Bologna accende le luci su uno degli snodi più dolorosi della storia culturale italiana.
Cinquant’anni dopo la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, quando Pier Paolo Pasolini venne ucciso all’Idroscalo di Ostia, la Cineteca di Bologna dedica una potente ricostruzione agli ultimi mesi di vita del poeta, scrittore e regista.
Un percorso che prende forma nella mostra “Pasolini. Anatomia di un omicidio”, allestita alla Galleria Modernissimo dal 30 ottobre all’8 febbraio, a cura di Gian Luca Farinelli, Marco Antonio Bazzocchi e Andrea Speranzoni, con la scenografia e un’installazione di Giancarlo Basili.
Parallelamente, il Cinema Modernissimo ospita per tutto il mese di novembre la Maratona Pasolini: una rassegna di interventi, film, interviste e materiali rari che raccontano l’intensità di una figura intellettuale che non ha mai smesso di interrogarci.

La mostra: Pasolini. Anatomia di un omicidio
La mostra alla Galleria Modernissimo ricostruisce con precisione chirurgica i mesi che precedettero il delitto. Una storia tormentata che, ancora oggi, non ha ricevuto risposta definitiva. All’indomani della morte, i notiziari aderirono subito alla versione di Pino Pelosi e a una narrazione che sembrava quasi voler attribuire a Pasolini la responsabilità morale del proprio assassinio. Si scomodò perfino il titolo del suo romanzo, “Una vita violenta”, per seppellire la memoria scomoda di un artista che aveva osato leggere il degrado italiano come nessuno.
La mostra lo racconta attraverso documenti, scritti, articoli, appunti e scatti entrati nella storia, tra cui il celebre servizio fotografico realizzato da Dino Pedriali tra Sabaudia e la Torre di Chia nell’ottobre ’75
Quel novembre segnò una frattura profonda che la Storia non ha mai saputo ricomporre.
“Una testimonianza, non solo del contributo culturale e intellettuale dato da un grande artista come Pier Paolo Pasolini, ma anche un’occasione per fare un lavoro di memoria. Una memoria che è accessibile e viva”, spiega l’Assessore alla Cultura del Comune di Bologna Daniele Del Pozzo.
Gian Luca Farinelli, oggi direttore della Cineteca, conserva nitido il momento in cui apprese la notizia della morte di Pasolini. Era un adolescente, ma come lui moltissimi italiani ricordano dove fossero quel giorno. “Quell’uccisione, che generò un immediato sentimento di perdita anche per coloro che lo avevano osteggiato in vita, si trasformò in un doloroso e profondo lutto collettivo”, spiega Farinelli.
Una ferita, sottolinea Farinelli, “che non è stata rimarginata da una verità processuale. Pasolini fu inquisito in vita da 33 processi. L’unico che avrebbe davvero meritato chiarezza, quello sulla sua morte, si concluse tra omissioni e depistaggi”.
La sua voce dava scandalo al potere. Denunciò le ipocrisie e la violenza di un Paese in trasformazione. Aveva scritto l’articolo “Io so” sul Corriere della Sera appena un anno prima del delitto, puntando il dito, senza fare nomi, contro l’intera classe politica e contro i meccanismi oscuri del potere. La mostra ripercorre tutto questo. Lo fa seguendo le sue parole, le sue lotte, il suo cinema, i suoi bersagli.
“La mostra mette in fila i fatti, pedina Pasolini negli ultimi mesi di vita, segue la sua fervente attività politica e artistica e dà conto di alcune certezze: la sua irriverente voce critica dava molto fastidio al potere e interpretava una richiesta di verità che un’ampia parte della società italiana chiedeva a gran voce – continua Farinelli-. La polizia non svolse indagini adeguate e non adempì ai propri doveri; attorno all’omicidio ci fu un addensarsi inquietante di figure iscritte alla loggia massonica P2; i figli delle borgate che Pasolini aveva ritratto, quindici anni prima, nella loro arcaica grazia, nel 1975 erano diventati i protagonisti di una nuova criminalità violenta”.
Non dirà chi lo uccise, perché nessuno ha mai potuto dirlo. Dirà però come andarono le cose e ciò che è stato taciuto.
“La mostra, ma anche gli incontri e la ricchissima rassegna di film si ispirano al maggior insegnamento del poeta bolognese – conclude Farinelli- ovvero contribuire a quella presa di coscienza collettiva e civile per cui lottò quotidianamente e coraggiosamente per tutta la sua vita. Rivelandoci quanto la sua analisi sociale, antropologica, politica fosse precisa e drammaticamente profetica”.

La Maratona al Cinema Modernissimo
Il viaggio prosegue sul grande schermo. Dal 1° novembre alla fine del mese il Modernissimo propone interventi televisivi, interviste della TV francese inedite in Italia e documentari che restituiscono la dimensione pubblica del poeta-regista. Pasolini trasformò la TV in un vero laboratorio politico-culturale, sfruttando il mezzo come nessuno è più riuscito a fare.
Il primo appuntamento è sabato 1° novembre, alle 17.45, l’apertura con Farinelli e Bazzocchi e letture di testi pasoliniani a cura di Jacopo Trebbi, seguite dalle interpretazioni musicali di Cristina Zavalloni e Daniele Furlati, alle 20, Marco Tullio Giordana presenta la versione restaurata del suo film Pasolini, un delitto italiano mentre alle 00.15, proiezione di Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo film di Pasolini accompagnato dall’incontro con Marco Antonio Bazzocchi, Paolo Desogus e Gian Luca Farinelli. Si continua domenica 2 novembre, alle 21, Pasolini. Cronologia di un delitto politico presentato dal regista Paolo Fiore Angelini e Andrea Speranzoni.
Il programma completo è disponibile sul sito della Cineteca di Bologna.
L’installazione al MAMbo
Dal 28 ottobre al 2 novembre 2025, il MAMbo ospita l’installazione “The Setting of Violence” dell’artista olandese Rein Jelle Terpstra, un omaggio che invade gli spazi industriali della Sala delle Ciminiere. Un gesto artistico che prova a dialogare con quel buio senza fondo che circonda la vicenda pasoliniana.
Pier Paolo Pasolini non smette di farsi ascoltare. Cinquant’anni dopo, queste iniziative a Bologna provano a restituirgli una verità possibile: la verità della sua voce, che non ha mai smesso di interrogare il mondo.
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