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Mygrants, l’app che aiuta i migranti a trovare lavoro

04-05-2021

Di Noemi Adabbo

Nel 2017 a Bologna nasce Mygrants, un’app che si occupa di facilitare l’inserimento dei migranti nel mondo del lavoro che ha fatto dell’informazione e della formazione i propri cavalli di battaglia. Con 114 mila utenti, di cui l’80% in Italia con 2 mila profili inseriti in attività lavorativa, il progetto utilizza un approccio sistemico forte di un programma d’avanguardia sotto più punti di vista.

La piattaforma nasce a Bologna e da dicembre 2020 si trova in pianta stabile a Catania. Abbiamo parlato con Chris Richmond N’zi, co-fondatore di Mygrants insieme ad Aisha Coulibaly, per conoscerne genesi, sviluppo ed eredità.

Come nasce Mygrants?

«Mygrants nasce il 23 febbraio 2017 a Bologna dopo aver conseguito un percorso all’agenzia europea Frontex come analista strategico di intelligence. Quello è stato il momento in cui ho iniziato a ragionare sulla necessità di creare una soluzione digitale per gestire in maniera lungimirante i flussi migratori. L’idea, quindi, è nata ben prima ed è stata elaborata per diverso tempo finchè abbiamo deciso di realizzarla».

 

Qual è il suo scopo e quali sono le nazionalità di chi utilizza la piattaforma?

«L’etnia è un dato che poco ci interessa perchè l’obiettivo è proprio quello di fornire informazioni aggiornate e rilevanti su diritti e doveri e sulle evoluzioni del funzionamento del sistema italiano riguardanti il tema dell’asilo. Infatti, mettiamo a disposizione contenuti formativi per poter far emergere competenze pregresse ma al contempo dare l’opportunità di rafforzarle e valorizzarle al fine di renderle più spendibili per facilitare l’inserimento nel mercato del lavoro. Abbiamo registrato un bel responso».

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Mygrants ci dà un quadro più chiaro della situazione lavorativa dei migranti in Italia. Il caporalato è stato tra i motivi che vi hanno portato alla creazione della piattaforma?

«Il tema del caporalato è complesso. Il caporale è un soggetto che parte dalla filiera ma non è riconosciuto ed è giustamente illegale. È un fenomeno presente soprattutto in alcuni settori e attinente a certi ruoli, in particolare in quelli dove vengono richieste competenze meno complesse e strutturate. Il digitale sicuramente può democratizzare i diversi processi, incluso questo, valorizzando e rendendo maggiormente spendibili, al giusto prezzo, quelle che sono le competenze. È una necessità ed è per questo che cerchiamo sempre di garantire contratti di qualità ai nostri candidati ma di modo che anche le aziende a loro volta possano pagare il giusto, né più né meno del dovuto. Il digitale ha sicuramente il suo perchè nella lotta al caporalato».

 

La vostra app si basa sulla tecnologia del microlearning. Su cosa si incentra la vostra formazione e quanto è importante la ricerca di un impiego coerente con le skills dei candidati?

«Prima di tutto il nostro processo è digitale quindi il non dover essere fisicamente in un’aula per seguire un percorso di formazione rappresenta un elemento non indifferente. Inoltre non ci basiamo solo sul microlearning ma anche sull’adapted microlearning: il primo riguarda la metodologia con cui i contenuti vengono resi disponibili ovvero in pillole di modo che la fruizione risulti leggera e breve, richiedendo a chi si applica pochissimo effort in termini di concentrazione e di tempo; il secondo asserisce che questa scomposizione dei contenuti avvenga in maniera non lineare ma secondo uno schema a mappa affinchè l’utente possa scegliere cosa fare e quando, nel luogo più consono.

Il percorso mi permette anche in modo semplice di poter validare quelle che sono le competenze pregresse e acquisite sotto forma di quiz tramite il quale posso paragonare le mie classifiche e osservare l’evoluzione del mio cv dinamico, scaricarlo in pdf e condividerlo con chi voglio quando voglio. Quindi non è un banale percorso di formazione o di assessement ma molto più di questo, permettendo di rendere tangibili le competenze dei migranti, fino a poco fa, sconosciute. Questo è il valore del nostro modello».

Quali sono i pro e i contro di una piattaforma digitale come la vostra? Che difficoltà avete riscontrato?

«Gli aspetti positivi sono quelli precedentemente elencati mentre quelli negativi posssono essere rappresentati dalla possibile analfabetizzazione dei soggetti che non sono in grado di leggere e comprendere contenuti testuali in inglese, francese e italiano. In questo caso diventa difficile. Un’altra complessità è rappresentata dal dover essere tassativamente in possesso di un dispositivo funzionante mentre molti sono provvisti di dispositivi obsoleti o rotti.

Allo stesso modo la connessione internet risulta un tema importante perché, nonostante la maggior parte abbiano un abbonamento, quando si vive all’interno di un centro di accoglienza con tante altre persone, la qualità del wi-fi non sempre è ottimale per poter accedere ad internet. Ci sono quindi delle limitazioni ma sono più gli aspetti positivi che quelli negativi, prevalentemente esterni. Unico scoglio interno all’app è la presenza di tre lingue ma stiamo lavorando ad alcuni progetti che presenteranno la variante in arabo e spagnolo».

Quali sono i vostri progetti per Mygrants?

«Mygrants continua a evolvere ogni giorno, ogni settimana. È evoluta in questi quattro anni: siamo partiti con l’idea di derogare contenuti informativi e formativi e ad oggi ci occupiamo anche di inserimento lavorativo. Stiamo creando un nuovo servizio, testato in queste settimane, che possa essere capace di permettere ai nostri utenti di guadagnare delle somme economiche grazie alla formazione, quindi un potenziale redditizio per ogni singolo applicant. Questo è molto interessante perché richiederà agli utenti di imparare di più e meglio, spendendo meglio anche il proprio tempo, velocizzando la posizione delle competenze, migliorando così le probabilità di essere presenti attivamente in rete e nel mercato del lavoro. Anche se non dovessero esserlo, potrebbero comunque convertire ogni mese il proprio punteggio accumulato in euro su un salvadanaio digitale, permettendo anche alle aziende di investire sulle competenze, programmando e creando la forza-lavoro di domani, dando vita ad un ciclo molto interessante.

Sicuramente non ci fermeremo qui: questi quattro servizi (informazione, formazione, inserimento lavorativo e accesso al credito) sono fondamentali per i migranti ma non solo, quindi l’obiettivo non si configura in un impatto diretto ma sistemico, collaborando sempre di più con soggetti diversi, dando vita a un puzzle che sia benefico per i migranti e per le comunità ospitanti. Il modello sta per essere esportato anche all’estero».

Sulla vostra storia è stato realizzato anche un corto all’interno del progetto New Realities sostenuto da Lenovo.

«Lenovo ha scelto dieci donne nel mondo che rappresentassero un modello di giovane donna intraprendente in diversi settori, grazie anche allo sfruttamento di nuove tecnologie. Tra queste, è stata scelta Aisha Coulibaly, co-fondatrice di Mygrants che ha deciso di partecipare a questo progetto».

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