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La notte è sul rooftop del Parcheggio Stazione, tra elettronica e visual art. Intervista a Maze

30-06-2022

Di Noemi Adabbo

Maze saluta Bologna dall’alto in basso e le fa toccare il cielo con un dito.

Dal rooftop del parcheggio verticale progettato dall’architetto Mario Cucinella, il collettivo esplora le vie del capoluogo alla ricerca di posti inediti, dismessi e dimenticati, per riportarne in auge a suon di urbanistica gli angoli, fosse solo per una notte.

In realtà, tre: li abbiamo incontrati per farci raccontare proprio da loro il palco da cui suonano. Il team è formato da Gregorio Montefameglio (dj e booker), Pietro Tabarroni (bar & logistics), Francesco Maria Rossi (architetto & location scout), Alessio Cazzola (visual artist), Alice Matteuzzi (visual artist).

Sabato 3 settembre, alle ore 18, al Nuovo Parcheggio Stazione (via Aristotile Fioravanti) ci fanno entrare in quello che loro stessi definiscono un “labirinto”. Per farci trovare la serata dove non te l’aspetti.

Qui il link ai biglietti.

 

Chi e cos’è MAZE? Il nome è curioso, da dove è stato tratto?

«MAZE è l’acronimo di Musica, Arte, Zone Emergenti, e al contempo significa “labirinto”, la cui immagine rappresenta la scoperta continua, che si fa una svolta alla volta. La nostra idea era di fondere la scoperta dei luoghi disseminati nel labirinto urbano, per innestarci qualcosa, che abbia sempre a che fare con la musica e con varie forme di visual art. Un’idea semplice, in sé, ma che si traduce in una sfida continua, quella di percorrere il labirinto e di trovare questi luoghi in cui far esibire gli artisti che ci appassionano».

Come nasce il vostro progetto? Diteci del vostro percorso da artisti e come collettivo e del vostro rapporto con la musica, come ha avuto origine, come si è sviluppato e com’è cambiato nel tempo.

«Gregorio, che è anche booker e resident dei nostri eventi, ha iniziato a collezionare vinili e a esibirsi quando eravamo ancora al liceo, qui a Bologna. Noi ci siamo conosciuti fra i banchi di scuola, e veniamo da un gruppo di persone che, fra alti e bassi, si conosce e si frequenta da quindici anni. Il collante è questo, il fatto di andare alle serate insieme, di amare il contesto che vorremmo creare, in prima persona.

Le cose si sono fatte più serie quando Gregorio è tornato a vivere in Italia, dopo gli anni passati a Copenaghen e a Londra. Lì si è laureato ed ha iniziato a lavorare, ma ha anche impostato le basi per il nostro progetto attuale, organizzando festival, conoscendo artisti e inanellando esperienza sul palco. Nel frattempo, altri di noi erano diventati architetti, graphic designer, illustratori, ricercatori in environmental humanities. Ci siamo dunque messi assieme per cercare di tirarne fuori un progetto che dia spazio a questa creatività».

 

Perché proprio il rooftop del parcheggio verticale di Cucinella: cosa vi ha portato a sceglierlo come luogo per la vostra iniziativa?

«È il vantaggio di avere Francesco, un architetto, in squadra. Qualche anno fa l’ha notato, si è fissato insieme a Gregorio, e sicuramente avevano le loro ragioni, visto il panorama che possiamo offrire alla gente mentre balla, all’aperto, con il centro storico davanti, i colli sullo sfondo e il taglio dei 10 e passa binari della Stazione sotto, dall’ultimo piano del parcheggio. A motivarci è la consapevolezza che quella vista è un valore che bisogna saper scovare, non solo cogliere e sfruttare. È proprio questo il senso del nostro progetto, cercare e trovare luoghi che, per qualsiasi motivo, offrano un utilizzo secondario, non ancora emerso diciamo, per farne esplodere il potenziale nascosto. Quel quinto piano, ai nostri occhi, appariva come la location perfetta. Fra l’immagine e la sua realizzazione, a quel punto, c’erano di mezzo solo il nostro impegno e il nostro lavoro».

