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Museo Temporaneo Navile, l’arte che puoi portare a casa. Ecco il primo museo di quartiere in Italia

02-10-2020

Di Giulia Fini
Foto di Giulia Fini e Aurore Audiovisivi

Arrivando ci si trova davanti a una grande vetrata che non nasconde niente, e all’interno uno spazio vuoto, bianco. Da subito si intuisce che il Mtn – Museo Temporaneo Navile non è un museo come gli altri ma assomiglia di più a un organismo vivente in continuo mutamento.

“Quando mi sono preso la pesca di questo progetto ho potuto farlo perché l’ho visto come scultura, non come contenitore di sculture. Una forma di scultura sociale”.

A raccontarmi di più è l’artista e direttore del museo Marcello Tedesco che, insieme all’artista Silla Guerrini (l’avevo già conosciuta a ZonaZago7), ha progettato il primo museo di quartiere in Italia nato nel gennaio 2019 all’interno della Trilogia Navile grazie al sostegno dalla Valdadige Sistemi Urbani e con il Patrocinio del Comune di Bologna e in collaborazione con il quartiere Navile.

Dunque la vetrata non è solo una vetrata, ma diventa una membrana per creare una connessione con quello che sta fuori e il vuoto non è assenza, ma energia che permette di vedere meglio l’opera: “In questo periodo di emergenza sanitaria abbiamo messo a fuoco meglio questo discorso immaginando questa membrana come uno strato sottilissimo legato al concetto di libertà. Tu vedi che l’area del museo è vuota per sottolineare che c’è una crisi in corso”.

Mtn | Foto di Giulia Fini

Entrando mi ritrovo nella Project Room, dove, nell’arco di un mese, una quindicina di artisti sono invitati a presentare una singola opera che sia esplicativa del proprio pensiero e universo estetico.

E dato che l’esperienza dell’arte deve essere un’esperienza alla portata di tutti, Marcello e Silla hanno deciso che una volta finite le mostre nella Project Room, le opere possono essere prese in prestito gratuitamente dai cittadini, inizialmente della Trilogia Navile, ma da quest’anno anche da tutta la città, creando un museo dislocato. “Le persone ci chiedono le opere con un senso di stupore ‘ma sul serio la posso portare a casa gratuitamente solo firmando un foglio di prestito?’ Sì certo. È capitato che alcuni abbiamo fatto delle cene a cui ci hanno invitato o hanno invitato l’artista per fare una serata e spiegare l’opera. Sono persone varie, dal giornalista, al medico, alla famiglia, oppure sono altri artisti”.

Fino al 10 ottobre è visitabile la mostra Neutral che vuole portare a dei livelli piuttosto spericolati un concetto molto caro al museo, quello di pluralità. La mostra, come tutte le altre al museo, è visitabile a ingresso gratuito. Per progettarla si è partiti da una domanda: i musei d’arte possono essere considerati degli spazi neutrali?

“Di solito – mi spiega Marcello – sia nei musei che negli enti culturali capita raramente che ci si renda disponibili a rappresentare la complessità di ciò che accade nei linguaggi dell’arte, di solito si sostiene una parte in maniera paternalistica perché la si ritiene migliore. Più in generale il concetto di pluralità nel contemporaneo è stigmatizzato: se io sono giallo e tu sei rosso questo crea dei problemi a prescindere, ma abbiamo visto che, nell’ambito del linguaggio dell’arte, questo non è assolutamente vero.

Non ci precludiamo di ospitare anche un messaggio che non condividiamo: io non espongo gli artisti che mi piacciono, mi interessa l’autenticità, se hai qualcosa di interessante da dire. Non è semplice gestire la complessità, ma basta un po’ di esercizio e di addestramento”.

Sono affiancate l’opera iperconcettuale e quella più figurativa. L’artista dell’Accademia alle prime armi e quello che si muove già in abiti internazionali, senza gerarchie. In questa mostra ad esempio la pittura allucinatoria di Dario Dariotti, esponente della Bologna underground anni 90, è vicina alla scultura sonora di Alcide Fontanesi, un maestro venuto a mancare da poco che si muove in un ambito più istituzionale.

Una strana coppia che però a livello estetico funziona.

In mostra ci sono anche artisti che non hanno la patente da artisti: come l’opera in dinamolisi di Emilia Bosetti, una dottoressa che vive in Trentino e la scultura in ferro di Ivano Ruscelli.

La pittura di Dario Dariotti e la scultura di Alcide Fontanesi | Foto di Giulia Fini

Lo noto solo adesso, le opere sono disposte vicino alle vetrate. Sembra quasi che la mostra sia stata concepita per essere vista da fuori. Ed è proprio così: “Cerchiamo di fare un allestimento che funzioni sia da fuori che da dentro, ma la priorità progettuale è da fuori. La mostra la puoi vedere da fuori, sempre, anche se non hai voglia di entrare. Anche di notte, le luci rimangono sempre accese. Questo attira la curiosità delle persone che passano. Non è più il pubblico che va verso l’opera, ma si ribalta il meccanismo: è l’opera che va verso il pubblico”.

