ci tocca talvolta, sfuggendo anche al nostro controllo.

Ci sono la musica e la vita ne Gli (in)cantautori di Gianluca Morozzi e Luca Cerretti. Questi ultimi, attraverso le loro voci e quelle di altri quattrodici autori, scandagliano i possibili intrecci tra testo e musica, tra narrazione e suono, tra pensiero e melodia partendo dalle opere di sedici cantautori italiani.

L’antologia, uscita lo scorso luglio per D Editore, è in primis un poliedrico omaggio a pietre miliari (beh, non proprio tutte lo sono) della musica nostrana, ma anche una collezione di suggestioni, visioni e invenzioni. Da De André a Battiato, da Ciampi a Dalla, passando per Consoli e Benvegnù, ma anche Morandi e Baglioni.

Al centro delle storie l’umano, e il suo sentire.

In uno dei tanti bar in via del Pratello, Morozzi, Cerretti, io, una bottiglia di vino e un’acqua tonica.

La nostra collaboratrice Martina Fabiani in compagnia degli autori de "Gli Incantautori" Gianluca Morozzi e Luca Cerretti

La nostra Martina Fabiani in compagnia di Gianluca Morozzi e Luca Cerretti

 Ragazzi, qual è il vostro primissimo ricordo con la musica?

M.: “Il mio primo ricordo è mio padre che, anziché cantarmi una ninna nanna, prendeva la chitarra e intonava i pezzi di De André e Guccini. Mi addormentavo, quindi, con storie di gorilla che sodomizzavano giudici o di innamorati che davano il cuore delle madri in pasto ai cani”.

C.: “Solo un nome: Michael Jackson, il mio primo ascolto ossessivo fino a che non mi sono innamorato dei cantautori”.

 

Di getto, primo album comprato e album preferito.

 M: “Il primo in realtà l’ho rubato ed è ‘Strada facendo‘ di Baglioni; quello comprato ‘C’è chi dice no‘ di Vasco, ovviamente in cassetta. ‘Born to run‘ di Springsteen rappresenta invece l’album della vita per me”.

C: “Thriller‘ è il primo comprato. Non ho un disco preferito, ma quello che ho ascoltato di più è ‘Gomma Lacca‘ di Battiato”.

 

 Veniamo a Gli (in)cantautori. Come nasce e chi di voi due ha avuto per primo l’idea?

 C: “Diciamo che la scintilla iniziale è stata mia, nutrivo da un po’ l’idea di realizzare una raccolta di racconti ispirata ai cantautori italiani. Quando ho conosciuto Gianluca e gli ho illustrato la proposta, si è entusiasmato sin da subito e ha fatto tutto il resto. Nel giro di due mesi avevamo già l’editore”.

 

Gianluca, la tua produzione letteraria è cospicua e variegata. Quanto questo lavoro dista o, invece, può dirsi affine al resto? Vi chiedo, poi, di dirmi qualcosa riguardo al vostro racconto.

M: “Ho sempre alternato la veste noir trucolenta e sanguinolenta a quella comica e anche musicale. In molta della mia produzione la musica trova uno spazio quindi direi che l’attinenza c’è.

Il racconto che ho scritto per Gli (in)cantautori mi è venuto in mente quando cercavo l’Osteria delle Dame a Bologna, storico locale fondato da Guccini nel 1970. Sapevo fosse stata riaperta, ma non conoscevo il punto esatto. Ho quindi immaginato di trovarla in maniera fantascientifica: mediante uno scambio di corpi e un viaggio nel tempo e nello spazio.

Essendo un fan di Guccini da sempre, mi sono messo nei suoi panni, conoscendo già la sua storia a posteriori. Poiché considero la sua discografia perfetta, ma perfettibile, nel mio racconto ho cercato di migliorarla”.

C: “Un giorno mi sono trovato a canticchiare ‘La donna cannone’, soffermandomi sul verso ‘quell’enorme mistero volò’ ed è lì che ho pensato di scrivere la storia segreta della Donna Cannone. Nel racconto ho preso spunto da molte altre canzoni di De Gregori, ma bisogna conoscerlo bene per poter scovare le citazioni.

Volevo raccontare una storia di emarginazione, ma ho poi notato che De Gregori nei suoi primi dischi si è servito molto della metafora del circense e ho quindi deciso di utilizzarla a mia volta”.

"Gli (In)cantautori" D Editore, di Gianluca Morozzi e Luca Cerretti

In ‘A me non piace ‘o blues’ di Serena Venditto un paziente decide di ricorrere alla terapia per guarire dal suo odio nei confronti di Pino Daniele; un’altra versione della storia di Anna e Marco o, forse, il suo sviluppo ne ‘La strada per le stelle’ di Luca Martini; il racconto dall’adolescenza alla maternità accompagnato dalle canzoni di Carmen Consoli è invece al centro di ‘Otto vite’ di Elisa Genghini. E ancora: erotismo e vendetta nel pezzo ‘Sesso e violenza’ di Nicolò Bizzini dedicato a Federico Fiumani.

Solo qualche anticipazione di ciò che il lettore incontra nell’antologia dedicata ai compositori italiani.

 

Nella prefazione al volume si legge che l’antologia è un’opera di selezione, criticabile e sempre parziale. Spiegatemi quali sono i criteri che avete adottato ne Gli (in)cantautori.

M: “Abbiamo lasciato ai collaboratori la facoltà di decidere quale artista trattare, salvo alcune eccezioni. Ad esempio Minghetti è il più grande fan under 30 di Gianni Morandi della storia e quindi ho chiesto a lui di scrivere qualcosa su Morandi.