Gli eventi in totale sono tre: qual è stata la risposta dei bolognesi? Diteci dell’organizzazione del secondo e dei suoi ospiti. Il terzo, invece, a quando? Potete spoilerarci qualche dettaglio che avete messo già a punto?

«Il primo è stato sorprendente, abbiamo registrato il sold out molto prima dell’evento, ed è venuta davvero tantissima gente. Il secondo è stato in estate inoltrata, il che ha costituito una sfida in più, ma la risposta è continuata a esserci comunque.

Per l’occasione è venuto Jacopo Latini, dj e producer di Bologna la cui musica sta rapidamente girando tutto il mondo grazie alle diverse release su Mood Waves. Dall’uscita del primo EP sotto il moniker di DMA – Data Memory Access, assieme a Gianmarco Orsini, Jacopo è letteralmente esploso, e si sta esibendo in contesti veramente incredibili quali la main room del Fabric durante l’anniversario di Picnic Records

Oltre a Jacopo hanno partecipato anche Crazy C e Sosten, che assieme suonano come The Curious Incident, due ragazzi italiani che hanno base a Copenaghen e resident del Jolene, a nostro avviso il più importante club di Copenaghen a livello di avanguardia artistica.

Per il terzo party avremo con noi Joaquin Texeira del collettivo Lifestyling di Lisbona, un gruppo di dj e promoter che stanno letteralmente ribaltando la città grazie alla loro organizzazione ed alla loro proposta artistica impeccabile».

 

Pensate che la città di Bologna possa essere un buon nido per un collettivo come il vostro? Cosa cercate di portare al capoluogo col vostro progetto e cosa, invece, di trarne?

«La città di Bologna è costellata di luoghi dismessi, in attesa di essere destinati, in larga parte anche pubblici. Sorgono comitati e proteste di continuo. Noi condividiamo l’idea che il patrimonio debba essere riutilizzato, rimesso in circolo, e la nostra proposta è solidamente ancorata al principio della temporaneità degli eventi. Ci interessa entrare in un contesto che offra, per motivi che possono andare dall’abbandono al fatto che, come nel parcheggio di Cucinella, esiste una porzione di struttura non del tutto sfruttata per la sua destinazione, una possibilità di allestimento interessante.

La nostra città è in crescita, interi settori di grandi quartieri periferici e dei comuni limitrofi, che sono stati lasciati un po’ fuori dal giro economico, turistico e immobiliare del centro e della prima periferia, torneranno a essere nuclei per la cittadinanza e dovranno essere colmati di iniziative per creare un tessuto vitale e vivibile. Ci spaventa, da bolognesi, la possibilità che questi luoghi rimangano, semplicemente, centri abitativi sempre più densi, senza un locale interessante, senza mostre o forme d’arte. D’altronde, questo tipo di approccio è uno dei pilastri rivendicati dall’attuale amministrazione della nostra città, e quindi si può dire che, in questo senso, speriamo di dare letteralmente una mano, di fare la nostra parte in un processo collettivo».

Quali sono i vostri progetti per il futuro? Avete altri eventi in programma entro la fine dell’anno?

«Il programma è sempre fittissimo, anche se per ora non abbiamo un contesto vincitore, fra quelli che stiamo vagliando. Sicuramente, ci faremo vivi prima dell’estate prossima. La location invernale, però, non la sveliamo. Potrebbe essere un rooftop come uno scantinato sconosciuto, il bello è proprio quello, portare il nostro pubblico a contatto con una prospettiva nuova, con un posto della città sconosciuto, dove, solitamente, non si organizza una serata. La vera sfida, per noi, sta nel renderlo fruibile per qualche ora».

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