Fucsia è un colore che prende il nome dall’omonima pianta (Fuchsia) che cresce nell’area montana dell’America centro meridionale. È una tinta tipicamente femminile, ma non è sempre stato così. Nel secolo scorso veniva usata per vestire i maschietti. Molto vicina al rosso ne rappresentava la forza, ma mitigata dal bianco. Il blu invece lo ritroviamo spesso nell’arte sul velo della Madonna. Intorno agli anni ’50 le cose iniziano a cambiare e viene assegnato arbitrariamente il rosa alle donne e l’azzurro agli uomini. La bambola Barbie consolida questa tendenza. Nella cultura americana degli anni ’60 l’accostamento di questo colore al mondo femminile vuole sottolineare l’aspetto remissivo e accondiscendente della donna. Ma le femministe non ci stanno.
Questa controversa storia ci dimostra quanto le convenzioni possano essere arbitrarie e falsate.
Il fucsia è un colore pop, vivace e ricco di ottimismo. Incentrato sulla donna ma che parla anche all’uomo e lo vuole coinvolgere, Fucsia è anche un festival al suo secondo anno di vita.
Inaugura sabato 19 settembre alle 18 e continua fino al 24 settembre al Giardino Lavinia Fontana in via del Piombo 5 con un programma che quest’anno ha il suo focus sul cinema, due mostre fotografiche e diversi talk in diretta anche su Facebook, consuetudine acquisita da tutti nel periodo post quarantena, questo festival rimette la donna al centro.
“È un diritto valorizzare realtà che sono spesso escluse o non ancora adeguatamente valorizzate come dovrebbero nelle arti e in particolare nel cinema”, mi racconta Giulia Grassilli, direttrice del festival Human Rights Night, e ideatrice di Fucsia in collaborazione con l’associazione Orlando.
Le chiedo com’è nato questo progetto.
“Con HRN abbiamo sempre organizzato il Mercatino Verde del Mondo, ma l’anno scorso ci siamo trovate senza lo spazio. Dopo una chiacchierata e avendo trovato intenti comuni le ragazze di Orlando ci hanno proposto il Giardino Lavinia Fontana.
Giulia Sudano, presidente dell’associazione, continua: “A noi è piaciuta molto l’idea di poter valorizzare il giardino, che molti a Bologna neanche conoscono, con eventi culturali che abbiano una connotazione di genere, poter riempire uno spazio di cultura con un punto di vista principalmente femminile ma non esclusivamente. Oggi il femminismo va di moda, ma fino a qualche tempo fa era quasi un insulto, una parola che dava fastidio. Per fortuna, ultimamente, grazie alle lotte di tanti movimenti di donne in giro per il mondo, è stato sdoganato ed è tornato alla ribalta con una connotazione anche pop”.
Continua a permanere uno squilibrio nella narrazione durante gli eventi culturali. Si presuppone che il punto di vista sia quello neutro ma è raccontato prevalentemente dall’uomo e quindi neutro non è. In un mondo in cui le donne rappresentano il 51% della popolazione cioè la maggioranza, ci sarebbe bisogno di un’inversione di tendenza.
“Il fatto che o il contenuto o chi lo narra faccia emergere un punto di vista diverso è ciò che vogliamo arrivi non solo alle donne ma anche e soprattutto agli uomini”, aggiunge Giulia Sudano. “E questo vale doppiamente per film che riguardano il mondo arabo come quello che presentiamo sulla Palestina, Naila and the Uprising”.
“Il miglioramento della situazione passa attraverso la consapevolezza dell’uomo non solo della donna.Non ci sarà mai un vero cambiamento se non sarà creato insieme”, sottolinea la Grassilli. “Attraverso l’arte, il cinema, la creatività e la musica, cerca di raggiungere anche quelle persone che non sono interessate ai diritti umani”.
Cita la frase inglese Reframing the frame, ridefinire lo sguardo, arricchirlo di una sensibilità diversa. Porta l’esempio della regista Kathryn Bigelow che è stata la prima donna a vincere l’Oscar ma non sono mancate le polemiche o la lady di ferro Margaret Thatcher, arrivata al potere proprio perché considerata un donna forte in grado di ricoprire il posto di un uomo. Le visioni di quello che può essere la forza femminile sono spesso falsate.
“Vogliamo proporre la narrazione di uno sguardo forte proprio perché femminile e non perché assomiglia o si uniforma a quello maschile. E non è un caso che nella gestione della crisi durante il Covid, le leader femminili come la Merkel ecc abbiano portato a casa i migliori risultati”, commenta Giulia Grassilli.
Fucsia oggi inaugura con due mostre di due fotografe, entrambe si chiamano Laura.
Nigerian Women. Life in Ngugo, Imo State di Laura Bessega e Il viaggio della rinascita di Laura Frasca.
L’ultimo, Il viaggio della rinascita è un progetto intimo, raccolto. Protagonista è una donna e il suo primo viaggio dopo la quarantena. Dopo mesi chiusa dentro casa, sola, oggetto sensibile della comunicazione durante il Covid perché parte di quel gruppo di persone più a rischio, il viaggio verso la campagna di Cisternino vicino a Brindisi rappresenta per lei una liberazione e la rinascita. I colori sono chiari, vicini alle cromaticità di Ghirri, ma con una dominante calda che rimanda al sorgere di nuove prospettive.
L’altro progetto, Nigerian Women. Life in Ngugo, Imo State, si allarga all’esterno e cerca orizzonti lontani per raccontare tante donne e il loro mondo complesso in un paese ricco di contraddizioni, la Nigeria, e in particolare in una zona a maggioranza cristiana. I colori forti e contrastati interpretano i variopinti paesaggi urbani, la vita all’interno della foresta pluviale e la personalità e fisicità delle donne nigeriane.
A seguire, alle 20 la connessione live della presentazione di Some Prefer Cake Festival, festival internazionale di cinema lesbico, e alle 21 New Generation Identity, African Diaspora in Bologna. Un progetto, Progress 2020, che si rifà al precedente Progress 1968, partito da Londra, che si concentrava sulla diaspora africana della city, raccontandola principalmente attraverso materiali d’archivio, e ora si allarga a Brema, Maputo e Bologna. Una piccola proiezione e un talk con Jeffrey Lennon, autore del progetto, architetto e designer di base a Londra, e Dece Seck, bolognese di padre senegalese, che racconterà la sua esperienza e il processo di confronto con un’identità che oscilla tra una Bologna conosciuta e un Senegal da scoprire. La serata si chiude con la proiezione del film The Invisibles di Diana Ferrero e Carola Mamberto.
La rassegna proseguirà con incontri e film fino a giovedì 24 settembre. Qui il programma completo.
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