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Nella soffitta creativa di Pastavolante

18-02-2025

Di Noemi Adabbo

“Vorrei vivere la mia città attraverso un viaggio illustrato, ma con quell’occhio da disegnatore di strada. Sedermi, alzare la testa e catturare scorci ed espressioni con molta immediatezza e semplicità.”.

Umberto Stagni è un illustratore bolognese. Nel 2005 crea PastaVolante, la sua realtà professionale, nonché pseudonimo, grazie al quale sviluppa illustrazioni tradizionali e digitali, non solo applicate a progetti personali, ma anche alla comunicazione, a progetti editoriali e musicali.

Prima di accomiatarsi su una panchina del bolognese però ha preso un volo da Parigi, ormai vent’anni fa.

Da sempre  affezionato al mondo delle pin-up e affascinato dall’arte rinascimentale, ha portato la passione per grafite e acquerelli ad un livello contemporaneo. E oggi, col digitale, spazia tra gli ambiti più diversi. “La carta però non perdona, non esiste un control z, è lì che si vede la sicurezza del tratto, quella straordinaria connessione tra idee, mente e mano”. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia.

Chi è Pasta Volante? Perché Pasta e perché Volante?

“Nel 2005 ero in un momento di cambiamenti: l’uscita da uno studio dove lavoravo e sicuramente la voglia e l’audacia di provarci con le mie… ali. Andai a Parigi a trovare una parte della mia famiglia. Ogni giorno era una gita in motorino per le vie, i negozi, e i posti cool della città assieme a Guillaume, grafico ed illustratore anche lui, compagno di mia cugina Sophie. A fine giornata invece eravamo tutti insieme attorno alla tavola dove imperavano i tortellini che avevo portato dall’Italia. Mi divertivo stare insieme al piccolo Pablò di quattro anni che ogni sera mangiava la sua piccola scodellina di tortellini, mentre io gli disegnavo dei personaggi per farlo divertire. Al mio ritorno in Italia mi aspettava un nuovo capitolo della mia vita: diventare a tutti gli effetti un libero professionista. Ma, che nome darmi? Avevo bisogno di un nome identificativo. Come un super eroe, ma quale?

Umberto Stagni

Di ritorno, sull’aereo, cominciai a pensare e a scrivere qualche idea: Parigi, la creatività, i tortellini…la Pasta! Sto volando…volante! La pasta, io! PastaVolante! Non volevo un nome convenzionale, ma qualcosa che si ricordasse e che mi desse l’opportunità di giocarci un po’ su. “PastaVolante, Specialità Creative”: come se il buon prodotto grafico e illustrativo non fosse stato altro che un ottimo connubio di ingredienti di grande qualità. Il primo logo/simbolo era un arzigogolato tortellino con le ali, ovviamente fatte tutte di pasta, con le varie declinazioni: tagliatelle, farfalle, penne, fusilli. Le ali? Sì, perché ne avevo bisogno, era un simbolo che allora mi rappresentava molto. Mi servivano per osare verso l’ignoto…”.

Umberto Stagni, invece? Raccontaci un po’ del tuo percorso, da dove nasce e come si è sviluppato nel tempo.

“Il disegno ha sempre fatto parte di me fin da quando ero bambino. Ero affascinato da mia mamma, una disegnatrice figurinista incredibile: aveva una maestria strepitosa nell’uso del colore, lavorava per un’azienda fotografica di Bologna come ritoccatrice. Lei mi insegnò tantissimo, soprattutto la sicurezza del tratto. Poi arrivarono gli studi, il Liceo artistico, l’ISIA di Urbino, e sempre con a fianco carta, acquerelli, matite. Inseparabili. Dopo la scuola iniziò il mio percorso fra vari studi di comunicazione e grafica, ma soprattutto l’illustrazione: dagli sketch per gli storyboards o visual per pagine Adv, ad esecutivi maniacali eseguiti ancora in originale. Il tutto intervallato tra parentesi di grafica ed impaginazione. Erano anni, dove la produzione grafica prevedeva molte lavorazioni preparatorie importanti: la post-produzione, la pre stampa, la ricerca della qualità dell’immagine, la progettazione.

Tra le tue passioni anche la musica…

Si, un altro settore che mi ha sempre stimolato è stato quello della musica: ho sempre cercato di portare l’illustrazione al fine di realizzare copertine musicali. Da ragazzo ero affascinato dalle copertine dei vinili: compravo i dischi solo per quelle, erano già un manifesto. Con lo sviluppo delle tecnologie la parte illustrativa ha avuto un notevole cambiamento, ci si è dovuti anche adattare ai tempi di produzione sempre più veloci. L’illustrazione è passata ad essere digitale, più immediata e già esistente nel suo ambiente di lavorazione finale. Nonostante tutto, però, io non ho mai abbandonato la carta e la matita. Per me rimangono sempre quel momento di creatività analogica e sensibile alla mia personalità di tratto. Il segno della matita contiene il gesto, è quel prodotto fisico della grafite che contiene mille sfumature e che rende quel tratto unico e irripetibile. Non esiste un progetto che non parta da un mio sketchbook. Questo mi da l’opportunità di appuntare sempre schizzi e concetti, ciò che mi viene in mente ovunque io sia, e se vuoi, di documentarlo nel tempo. Ogni tanto li riguardo, e a volte possono suggerirmi spunti per nuovi progetti.”