La Russo, invece, è tormentata da Antonacci ovunque vada e, in questo caso, volevamo un pezzo ‘cazzone’; è uscita fuori una storia che si legge bene perché arriva a parlare di tutt’altra cosa”.

Il racconto in questione, intitolato Kill Gianni, narra la storia di un sequestro avvenuto la sera in cui la protagonista doveva recarsi a un concerto di Biagio Antonacci. A questo punto, è lecito chiedere ai due autori se preferiscano un sequestro o un concerto di Antonacci. All’unanimità (me compresa) scegliamo la prima.

 

Il tema amoroso aleggia in quasi tutti i racconti, in alcuni casi è invece dominante. È un caso? E perché, secondo voi, il cantautorato si presta così bene a parlare d’amore?

C: “C’è una ragione storica. Tutto parte dalla cosiddetta ‘Scuola di Genova’ (che in realtà non è mai esistita). Essendo Genova un porto, in città arrivava di tutto, compresa la musica americana o francese. Lì negli anni Sessanta vi era un gruppo di giovani artisti come Tenco, Paoli, Luzi, De André che ebbe la fortuna di imbattersi in un discografico illuminato come Ricordi.

Probabilmente se non vi fosse stato quest’ultimo non avremmo mai avuto i cantautori in Italia. Ricordi fu colui che diede a quei giovani la possibilità di fare della musica differente dalle zuccherose banalità alle quali si assisteva allora a Sanremo. Inoltre, il discografico capì che in Italia poteva esistere un pubblico diverso, un pubblico che leggeva, che si informava. Sulla scorta, quindi, degli chansonnier francesi si ebbe una vera e propria rivoluzione musicale che comprendeva il trattare tematiche amorose.

Una canzone come ‘Mi sono innamorato di te perché non avevo nient’altro da fare’ sarebbe stata impensabile nei primi anni Sessanta. I cantautori che sono arrivati dopo (la generazione degli anni Settanta) hanno iniziato a parlare anche di questioni sociali e politiche, ma la prima vera rivoluzione è quella del cantar d’amore con un lessico diverso. La canzone d’amore è legata quindi alla canzone d’autore italiana”.

M: “L’artista tratta argomenti universali, il cantautore è colui che sa scrivere un po’ meglio della rima cuore-amore. Tutti sappiamo cosa vuol dire soffrire per amore, ma detta così rimane una sensazione vaga.

Bob Dylan per spiegare cosa significasse essere lasciato dalla donna che si ama, scrive: ‘è come un dolore che si ferma e poi riparte, è come un cavatappi nel mio cuore’. Il cavatappi non è un coltello, non è una lama, è qualcosa che agisce lentamente, ed è quindi una metafora perfetta.

Quando Guccini deve parlare d’amore, in Farewell, scrive questa frase: ‘E il peccato fu creder speciale una storia normale‘: è il grande male delle storie d’amore ed è una cosa ovvia, ma nessuno l’aveva mai scritta prima in una canzone. O anche ‘Vorrei perché non sono quando non ci sei‘, è una frase banale ma perfetta (era innamorato in quel periodo Guccini)”.

 Se tutti i cantautori di cui avete trattato leggessero il libro, chi ne rimarrebbe più deluso, chi invece estasiato?

M: “Baglioni direbbe: ‘Oh Bortolotti, ma parli di me o di Tiziano Ferro?’. Ciampi sarebbe contento credo e anche Carmen Consoli”.

C: “Io ho il sogno di dare il mio racconto a De Gregori e poi scappare”.

 

Nel 2016 il Premio Nobel per la letteratura viene assegnato a Bob Dylan. Ritenete che la canzone d’autore possa essere eguagliabile ad altre forme d’arte?

 C: “Assolutamente. E finalmente il Premio Nobel si è aperto. La letteratura non deve essere associata solo al libro. Il cantautore non ha venti pagine per raccontare un concetto, ma tre minuti e deve farlo pure in metrica”.

M: “Se dovessi raccontare la storia dell’impiegato prima di diventare bombarolo, avrei bisogno di almeno venti pagine, De André lo fa in due righe, scrivendo: ‘e io contavo i denti ai francobolli, dicevo grazie a dio, Buon Natale’. C’è un lavoro di sintesi necessario, vicino alla poesia”.

L’antologia a cura di Morozzi e Cerretti si dimostra un libro alla portata di tutti per diversità di generi e argomenti trattati. Momenti di ilarità si alternano a racconti più intimisti e romantici, senza escludere l’ironia dietro la quale, talvolta, si cela una critica.

Lungi dall’essere un libro volto al mero intrattenimento, il proprio merito è quello di spingere il lettore a scoprire o riscoprire un artista, un album o anche solo un brano che non si era mai preso in considerazione o che si era dimenticato nel cassetto. A rivalutare in positivo o negativo l’operato di un cantautore o, perché no, a confermarlo.

Ne Gli (in)cantautori l’approfondimento musicale, dunque, abbraccia storie di uomini e di donne, e dei loro destini, illuminati da alcune delle migliori menti musicali del nostro Paese e poi di ispirazione per i quattordici collaboratori che hanno contribuito a questa raccolta.

Ci sarà la raccolta ispirata ai cantatori stranieri?

M: “Certo, sono già usciti fuori alcuni nomi, tra i quali Lennon, Springsteen, Nick Cave, Patti Smith, Lou Reed e Leonard Cohen”.

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