Mahmood al Locomotiv Club di Bologna ha spaccato.
Potrebbe sembrare un commento a caldo postato sui social a fine concerto, invece è esattamente così. E quello che è successo mercoledì sera può testimoniarlo chiunque abbia fatto parte del serpentone all’entrata di un Locomotiv Club pieno già due ore prima del concerto che ha registrato sold out sin da subito.
Alle 22 in punto Mahmood si materializza finalmente sul palco, insieme alla band composta da batteria, tastiera e synth. A dare il la alla tappa felsinea del Good Vibes Tour e scaldare la platea ci pensa Africa, pezzo d’esordio con cui l’artista prepara a lanciare sulla platea bolognese Mai figlio unico, uno dei testi più diretti e nudi di Gioventù bruciata, suo primo album uscito lo scorso 22 febbraio per Island Records. Si prosegue subito con Sabbie Mobili e Il Nilo nel Naviglio, uno dei brani più accolti e acclamati e che viene salutato da un boato di applausi. Remo invece fa da trampolino a una canzone in arabo prima che sia il turno del brano omonimo dell’album, Gioventù bruciata, che chiama a rapporto gli altri brani e prepara alla seconda parte del live.
Si continua con Anni 90 e Soldi, fortunatissima canzone che ha regalato all’artista la vittoria nella scorsa edizione del Festival di Sanremo e un meritatissimo secondo posto all’Eurovision Song Contest, oltre a fargli guadagnare un doppio disco di platino e la vetta di molte classifiche internazionali, senza dimenticare la presenza nei Viral 50 di Spotify in molti Paesi europei. Subito dopo tocca a Dimentica, brano accorato portato a Sanremo Giovani nel 2016, per poi ritornare al presente con le ultime tre mine dell’album, Asia Occidente, Milano Good Vibes e Uramaki, con cui Mahmood cerca di salutare e congedarsi dalla vasta platea bolognese.
L’encore, scontato quanto potente, è segnato da dialoghi col pubblico, una versione a cappella della sua Pesos e da un atteso bis di Soldi, chiosa perfetta di un’ora e mezza di live. Mahmood ha spaccato, dicevamo.
Il live di ieri è stato conferma e consacrazione di un artista che a quel tipo di fruitori di musica accorsi al Locomotiv, dai bambini catturati dalla hit che ha trionfato a Sanremo fino a quelli più adulti che hanno goduto dell’esibizione live, è piaciuto e anche tanto: un mix perfetto ed esattamente bilanciato tra bravura e tecnica, una presenza da palcoscenico fatta da carisma e appeal col pubblico, tra leggere e brevi gag e coinvolgimenti estemporanei al microfono di qualcuno delle prime file, arrivando ad omaggiare la città delle Due Torri e quello stesso pubblico facendo diventare Milano Good Vibes in Bologna Good Vibes.
Il palco, a sostegno di tutto ciò, diventa immediatamente uno scenario in cui lui si trova decisamente a suo agio e che affronta con la sana leggerezza e la stessa simpatica spavalderia con la quale si è concesso ai fan subito dopo il concerto.
Mahmood sa essere cinico e malinconico tanto quanto spiritoso, solare e disincantato, si palesa un essere fragile e intimista con la stessa facilità di quando ci dice di avere determinazione e fiducia in un riscatto, il tutto mentre racconta in musica il suo mondo e il suo modo di essere umano.
È una voce soul che gioca sui beat dell’r&b, pur strizzando l’occhio ai sound più disparati che vanno dall’etno-folk al pop, dal rap all’hip-hop, dentro ai quali si destreggia magistralmente e riesce a trovare posto per testi intimi e personali che parlano di lui al pubblico e che a quello stesso pubblico vogliono e sanno appartenere.
Tutti elementi che denotano un artista che è prima di tutto un ragazzo di 26 anni e che da ciò trae linfa artistica. Lo stesso che si potrebbe incontrare per le vie di Milano e che, alla fine delle fiera, è lo stesso ragazzo della periferia che racconta e canta dal palco ciò che ha vissuto e che continua a vivere, in un’unica storia, la sua, dentro la quale l’Oriente diventa Occidente e il passato ha ancora un suo peso. Una storia rivissuta attraverso le canzoni, nelle quali il suo modo di vedere la vita e il vissuto personale del passato si abbracciano per plasmare, filtrare e vivere le situazioni presente.
Un presente, il suo, quello di Alessandro Mahmoud, e quello della stragrande maggioranza di giovani che si rispecchiano nei suoi testi.
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