Che tecniche utilizzi e a che filoni artistici ti rifai?

“Le tecniche possono essere varie. Lavorando per progetti dalle caratteristiche differenti ho voluto rendermi adattabile alle richieste di stile. I miei compagni di viaggio costanti sono Photoshop, Illustrator, Clip Studio Paint, Procreate, ma se serve non esito a sporcarmi le mani. La realtà supera di gran lunga la tecnologia, soprattutto per la sua espressività. L’ispirazione invece deriva da ricerche di vario genere: dai libri, dagli illustratori e fumettari ai tanti stimoli di Instagram. Ci sono stati artisti che però mi hanno segnato nella mia gioventù: i primi sono stati Michelangelo e Leonardo e l’arte del rinascimento. Al liceo ero estasiato durante le lezioni di storia dell’arte. Poi sono cresciuto con i fumetti: Moebius, Pazienza, Prat, Liberatore, Gimenez, Oscar Chichoni, Bilal, Eleuteri Serpieri, Milo Manara (da lui è nata la mia passione per le pin-up) per poi passare allo straordinario Massimiliano Frezzato, Adam Hughes, Arthur De Pins, e tanti altri. Oggi ammiro tantissimo Riccardo Guasco: il lavoro illustrativo che ha realizzato per il Comunale di Bologna è stupefacente. Mi fa impazzire la sua sintesi e l’applicabilità grafica del suo stile. Magnifico”.

Quali sono i tuoi soggetti preferiti e gli artisti dai quali hai tratto maggiore ispirazione?

“Ho sempre avuto un debole per le pin-up. Forse è nato tutto per merito di un lontano amore di quattordicenne che poi si è trasformato in una passione ed amore per la donna, in ogni sua sfaccettatura. Un bel giorno, poi scoprii l’arte di Milo Manara e del suo tratto. E mi innamorai ancora. Non solo per la sua visione della donna, ma proprio per il suo tratto plastico. Vidi i suoi originali per la prima volta a Milano in una esposizione a lui dedicata: erano originali grandi, e rivelavano ogni sua intenzione di esecuzione. Usava il tratto Pen e gli errori li copriva con la scolorina. La cosa che mi colpiva era la sintesi contraddittoria degli arzigogoli che seppur articolati si rivelavano super efficaci. Un altro artista che mi piace tantissimo è Massimiliano Frezzato, purtroppo scomparso recentemente. Il suo tratto è meraviglioso, un semplice pennarello e ancora quell’esecuzione legata alle leggi della carta. Da non dimenticare però anche Klimt, Boldini, Toulouse Lautrec.”

Parlaci delle tue collaborazioni e di qualche spoiler futuro. Ce n’è qualcuna in particolare che ti piacerebbe avere?

“L’anno scorso, supportati da NAMO, in collaborazione con la Fondazione Policlinico Sant’Orsola di Bologna e i ragazzi di Undervilla, abbiamo realizzato un bellissimo cortometraggio illustrato sulla sensibilizzazione alla prevenzione al tumore al seno. L’idea è nata grazie a Sarah Murru, la quale toccata da vicino dalla problematica ha voluto rendersi utile portando con il progetto il suo importante contributo (www.perqueltoccoinpiù.it). Attualmente ho vari progetti in ballo, sempre di carattere illustrativo. Mi sto dedicando di nuovo al Wall Decoring, sempre vari lavori per privati ed agenzie, e da qualche anno collaboro con un grande Amico scrittore di Roma, S.C. Alder, con il quale stiamo sviluppando le illustrazioni delle sue storie dedicate ai ragazzi ed ai bambini. Un settore nuovo per me, ma decisamente interessante e stimolante. Ho alcuni progetti in mente che vorrei realizzare: uno dedicato romanticamente al disegno e alla donna, e l’altro a Bologna: vorrei vivere la mia città attraverso un viaggio illustrato, ma con quell’occhio da disegnatore di strada. Sedermi, alzare la testa e catturare scorci ed espressioni con molta immediatezza e semplicità”.

Quali sono i temi che ti piace toccare con i tuoi lavori?

“I temi variano a seconda delle aziende ed ai loro argomenti, è anche qui il bello del nostro lavoro: da un ritratto, ad un disegno tecnico per un libro di fisica o di scienze, dal settore medicale a quello decorativo più contemporaneo, ad un manifesto, una copertina fantasy, un personaggio mascotte da creare o una t-shirt. Non ho paura a spaziare tra gli argomenti, anzi, ogni volta è uno stimolo che si presenta sul tuo percorso”.

Ma l’illustratore chi è e qual è oggi il ruolo dell’illustrazione?

“Io credo che l’illustratore non morirà mai. L’Essere illustratore possederà sempre l’unicità della sua identità narrativa ed esecutiva. La tecnologia sarà sempre uno strumento al suo servizio ma il suo tratto l’avrà solo lui. L’illustrazione è e rimarrà una strada meravigliosa verso l’immaginario, sempre più ricca di risorse e di possibilità espressive.”

Sogno nel cassetto?

“Le illustrazioni perfette, quelle spensierate, i miei progetti, tutti quegli sketch da sviluppare che sono nella stanza qui a fianco, che aspettano. Perché, sai, l’illustrazione e il disegno sono un po’ come aprire la tua porta, quella del tuo universo, quell’universo che non c’è e che aspetta te per essere creato. Entrarci dentro e in quel momento perderti lasciando dietro di te la realtà.

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