“Questa vetrata – mi dice Silla – ti dà l’impressione che a volte non esista. È veramente come se fossimo in strada e come se la strada fosse dentro”.

Mtn | Foto di Aurore Audiovisivi

Un altro dei principi che muove le attività del museo è, infatti, vedere l’arte come qualcosa di accessibile a tutti e democratico. E allora sorge spontanea la domanda: Perché, secondo voi, alle persone non interessa andare al museo?

“Per lo stesso motivo per cui la politica è lontana dalle persone – mi spiega Marcello – È come se ci fosse uno scollamento da parte delle istituzioni in generale, anche private, rispetto a quello che succede e un’incapacità di interpretarlo. Dalla rivoluzione industriale in poi si è sempre più consolidata una visione culturale del mondo, una visione fatta di codici. È andato sempre più dimenticandosi un atteggiamento artistico di lettura della realtà.

Noi oggi identifichiamo l’aspetto artistico con quello culturale, ma sono due cose completamente diverse: l’aspetto culturale è un ambito codificato, l’ambito artistico, quando questo accade, è enigmatico e assomiglia a quella materia affascinante e pericolosa che è la realtà.

È evidente che se si promuove un’arte culturale, le persone non capiscono di cosa si tratta perché o conosci quel codice oppure ciao. Invece se lavori in un ambito artistico è più facile che le persone si trovino a proprio agio. Perché l’ambito artistico precede quello culturale: lavora sull’esperienza, sul concetto di interiorità, di immaginazione, di trasformazione, su ambiti universali”.

Mtn | Foto di Aurore Audiovisivi

Per dare anche ai più giovani nuovi strumenti per avvicinarsi all’arte, vengono organizzati tirocini e incontri con i ragazzi del liceo e dell’Accademia: “Alcuni ragazzi dell’università ci hanno aggiunto nella loro tesi. I ragazzi capiscono subito quando c’è un atteggiamento non retorico, non autoritario. Io non ti voglio convincere, io ti sto dicendo che esiste una complessità della vita, che tu dovrai vivere e l’arte ti può aiutare a lavorare con questa complessità senza esserne schiacciato. C’è sempre quest’aria frizzantina con i ragazzi, non vedo l’ora che tornino”.

Marcello Tedesco e Silla Guerrini | Foto di Aurore Audiovisivi

Anche durante il lockdown l’attività del museo non si è fermata: “abbiamo chiesto a chiunque, da artisti a bambini, di mandarci la loro arte che abbiamo veicolato sui nostri canali social creando la nostra ‘Collezione’. Molti in questi due anni ci hanno chiesto: ‘ma voi siete un museo, ma dov’è la vostra collezione?’ La nostra collezione è quella dell’essere umano: è l’esperienza dell’uomo che vogliamo ospitare”.

Un altro esperimento che abbiamo fatto in questi mesi è il Certificato di opera d’arte. “Durante il lockdown quando ognuno doveva certificare ogni azione, c’è venuto in mente che come museo per noi era importante certificare l’essere umano come opera d’arte con un attestato da stampare e appendere dove si preferisce”. Il progetto però è stato un fallimento: “Quando mi capitava di raccontarlo alle persone o alle istituzioni, la risposta era quella della risata, o isterica o di disagio. Questo perché è una narrazione diversa da quella che si fa oggi dell’essere umano visto sempre in un’ottica economica e aziendalistica, parlarne diversamente è un tabù”.

Ma non si scoraggia: “io come artista lavoro proprio in quell’ottica, cerco di addestrarmi in questo compito di saper narrare l’essere umano, in questo modo in alcun modo retorico, ma tutta realtà”.

Mtn | Foto di Giulia Fini

Oltre all’idea del museo dislocato, anche questa idea di essere umano come opera d’arte arriva da un grande maestro a cui entrami, sia Marcello che Silla, guardano con grande ispirazione, Cesare Zavattini, protagonista della prossima mostra in programma: un viaggio tra documenti e il suo ultimo film, propedeutico per iniziare ad approcciarsi al suo universo in attesa di una mostra completa: “Già negli anni 70 lavorava sul discorso dell’arte come qualcosa di legato all’etica, una dimensione imprescindibile per l’essere umano. Aveva immaginato questo museo dislocato in cui le opere d’arte smettevano di essere dentro i templi del mondo dell’arte e venivano messi in mezzo alla strada. Un Morandi, ad esempio, deve stare in Piazza Maggiore, deve essere qualcosa di pubblico.

A cosa servono i maestri? Perché sali su quelle spalle, e da lì ci capisci qualcosa in più. Oggi a volte bisogna chiamare in campo i veterani, come dice Vinicio Capossela. Da qualche parte bisogna iniziare”.

 

Per la mostra Neutral sono espose le opere di:

Emanuela Ascari, Riccardo Bellelli, Luca Bolognese, Emilia Bosetti, Dariotti, Giuseppe Di Martino, Alcide Fontanesi, Silla Guerrini, Valentina Medda, Stefano W. Pasquini, Chiara Pergola, Prom.run, Ivano Ruscelli, Golzar Sanganian, Marcello Spada.

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